mercoledì 28 dicembre 2011

Un matematico in fattoria

Avevo già sentito parlare del topologo polacco Karol Borsuk (1905-1982) in un paio di occasioni, come autore del problema a lui intitolato ("un sottoinsieme limitato S dell'n-spazio euclideo può sempre essere partizionato in n+1 sottoinsiemi di diametro inferiore a S?") e della congettura di Stan Ulam da lui dimostrata nel 1933 ("per ogni funzione continua tra la n-sfera e l'n-spazio euclideo esiste almeno una coppia di punti antipodali avente la stessa immagine"). Ma ignoravo che Borsuk si fosse distinto anche come inventore di giochi di società. In effetti, per sbarcare il lunario nel triste periodo dell'occupazione tedesca, ideò e commercializzò l'ingegnoso Hodowla zwierzątek, una divertente simulazione della gestione di una fattoria. Caduto nel dimenticatoio per decenni e ricomparso con il titolo Super Farmer (o anche Have you Herd?, in una variante semplificata per il mercato statunitense), il gioco richiede limitate competenze aritmetiche e gestionali e, soprattutto, una buona dose di fortuna (sono reduce da due sonore sconfitte ad opera di mia figlia, 5 anni...). Tra l'altro, esso si segnala anche per l'uso pionieristico di dadi a 12 facce, diventati poi standard nell'ambito dei Role-playing games
Insomma un bel passatempo, pensato per i più piccoli ma divertente anche per i più grandicelli, dalle regole semplici e dallo sviluppo veloce (diciamo mezz'oretta per partita).

lunedì 26 dicembre 2011

Numeri sottozero

di Gianni Rodari (1920-1980),
da Filastrocche per tutto l'anno. 

I numeri sottozero
sono molto importanti,
ma bisogna toccarli
solamente con i guanti.

Freddi, gelati, carichi
di neve e di ghiaccio,
sono numeri frigorifero...
Però a me non dispiacciono.

Se non ci fossero loro
non si andrebbe più a sciare
la slitta sarebbe inutile,
vietato pattinare.

Lo so, è triste la neve
per chi non ha un cappotto
quando il mercurio scende,
tocca lo zero e va sotto.

Quei numeri sarebbero
dunque cattivi e brutti?
Ma no, ma via: piuttosto,
diamo un cappotto a tutti.

mercoledì 2 novembre 2011

Matematici a Brera - 2


Cavalieri non è l'unico matematico commemorato nel cortile del Palazzo di Brera. Sul lato opposto, un po' nascosta dal Monumento al filosofo Pietro Verri, fa capolino il piccolo busto di Maria Gaetana Agnesi (1718-1799). Contemporanea di Eulero, di cui diffuse le scoperte nelle sue Instituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana (consultabili e scaricabili a partire da qui), la Agnesi rappresenta probabilmente la prima importante matematica dopo Ipazia di Alessandria, nonché la prima donna titolare di una cattedra universitaria.
Il nome della Agnesi è spesso associato alla versiera, una curva nel piano il cui caso più semplice è dato dal grafico della funzione
$$x \longmapsto y =\frac{1}{x^2+1}$$ (la derivata dell'arcotangente), che nei paesi anglosassoni assume il bizzarro nome di witch ("strega") of Agnesi. Tale bizzarria è dovuta ad un grossolano errore di traduzione: l'italiano versiera (nome attribuito alla curva sia per la sua somiglianza con la fune usata nelle virate, sia per l'uso del sinus versus nella sua parametrizzazione) fu confuso con avversiera ("avversaria" di Dio, cioè demonessa), associando così all'innocua curva il sinistro nome tuttora in uso.

martedì 1 novembre 2011

Matematici a Brera - 1

La scorsa settimana ho visitato l'incredibile Pinacoteca di Brera (merita un viaggio a Milano!). Prima di entrare nel museo vero e proprio, nel grande cortile, a sinistra dell'imponente Napoleone del Canova, è possibile ammirare il Monumento al Matematico Bonaventura Cavalieri, di Giovanni Antonio Labus, certamente non una delle opere più importanti della collezione ma senz'altro un degno riconoscimento al lavoro di uno dei più importanti matematici del '600. 
Bonaventura Cavalieri (1598-1647) fu, fra le altre cose, un precursore del calcolo infinitesimale: il suo celebre principio (il metodo degli indivisibili) rappresenta infatti una tappa intermedia tra il metodo di esaustione utilizzato dai greci e il moderno calcolo integrale. Ma si occupò anche di ottica e di astronomia (e pure di astrologia), e a lui si deve l'introduzione nell'area italiana delle tavole logaritmiche.

