venerdì 30 dicembre 2016

Non è brutto ciò che è brutto...

A quanto pare, è la ripetitività a rendere gradevole un brano musicale (basti pensare al Canone di Pachelbel o alla V Sinfonia di Beethoven...). Scott Rickard, nel suo intervento TED intitolato The world's ugliest music, cerca di dimostrarcelo componendo un pezzo dove, nella melodia e nel ritmo, le ripetizioni sono bandite. Non, intendiamoci, utilizzando il caso (come nella musica aleatoria), ma progettando a tavolino l'irregolarità per mezzo di strumenti matematici. E quindi mettendo in campo, paradossalmente, un bel po' di bella matematica per comporre una musica volutamente brutta.
Le componenti chiave per produrre tale brano sono due: le note vengono scelte con l'aiuto di una matrice di Costas 88x88 (come gli 88 tasti del pianoforte), una particolare matrice di permutazione corrispondente ad un insieme di punti su una griglia aventi distanze tutte differenti tra loro. E il tempo viene scelto sulla base di un regolo di Golomb, l'analogo unidimensionale delle matrici di Costas.
Il risultato è davvero brutto (anche se un orecchio poco allenato, come il mio, faticherà a distinguere la musica di Rickard da quella dei più arditi compositori contemporanei...).

giovedì 29 dicembre 2016

Storie di numeri - 2.5

Per accompagnare il libro di Ian Stewart di cui ho brevemente parlato qualche settimana fa è disponibile (qui, a pagamento) l'app per iPad Incredible Numbers by Professor Ian Stewart, una sorta di piccolo laboratorio interattivo che, oltre a presentare in forma succinta le proprietà di una scelta di costanti matematiche, permette di esplorare alcuni ambiti cari al divulgatore inglese (numeri primi, Pi greco, codici segreti, infiniti, ...), il tutto condito da una piccola selezione di rompicapi a sfondo matematico. Ho trovato particolarmente efficace la sezione dedicata al rapporto tra matematica e musica (un mio chiodo fisso, ultimamente), in cui alle ottime descrizioni si affiancano parecchi esperimenti convincenti.
Consigliata (anche perché, come le maggior parte delle app, non costa poi molto...).

domenica 11 dicembre 2016

Mathematics

Here be numbers transcendental,
on an imaginary axis spun,
decimal places without limit
and zero and one.

Mathematics,
simply pure beyond belief.

e to the power of i times pi plus one is zero
e to the power of i times pi plus one is zero
e to the power of i times pi is minus one
e to the power of i times pi is minus one

A single function, exponential,
just one addition must be done...
multiplication in completion
of zero, of one.

Mathematics,
just so "wow" it brooks belief.

(You'd better believe, you'd better believe it.)


Non hanno certamente sbagliato i Van der Graaf Generator, leggendario gruppo prog rock britannico, ad intitolare Mathematics un brano dedicato all'identità di Eulero, mirabile sintesi di analisi, algebra e geometria.  Il pezzo è contenuto nell'album A Grounding in Numbers, uscito il 14 marzo (e non è certo un caso) del 2011.


E se qualcuno volesse ascoltare ancora un po' di prog rock, qui ho raccolto qualche proposta.

sabato 10 dicembre 2016

... e Escher sotto la Madunina

Approfittando di una rara giornata di tregua, prima di un'abbondante cena a base di risotto al salto e foiolo in una tipica Trattoria Milanese, ho finalmente trovato il tempo per una visita alla mostra di Palazzo Reale dedicata a Maurits Cornelis Escher, sicuramente uno tra i più riconoscibili e influenti artisti del XX secolo. La mostra, come illustra anche il bel catalogo, ripercorre in modo abbastanza esaustivo la carriera del maestro, anche mettendo in luce alcuni aspetti forse meno noti della sua produzione (come le opere dedicate all'Italia e gli ex libris). Peccato che proprio il catalogo presenti, forse, qualche refuso di troppo (come gli {\sc i} nelle didascalie del contributo di Odifreddi, segno di una frettolosa conversione da LaTeX).
È arcinoto che spesso l'arte di Escher ha tratto ispirazione dalla matematica (come testimonia, tra l'altro, il monumentale Gödel, Escher, Bach di Douglas Hofstaedter); alcune tra le sue opere più memorabili rappresentano l'espressione di una comprensione nel contempo istintiva e profonda della geometria, euclidea e non. Ad esempio:

- le tassellazioni; Escher fu un maestro nell'impiegare con originalità i 17 modi in cui il piano può essere riempito con figure tra loro isometriche, popolandolo con le immagini più disparate (rettili, pesci, oggetti, ippogrifi,...). E ad ispirarlo fu, assieme ad una visita all'Alhambra, il saggio Ueber die Analogie der Kristallsymmetrie in der Ebene, pubblicato da George Pólya nel 1924 sullo Zeitschrift für Kristallographie (l'originale è disponibile qui, ma a pagamento; qui, invece, è disponibile gratuitamente una traduzione in inglese). In particolare, più degli aspetti formali della questione, a colpire Escher fu l'illustrazione dei 17 tipi di simmetria del piano contenuta nell'articolo di Pólya;



- il nastro di Möbius, esempio standard di superficie non orientabile che in Möbius strip II Escher fa percorrere da una processione chiusa di formiche; è grazie alla proprietà di avere una sola faccia che la superficie può essere percorsa all'infinito per intera;


- la Galleria di stampe, che Escher lasciò volutamente incompleta. Per "tappare" il buco al centro dell'opera rispettando l'effetto Droste voluto dall'autore, i matematici olandesi Bart de Smit e Hendrik Lenstra (quest'ultimo è celebre per il suo algoritmo di fattorizzazione) hanno fatto ricorso a strumenti algebro/geometrici decisamente raffinati, riproducendo essenzialmente il disegno su una curva ellittica definita nel campo complesso (come spiegano qui, in italiano, e all'interno del sito Escher and the Droste effect).



sabato 5 novembre 2016

Fibonacci à Strasbourg

Domenica sera, tornando al parcheggio situato sotto il Musée d'Art moderne et contemporain di Strasburgo, ancora intento a digerire una copiosa choucroute, non ho potuto fare a meno di notare la sequenza di numerini situata quasi a livello del tetto (sono le lucine bluastre che si intravedono nella fotografia). Manco a dirlo, si tratta dell'ennesima realizzazione sul tema Fibonacci ad opera di Mario Merz. Battezzata La Nouvelle Suite de Fibonacci, l'opera era stata concepita inizialmente per abbellire la linea del tram A, ed è stata in seguito ricollocata dove si trova ora (e ricolorata, da rossa a blu).
Ma l'opera di Merz non rappresenta l'unica relazione tra il capoluogo alsaziano e il matematico pisano. Si deve infatti a due ricercatori dell'Università di Strasburgo (Yann Bugeaud e Maurice Mignotte), assieme ad un collega dell'Università di Warwick (Samir Siksek), la dimostrazione del fatto che le potenze perfette contenute nella successione di Fibonacci sono soltanto quattro, e cioè 0, 1, 8 e 144. La scoperta di per sé non è particolarmente rivoluzionaria, dato che il risultato era già noto per piccoli esponenti: ad esempio, come spiega Mignotte nell'articolo Sur les carrés dans certaines suites de Fibonacci (scaricabile qui), è possibile mostrare con metodi elementari che gli unici quadrati nella successione in questione sono 0, 1 e 144. Di notevole interesse è però la strategia impiegata dai tre per affrontare il problema, un mix tra tecniche divenute ormai classiche nell'ambito delle equazioni diofantee (come l'uso delle forme lineari nei logaritmi, valso ad Alan Baker la medaglia Fields nel 1970) e gli strumenti estremamente moderni e sofisticati introdotti da Andrew Wiles nella dimostrazione del Teorema di Fermat. Il saggio in questione, intitolato Classical and modular approaches to exponential Diophantine equations I. Fibonacci and Lucas perfect powers, è scaricabile qui, direttamente dal sito della prestigiosa rivista che l'ha ospitato, Annals of Mathematics (il seguito è uscito poco dopo su Compositio Mathematica). Sfogliandolo, ho provato un pizzico di nostalgia (condito da un leggero retrogusto di angoscia) per gli anni in cui mi occupavo, più o meno, di cose simili (a stretto contatto con il co-autore del primo lavoro citato in fondo all'articolo).