venerdì 28 ottobre 2011

Beutelspacher... live

Albrecht Beutelspacher, l'autore del libro di cui ho parlato giusto ieri, è molto noto in Germania anche per le sue apparizioni televisive (dove, al contrario di qualcun altro, si limita a parlare della sua disciplina). In particolare, ha presentato sul canale educativo bavarese BR-alpha la trasmissione Mathematik zum Anfassen, composta da 28 brevi episodi di carattere divulgativo. Eccone un esempio, dedicato alla bellezza in ambito matematico:



giovedì 27 ottobre 2011

F.A.Q. (ancora stuzzichini)

Dopo Le meraviglie della matematica e Matematica da tasca il "divulgatore entusiasta e instancabile" Albrecht Beutelspacher ripropone la formula degli "stuzzichini" con Matematica: tutto quello che avreste voluto sapere, anch'esso pubblicato in edizione italiana da Ponte alle Grazie. Stavolta la forma è quella delle Frequently Asked Questions: i 101 brevissimi capitoli del libro sono proposti come domanda/risposta. Le domande spaziano da Cos'è la matematica? a Perché la matematica è così astratta?, da Che cos'è un googol? a Quanto varrebbe oggi un euro depositato in banca ai tempi di Cristo?, da La matematica è una scienza bellica? a Perché i matematici non sanno fare i calcoli?, da Perché meno per meno fa più? a È possibile dimostrare l'esistenza di Dio?. Le risposte, magari a volte un po' sbrigative e ridondanti ma mai banali, sono redatte nel consueto ed efficace stile beutelspacheriano, tra il finto-ingenuo e l'ironico, sempre in bilico tra il rigoroso e l'informale. Mi permetto di citare per esteso soltanto due perle: la prima, che conclude la risposta a I matematici necessitano di intuito e fantasia? è la frase con cui David Hilbert liquidò un ex assistente divenuto poeta: "tanto, per la matematica non aveva abbastanza fantasia". La seconda è un "buon" problema, proposto al Bundeswettbewerb Mathematik nel 2008: "Con dei fiammiferi di uguale lunghezza, Fritz ha formato i lati di un parallelogramma, nelle cui diagonali trovano posto esattamente 7 e 9 fiammiferi. Di quanti fiammiferi si compone il perimetro del parallelogramma?"

martedì 18 ottobre 2011

Tertium non datur

Nella logica tradizionale, una proposizione o è vera, o è falsa. Questa affermazione, degna di Jacques de la Palice, ha in realtà un gran numero di conseguenze tutt'altro che banali in ambito matematico, specialmente per quanto riguarda le cosiddette dimostrazioni di esistenza. Giusto ieri, sfogliando distrattamente l'imponente Princeton Companion to Mathematics (ne parlerò ancora), mi sono imbattuto in un notevole esempio di questo fatto nell'ambito della teoria dei numeri: il problema della "produzione" di numeri razionali a partire da numeri irrazionali. Mi spiego meglio: è facile trovare  due numeri irrazionali $a$ e $b$ la cui somma sia razionale (si pensi, banalmente, all'esempio $a=\sqrt{2}$, $b=-\sqrt{2}$) oppure tali che il loro prodotto sia razionale (ad esempio $a=b=\sqrt{2}$). Ma è tutt'altro che semplice esibirne due tali che la potenza $a^b$ lo sia: in effetti, studiare l'irrazionalità di una potenza è cosa tutt'altro che semplice. Ma non è difficile dimostrare l'esistenza dei numeri $a$ e $b$. Consideriamo a tal proposito il numero $\sqrt{2}^\sqrt{2}$: se esso fosse razionale, allora il problema sarebbe risolto ponendo
$$
(a,b) = \left( \sqrt{2},\sqrt{2} \right)
$$
(l'irrazionalità della radice di due era già nota ai pitagorici, e viene comunemente dimostrata già al liceo). Se, per contro, $\sqrt{2}^\sqrt{2}$ fosse irrazionale, dal momento che
$$
\left(\sqrt{2}^\sqrt{2} \right)^\sqrt{2}=\sqrt{2}^{\sqrt2 \cdot \sqrt 2}=\sqrt2^2=2
$$
basterebbe porre $$ (a,b) = \left( \sqrt{2}^\sqrt{2},\sqrt2 \right) \quad.
$$
Geniale, no?

In realtà, è la seconda versione ad essere corretta: $\sqrt{2}^\sqrt{2}$ è irrazionale (addirittura trascendente) in virtù del teorema di Gelfond-Schneider, la cui dimostrazione diede, nel 1934, una risposta affermativa al settimo problema di Hilbert.

lunedì 17 ottobre 2011

Formulaire -> Formulario

Un po' di pubblicità. È in libreria, ormai da qualche settimana, Formulari e tavole, traduzione italiana (a cura della Commissione di matematica della svizzera italiana) del Formulaires et tables delle Commissioni romande di matematica, fisica e chimica. Tagliata su misura per il programma dei licei elvetici, l'opera mette a disposizione degli studenti italofoni uno strumento già usato e apprezzato da decenni dalle nostre parti. L'indice è consultabile qui.

sabato 15 ottobre 2011

La spirale sbagliata

La scorsa settimana mi sono recato a Basilea, città ricchissima di arte, cultura e tradizioni. Tra un museo e l'altro (Beyeler e Tinguely, consigliatissimi), ho visitato l'imponente Vecchia Cattedrale (il Münster, oggi chiesa protestante), all'esterno della quale, non lontano da una terrazza con una spettacolare vista sull'ansa del Reno, si trova la lapide dedicata a Jakob Bernoulli. Jakob (1654-1704), fratello di Johann e zio di Daniel, fu il primo matematico di una famiglia che in pochi decenni ne avrebbe annoverati ben otto, monopolizzando per un secolo la prestigiosa cattedra basilese. È noto per essere l'autore dell'Ars Conjectandi (pubblicato postumo), di importanza fondamentale in ambito probabilistico, per i suoi studi sul numero e (sua è la "definizione", spesso sfruttata in ambito didattico, basata sull'interesse composto a capitalizzazione istantanea) e per la sua passione per la spirale logaritmica, che volle far scolpire sulla sua pietra tombale. Il motto che la accompagna, eadem mutata resurgo ("risorgo uguale eppure diversa") fa riferimento forse all'ubiquità di tale curva in natura, o forse piuttosto alle proprietà di auto-similarità della spira mirabilis. Proprietà che, purtroppo, non si evincono dalla spirale scolpita sulla lapide: difatti, l'ignoto autore del monumento, invece di una spirale logaritmica (dove i raggi crescono in progressione geometrica) scolpì una banale spirale archimedea (dove la progressione dei raggi è aritmetica).

lunedì 19 settembre 2011

All'incontrario

Il percorso tradizionale dell'analisi liceale (numeri reali > limiti > derivate > integrali) procede a ritroso nel tempo: la definizione rigorosa di "numero" ha poco più di cent'anni, il concetto di limite ha avuto la sua sistemazione definitiva nella prima metà del XIX secolo, il calcolo differenziale nasce con Newton e Leibnitz (a cavallo tra il XVII e il XVIII sec.) e il calcolo integrale, per quanto riguarda aree e volumi, deve molto ad Archimede e al "metodo di esaustione" (III sec. a.C., ma anche prima).
Comunque, tale modo di procedere (che può essere fatto risalire almeno a Hardy e al suo classico A Course of Pure Mathematics) si giustifica pienamente: sono proprio le sistemazioni successive ad aver trasformato il calcolo infinitesimale nello strumento elegante e irrinunciabile che conosciamo ed apprezziamo.
Nel loro Analysis by Its History, Ernst Hairer e Gerhard Wanner, in controtendenza con la prassi didattica abituale, ci propongono invece di studiare l'analisi nella corretta sequenza temporale. Nella prima parte dell'opera, ci presentano quindi i risultati principali del calculus senza insistere sul concetto di limite, ragionando sugli infinitesimi con la stessa (geniale) spregiudicatezza con cui li trattavano Leibnitz e Eulero (da questo punto di vista, il presente post può quindi essere visto come un'ideale continuazione di questo). Più avanti, il testo si fa più tradizionale: ripartendo dal concetto di limite, la costruzione si avvicina decisamente a quanto normalmente proposto in un corso universitario. Ma anche qui non mancano le "chicche", come l'impressionante diagramma di flusso che descrive il percorso logico che dalla definizione di numero reale conduce al Teorema Fondamentale, o l'intrigante definizione di derivabilità data da Constantin Carathéodory, che non fa eplicitamente riferimento ad un passaggio al limite (ma nasconde tale operazione nella continuità di una funzione ausiliaria).

domenica 18 settembre 2011

Lara Croft e i quaternioni

"Well, Papa, can you multiply triplets?" Sembra che fosse questa la domanda con la quale i figli di Sir William Rowan Hamilton accoglievano il padre a colazione nei primi giorni dell'ottobre 1943. E  pare che la laconica risposta fosse, inevitabilmente, "No, I can only add and subtract them". Qualche giorno più tardi, però, durante una leggendaria passeggiata lungo il Royal Canal, Hamilton si sarebbe reso conto che il problema andava riformulato per le quaterne di numeri reali. Il 16.10.1843 rappresenta quindi la data di nascita dei quaternioni, sistema numerico che amplia il campo dei numeri complessi, sacrificando l'assioma della commutatività per la moltiplicazione ma preservandone l'associatività. I quaternioni si imposero ben presto come un preziosissimo strumento in mano ai matematici: grazie ad essi, è ad esempio possibile fornire una dimostrazione sorprendentemente concisa del teorema dei quattro quadrati ("ogni numero naturale è esprimibile come somma di quattro quadrati di numeri interi"). 
Ma Hamilton non avrebbe mai immaginato che la sua geniale intuizione avrebbe avuto le sue applicazioni più spettacolari nell'industria dell'entertainment. In effetti, immergendo lo spazio tridimensionale all'interno dell'algebra dei quaternioni è possibile sfruttare le proprietà di questi ultimi per descrivere in un modo elegante e soprattutto efficiente le rotazioni attorno ad un asse, e quindi anche per cambiare in modo fluido il punto di vista in un videogame. Pionieri in questo senso sono probabilmente stati gli autori del primo Tomb Raider, che dal 1996 si avvalgono dell'algebra sviluppata da Hamilton per rappresentare le evoluzioni della procace Lara Croft

sabato 20 agosto 2011

BarLumi di matematica

La briscola in cinque (Sellerio) è il titolo del primo romanzo di una (per ora?) trilogia di gialli del giovane autore toscano Marco Malvaldi. Il protagonista della vicenda, ambientata in un'immaginaria località della costa toscana, è il barista (o, meglio, "barrista") Massimo, investigatore suo malgrado, anche se spesso a rubargli la scena è il pittoresco quartetto di vecchietti che staziona in pianta stabile nel suo locale. Massimo, che ha potuto acquistare il bar grazie ad un'ingente vincita al totocalcio, è un ex ricercatore di matematica, e l'autore (a sua volta ricercatore, ma in biochimica) fa risaltare qua e là anche questo aspetto, lanciandosi addirittura, nelle ultime pagine, in una sommaria spiegazione del primo teorema d'incompletezza di Gödel, a dire il vero non del tutto convincente  dal punto di vista formale (ma senz'altro adatta al contesto, dove un'erudita digressione avrebbe poco senso...). Credo però che all'autore si possa perdonare qualche piccola imprecisione, dal momento che il romanzo risulta decisamente godibile, in particolare grazie alla simpatica caratterizzazione dei personaggi.

martedì 16 agosto 2011

Matematica mysteriosa

Per qualche motivo, non sono mai stato un lettore assiduo di Martin Mystère, il popolare e longevo fumetto creato una trentina di anni fa da Alfredo Castelli. Ma, visto il titolo, non ho potuto fare a meno di andare alla ricerca del #230, La formula di Ramanujan, uscito nel 2001. Gli autori (Marco Abate ai testi, Paolo Ongaro ai disegni) mostrano di essersi documentati: l'albo in questione contiene una breve biografia del "matematico indiano", e alcune vignette sono ricalcate sulle fotografie classiche di Ramanujan e Hardy. La trama (gradevole, anche se alla fine deraglia un po') si incentra su un misterioso manoscritto perduto che conterrebbe la chiave per comprendere la realtà a livello quantistico, permettendo di manipolarla a piacimento (no comment...). Tra l'altro, Ramanujan non si è mai occupato di meccanica quantistica, anche se alcune tecniche di sua invenzione (come la sconcertante somma) trovano applicazione anche in questo campo. Inoltre, nel racconto si fa uso dell'algoritmo RSA decenni prima della sua scoperta (ma, in fondo, Ramanujan era un genio).

sabato 13 agosto 2011

"Esiste la quarta dimensione?"

" 'sore, esiste la quarta dimensione?" - chissà quante volte me lo sono sentito chiedere nel corso di qualche lezione, a proposito o a sproposito. Spesso abbocco, e riservo qualche minuto (o anche di più) all'argomento, iniziando solitamente dal significato che il verbo esistere assume in questo contesto. Poi, a beneficio degli studenti scettici sul fatto di poter dare un senso a qualcosa che non riusciamo a vedere (o forse traviati dalla banale geometria bi- e tridimensionale che propiniamo al Liceo), cerco di procedere per analogia ("alla Abbott"), descrivendo innanzitutto la percezione del mondo tridimensionale che potrebbe avere un essere confinato a due sole dimensioni. Oppure, pragmaticamente ("alla Von Neumann"), menziono qualche fenomeno su cui l'introduzione di dimensioni aggiuntive ha permesso di far luce.
Il libro La quarta dimensione di Rudy Rucker, recentemente tradotto da Adelphi, rappresenta un'ottima introduzione alla tematica delle dimensioni superiori. Rucker, matematico, filosofo, autore di punta del movimento cyberpunk (sua è la celebrata tetralogia -ware), attinge al suo enciclopedico bagaglio culturale per costruire un discorso che inizia con le già citate analogie, prosegue in modo leggermente più tecnico con alcune ipotesi sulla forma dello spazio e conclude con la sua personalissima nozione di realtà, con un discorso che si fa vieppiù filosofico (tra l'altro, Rucker è pro- pro- pronipote di Hegel). 
Si tratta di un libro affascinante, sempre in bilico tra geometria e filosofia, che consiglierò senza riserve ai prossimi studenti che mi porranno la fatidica domanda.

martedì 2 agosto 2011

Non vincerò la medaglia Fields

Non esiste un premio Nobel per la matematica. Probabilmente, il chimico Alfred Nobel non aveva molto interesse per la materia, e non la considerava fondamentale per il progresso dell'umanità (esistono teorie più curiose in merito, che hanno però il valore di mere leggende metropolitane). Un paio di premi hanno però assunto di fatto il ruolo di "Nobel della Matematica": innanzitutto la medaglia Fields, assegnata ogni quattro anni in occasione del Congresso Internazionale di Matematica (ICM), e, da qualche anno, il premio Abel (che, nome a parte, più si avvicina in spirito al Nobel). 
A contraddistinguere la medaglia Fields vi è il fatto che essa può essere assegnata, per regolamento, soltanto a ricercatori di età inferiore ai quarant'anni. Per tale motivo, a partire da oggi il mio sogno di vincerla (si fa per dire...) sfuma; anche se dovessi ricominciare a dedicarmi attivamente alla matematica, dimostrando magari la congettura di Riemann, i miei sforzi non potrebbero essere premiati con il prestigioso riconoscimento.
Vabbé, sarei in buona compagnia: tale sorte è toccata, fra gli altri, anche a Andrew Wiles...

lunedì 1 agosto 2011

La bat-equazione

Seguendo un suggerimento di Cory Doctorow sul blog BoingBoing, ho provato a far disegnare a Maple la curva di equazione implicita

Ecco il risultato:

giovedì 21 luglio 2011

Serpenti, scale e catene di Markov


L'altra sera, giocando in famiglia ad una versione del popolare Snakes and Ladders (o Chutes and Ladders, gioco di origine indiana) riflettevo sul fatto che esso è un esempio da manuale di catena di Markov. In effetti, considerando il percorso di un singolo giocatore, il movimento di una pedina dipende soltanto dall'ultima posizione assunta e dall'esito del lancio di un dado. Una rapida ricerca in rete mi ha poi condotto all'interessante articolo How long is a game of snakes and ladders?, apparso una ventina di anni fa sulla Mathematical Gazette (consultabile gratuitamente a partire da questo link), dove i tre autori (S.C. Althoen, L. King e K. Schilling) applicano tale modello probabilistico alla versione del gioco raffigurata in questo post, giungendo alla conclusione che il numero di lanci necessari a giungere alla meta è in media approssimativamente pari a 39. Si tratta senz'altro di un esempio didatticamente valido di applicazione della matematica ad un problema stimolante e concreto, che ben si abbina all'utilizzo del computer (indispensabile, dal momento che la matrice di transizione necessaria possiede quasi 100 righe e 100 colonne!).

mercoledì 20 luglio 2011

Lamento decimale

di Gianni Rodari (1920-1980),
da Filastrocche per tutto l'anno (Einaudi Ragazzi, 1980).

A destra della virgola,
cagion dei nostri mali,
noi siamo, ahi tristi, ahi misere,
le cifre decimali.

Numeri? Noi siam polvere!
Se in mille ci mettiamo
una sull'altra, è inutile,
l'unità non tocchiamo.

Della tribù aritmetica,
sí numerosa e varia,
siam certo i più poveri,
trattati come paria.

Centinaia, Decine
ci tengono a distanza:
- Quelli? Rottami, briciole,
cocci, roba che avanza...

Se uno scolar pietoso
la virgola cancella
salva noi, però in cambio
si gioca la pagella...


martedì 19 luglio 2011

Cresswell... live

Come spesso mi succede, leggendo il libro della Cresswell di cui ho brevemente riferito ieri ho cercato di farmi un'immagine mentale dell'aspetto e della voce della "scandalosa" autrice. Beh, non ce n'è bisogno: per chi fosse interessato, ecco un estratto da un'intervista incentrata proprio sul libro "Mathematics and Sex":

lunedì 18 luglio 2011

Vietato ai minori

"Matematica e sesso". Non c'è che dire; un titolo così sugli scaffali di una libreria non può che stuzzicare la curiosità. E quindi anche il sottoscritto è caduto nella trappola tesa da Clio Cresswell, matematica, scrittrice, educatrice e presentatrice televisiva, che nel saggio in questione ci invita a "fare i conti con l'amore", descrivendo le attinenze tra il mondo delle relazioni matematiche e quello delle relazioni amorose. Il campionario di  situazioni descritte dall'autrice è senz'altro interessante: giusto per citare un paio di esempi, potremmo menzionare le equazioni differenziali utilizzate per misurare l'attrazione del Petrarca per Laura o per rappresentare i livelli ormonali e le metriche a più dimensioni che valutano l'affinità tra due iscritti ad un'agenzia matrimoniale. 
Il linguaggio utilizzato è scoppiettante e diretto (anche un po' troppo: espressioni come strategia delle dodici scopate francamente mi sembrano un po' eccessive, ma forse è un problema di traduzione). Ho trovato un po' inconsistente, però, l'apparato matematico del libro: sembra che la Cresswell utilizzi il formalismo matematico soltanto a scopo decorativo; è difficile, anche per un lettore moderatamente competente, vedere la relazione tra il testo e le formule, che per lo più vengono semplicemente riportate senza nemmeno chiarire il significato delle variabili (ma, forse, si tratta di un modo per stuzzicare la curiosità, invitando i lettori interessati ad approfondire altrove).

giovedì 30 giugno 2011

Epsilon e delta... in esilio

Giugno, tempo di esami. Come ogni anno, passo in rassegna il mio piccolo repertorio di domande da porre ai Candidati alla Maturità. E, come quasi ogni volta, inevitabilmente scarto quelle che fanno riferimento alla definizione rigorosa di limite. Già, quella formulata definitivamente dal "padre della moderna analisi" Karl Weierstrass sulla base di intuizioni avute in precedenza da Bernhard Bolzano e Augustin-Louis Cauchy. La "definizione epsilon-delta", insomma, apparentemente ostica e artificiosa ma indubbiamente geniale nella sua sinteticità.
Va comunque detto che essa non è essenziale ai fini della comprensione del concetto di limite. In effetti, buona parte dei risultati più importanti nel campo dell'analisi la precedono: Newton, Leibnitz e perfino Leonhard Euler hanno utilizzato tale nozione in modo puramente intuitivo. E quindi, in ambito didattico, epsilon e delta possono tranquillamente essere introdotti in un secondo tempo. Ed è proprio per questo motivo che Serge Lang (figura di importanza fondamentale nella matematica del XX secolo, di cui dovrò prima o poi parlare), nel suo Classico A first course in Calculus (Springer 1986) li esiliò nell'Appendice alle prime quattro sezioni, a pagina 501, dopo aver sviluppato interamente il calculus a una variabile, invitando tra l'altro il lettore a "non prendere la cosa troppo sul serio, a meno di possedere una spiccata inclinazione per gli aspetti teorici". Se lo dice lui...

lunedì 9 maggio 2011

IL teorema

La maggior parte di noi (matematici e, soprattutto, non) associa quasi automaticamente il sostantivo "teorema" alla figura di Pitagora di Samo. O forse, semplicemente al nome del matematico vissuto nel VI secolo a.C. Perché mi chiedo quanti, oltre a infliggere agli scolari infinite variazioni di "dati a e b, trova c", si prendano il tempo di illustrare almeno un pochino la storia del celebre enunciato e il significato che esso ha avuto per lo sviluppo del pensiero matematico.
Il libro The Pythagorean Theorem, di Eli Maor (l'autore di e: The Story of a Number) rappresenta proprio una scorribanda attraverso gli aspetti storici e applicativi del Teorema, partendo dalle scoperte dei matematici egizi e babilonesi (che, forse, ne conoscevano solo qualche caso particolare), e illustrando poi, tra le altre cose, i contributi della scuola pitagorica, di Euclide (che negli Elementi ne diede due diverse dimostrazioni, I 47 e VI 31), l'uso che ne fece Archimede per il calcolo di pi greco e le sue relazioni con il calculus e le geometrie non euclidee. Particolarmente stuzzicanti sono poi le curiosità che Maor ci propone, dall'enunciato che battezza piccolo Teorema di Pitagora ("la somma dei quadrati dei reciproci dei cateti è pari al quadrato del reciproco dell'altezza rispetto all'ipotenusa") alle 371 dimostrazioni raccolte da E. S. Loomis fino ad alcuni brainteasers decisamente stimolanti.
Un bel libro, insomma, per approfondire un argomento che tutti noi diamo un po' per scontato.


lunedì 2 maggio 2011

Tragedia di un dieci

di Gianni Rodari (1920-1980),
da Filastrocche per tutto l'anno (Einaudi Ragazzi, 1980).

Fuggiva un giorno un Dieci,
pieno di trepidazione,
inseguito da un nemico 
mortale: la Sottrazione!

Il poverino è raggiunto,
crudelmente mutilato:
ben due unità ha perduto,
un Otto è diventato!

Dalla padella cascando
nella brace, ecco qua,
incappa nella Divisione
che lo taglia a metà.

Ora è un misero Quattro,
malvisto dagli scolari.
- Consolati, - gli dicono,
- sei sempre un numero pari...

- C'è poco da consolarsi
la mia sorte è ben dura.
O incontro un'Addizione
o sarà... la bocciatura.

domenica 1 maggio 2011

Cento!

Proprio alle soglie del centesimo post, credo di aver sofferto di una sorta di "blocco del blogger". Non che i miei interventi siano mai stati frequentissimi, ma una pausa di quasi tre mesi non me l'ero mai concessa, nemmeno nei periodi più critici o intensi.
Di cose da scrivere ne avrei avute: non ho certamente smesso di interessarmi di matematica (e credo che mai smetterò), ma al momento di sedermi davanti alla tastiera mi sembrava di avere sempre altro da fare. Chissà, forse ero soltanto intimorito dalla soglia psicologica dei 100 interventi (che non sono poi moltissimi, in quasi quattro anni...).

sabato 5 febbraio 2011

Elementare, Watson...

Il mio 2011 si è aperto all'insegna di Sherlock Holmes, il detective per antonomasia, nato nel 1887 dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle. Ho iniziato con l'adrenalinico lungometraggio di Guy Ritchie, per proseguire con i tre episodi della recentissima versione della BBC (ambientata nella Londra contemporanea), il tutto condito dalla visione di qualche episodio del cartoon realizzato dalla RAI con Miyazaki e dalla lettura di un paio di memorabili racconti (dalla poco maneggevole edizione Newton Compton).
Assieme al fido Dr. Watson, il personaggio più noto tra i comprimari di Holmes è probabilmente il Professor James Moriarty. Considerato la nemesi "ufficiale" di Holmes, il sinistro "Napoleone del crimine" fu probabilmente creato da Conan Doyle con un solo scopo: quello di sbarazzarsi del detective, diventato con il tempo troppo ingombrante. Difatti, nel memorabile The final problem, Holmes e Moriarty precipitano  lottando (almeno in apparenza) nelle cascate di Reichenbach (Doyle fu poi costretto a "resuscitare" il detective, mentre Moriarty venne ripescato soltanto da qualche autore "apocrifo").
Ma perché mi soffermo proprio sulla figura dell'inquietante professore? Beh, perché Doyle lo concepì come un professore di matematica, e gli attribuì perfino un Trattato sul teorema binomiale di rilevanza internazionale. Proprio a James Moriarty è dedicato un gustoso articolo sul numero natalizio del 1989 di New Scientist (leggibile online qui, grazie a Google Books), in cui l'autore, John F. Bowers, inserisce il "matematico dimenticato" nel contesto accademico ottocentesco, indicandolo come un allievo di Boole e Hamilton attivo nel campo della matematica applicata.

mercoledì 12 gennaio 2011

La passeggiata dei numeri

di Gianni Rodari

Quando l'Otto a spasso va
con la dolce sua metà 
sussurra una vocina:
- Otto e quattro, guarda, guarda...
Quella non è una coppia, è una dozzina!

Eh, ce n'è della gente
maldicente.
Ma l'Otto, zitto, bada ai propri affari
e non s'arrabbia: è sempre d'umor pari...

Già, guai se si arrabbiasse,
guai se saltasse 
a destra di sua moglie:
scoppierebbe di botto
un Quarantotto.

Carina, no? Ai miei figli piace moltissimo...

venerdì 7 gennaio 2011

Matematica di fine semestre

Con l'avvicinarsi delle vacanze natalizie, il Liceo dove lavoro sembra trasformarsi in un enorme multisala: ogni aula provvista di beamer (oramai lo sono quasi tutte) diventa un piccolo cinematografo, nel quale vengono organizzate proiezioni non sempre, a dire il vero, in tema con i contenuti dei corsi. Per quanto mi riguarda, anche a costo di sopportare mugugni e malumori, ho sempre opposto una strenua resistenza. Quest'anno ho però iniziato a fare qualche concessione, naturalmente a condizione di poter selezionare personalmente il materiale da proiettare.
Ho quindi scelto di mostrare il primo DVD di una collana di recente uscita, Viaggio nella matematica, pregevole produzione BBC in 4 parti (il titolo originale è The story of Maths) concepita e presentata dal matematico e divulgatore Marcus Du Sautoy (ho già parlato di lui). Eccone la prima parte:



Il resto è visibile a partire da questo link (ma ne consiglio in ogni caso l'acquisto: lo spezzettamento in parti da 10' risulta piuttosto fastidioso, e inoltre non tutte funzionano a dovere).

giovedì 6 gennaio 2011

Matematica daliniana

Ieri ho fatto un salto a Milano, approfittandone per visitare la mostra Salvador Dalì: il sogno si avvicina, dedicata al rapporto tra l'artista catalano e il tema del paesaggio. Almeno tre, tra le opere esposte, rivelano l'interesse del surrealista pazzoide per la matematica:
  • Nel Volto della guerra (1940), l'auto-similarità di una struttura vagamente frattale (termine coniato alcuni decenni dopo l'esecuzione dell'opera) viene utilizzata per amplificare l'angoscia trasmessa dai volti umani deformati:
  • Nella Ricerca della quarta dimensione (1979), oltre all'orologio-camembert fanno bella mostra di sè due dodecaedri (figura utilizzata per conferire tridimensionalità anche ad uno dei più celebri dipinti daliniani, Il sacramento dell'ultima cena):
  • Nel Ratto topologico di Europa (1983) i riferimenti alla matematica sono molteplici: nell'aggettivo del titolo, nelle "formule" poste in basso e nella dedica a René Thom (1923-2002), esperto di topologia insignito della Medaglia Fields nel 1958. Forse le spaccature dipinte sulla tela evocano proprio il campo di studi inaugurato da Thom, la teoria delle catastrofi

Tra l'altro, al termine della mostra è possibile ammirare il cortometraggio Destino, una collaborazione tra Dalì e gli studi Disney iniziata nel 1945 ma presto interrotta per mancanza di fondi, completata soltanto nel 1983 (visionabile, finché non la faranno sparire, anche da qualche parte su YouTube).

    martedì 4 gennaio 2011

    Icosaedro

    Qual è stata la parola più pronunciata a casa mia durante le Feste? Regali? Panettone? Auguri? No - icosaedro. Già, proprio così: il poliedro regolare con f=20 facce, v=12 vertici e e=30 spigoli (nel pieno rispetto della formula v-e+f=2). In effetti, Gesù Bambino (perché da noi passa lui, non il pancione della Cocacola) ha avuto l'ottima idea di lasciare sotto l'albero una generosa confezione di Geomag (versione kids), con il quale il simpatico poliedro si lascia realizzare in un battibaleno (come mostrano orgogliosi i miei bimbi). 
    Si tratta, a tutti gli effetti, di un prodotto geniale, che permette da un lato di scatenare la fantasia e dall'altro di toccare con mano strutture geometriche che solitamente vengono soltanto visualizzate, quali ad esempio i solidi platonici o archimedei, investigandone nel contempo la stabilità, le simmetrie e le proprietà combinatorie.
    Consigliatissimo, a casa e a scuola.

    lunedì 3 gennaio 2011

    Matematica per tutti?

    "(...) quegli intellettuali che hanno un complesso di inferiorità per la loro ignoranza in matematica, farebbero bene a levarselo, imparandola. Invece quelli che non hanno un complesso di inferiorità, dovrebbero averlo - perché sono inferiori". Anche se, tolta dal contesto, l'affermazione sembra ben più categorica di quanto dovrebbe esserlo nelle intenzioni del suo Autore, essa ben illustra le premesse di Anche tu matematico, dell'ingegnere, scrittore e "futurologo" italiano Roberto Vacca. Indirizzato suprattutto ad un pubblico di intellettuali (categoria nella quale Vacca inserisce un ampio spettro di profili professionali, come avvocati, psicologi, registi, pierre, medici), il libro si propone di fornire una "chiara e facile introduzione alla scienza dei numeri" (come recita il sottotitolo). Partendo dalle basi del calcolo numerico e algebrico, l'autore ci accompagna in un percorso che si snoda dapprima attraverso i temi tradizionali della matematica liceale (geometria, calcolo infinitesimale, logaritmi, probabilità e statistica) per poi offrire alcune interessanti considerazioni a proposito dei suoi limiti (e degli abusi che se ne fanno) e, in quello che è senz'altro il capitolo più ostico e ambizioso, una rapida introduzione al problema dell'indecidibilità. Il libro si conclude con una sfida al lettore matematico, cioè con una congettura indimostrata al momento della pubblicazione (ma diventata ora un teorema, dimostrato da Franco Preparata, che di Vacca fu studente all'università di Roma).
    Per i miei gusti, si tratta forse di un libro un po' "freddo" e tecnico, da cui traspare la formazione ingegneristica dell'autore (che, comunque, la matematica l'ha nel DNA: il padre di Roberto Vacca, Giovanni, fu assistente di Giuseppe Peano). Lo stile è senz'altro convincente (nonostante qualche piccola sbavatura formale) ma forse poco accattivante, anche se lo scopo che si prefigge il libro va al di là della semplice divulgazione. Lo consiglierei non tanto a chi è totalmente digiuno di matematica, quanto piuttosto a chi voglia rispolverare quanto appreso (o forse non appreso) nel corso degli studi liceali.