martedì 1 novembre 2016

Storie di numeri - 2

Uscito nel 2015, Professor Stewart's Incredible Numbers (in italiano: Numeri incredibili) rappresenta una vera e propria abbuffata di numeri, da zero a $\mathfrak c$. L'autore, Ian Stewart, è forse il più noto divulgatore contemporaneo della matematica, e in questo libro dà nuovamente sfogo alla sua enciclopedica cultura. 
La prima parte del volume, Numeri piccoli, è dedicata ai numeri naturali da $1$ a $10$, e ci permette di scoprire, ad esempio, che $1$ un tempo era primo e ora non lo è più, che il kissing number nel piano è pari a $6$, che per colorare una mappa su un toro occorrono $7$ colori e che $8$ è una delle 4 potenze perfette comprese tra i numeri di Fibonacci (fatto che riprenderò nel prossimo post). Si passa poi agli interi (zero e $-1$, in particolare), all'unità immaginaria $i$, ad alcuni razionali (come il celebre $\frac{22}{7}$) e, finalmente, agli irrazionali, tra cui troviamo, oltre ai consueti $\sqrt{2}$, $e$ e $\pi$, anche la costante $\gamma$ di Eulero-Mascheroni, la costante di Apéry $\zeta(3)$, e pure $\sqrt[12]{2}$, che permette un'interessante digressione sul rapporto tra musica e matematica. Incontriamo poi altri numeri naturali, piccoli e grandi, tra cui l'$11$ della teoria delle stringhe, il $23$ del paradosso dei compleanni e il $43\,252\,003\,274\,489\,856\,000$ del cubo di Rubik. Si decolla poi verso l'infinito, con $\aleph_0$ e il già citato $\mathfrak c$, la cardinalità del continuo. Il finale ha un tono più scherzoso, e ci mostra che anche un numero apparentemente insignificante come il $42$, ironicamente individuato da Douglas Adams come "la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'Universo e tutto quanto" non è poi così banale come sembra. 
Decisamente uno fra i più interessanti libri di divulgazione che mi sia capitato di leggere. Consigliatissimo.
 



giovedì 13 ottobre 2016

251

(perché è molto meno banale di 250...)
 
Duecentocinquantunesimo post. Certo, in più di nove anni, ma nel 2007 non avrei mai immaginato di arrivare fino a qui.
$251$ è un numero primo, ma non uno qualsiasi: si tratta del diciottesimo numero primo di Sophie Germain (cioè tale che $2p+1$ è primo a sua volta). Ed è pure il più piccolo intero rappresentabile in due modi come somma di tre cubi. E, come se ciò non bastasse, è anche il numero di sottomatrici quadrate di una matrice $5\times5$ (grazie Wikipedia; se non ci fossi tu...).
A presto!

domenica 9 ottobre 2016

16 note

 Già, 16 note. Per la precisione queste:


Forse qualcuno la riconoscerà; si tratta probabilmente della sequenza più citata della storia della musica, per lo meno negli ultimi quarant'anni. È il tema che apre il Canone in re maggiore di Johann Pachelbel, vero e proprio monumento della musica occidentale. Ascoltiamolo, nell'interpretazione di Jean-François Paillard, che nel 1968 lo rilanciò dopo quasi tre secoli di oblio, magari seguendolo sullo spartito (in rete ne sono disponibili diverse versioni, ad esempio qui):


E, per chi pensasse che sto andando fuori tema, aggiungo immediatamente che un canone è un brano musicale dotato di simmetria traslazionale, e che la struttura di questo particolare esempio, che consiste di una serie di brevi variazioni, la rende interessante anche dal punto di vista combinatorio. Per altre informazioni il lettore interessato potrà cliccare qui.

Liquidata la matematica, torniamo all'"ecc.". Come dicevo, pochi brani, forse nessuno, possono vantare l'ubiquità del Canone, in particolare nella musica leggera (Peter Waterman l'ha definito almost the godfather of pop music): dopo la "riscoperta" da parte di Paillard, moltissimi sono stati gli autori che ne hanno fatto uso, incastonandolo in parte o per intero all'interno dei brani più disparati, dal kitsch sublime della celeberrima Rain and tears (con l'arrangiamento di Vangelis e la voce inconfondibile di Demis Roussos), passando per altri brani conosciutissimi della musica leggera come Say you, say me di Lionel Richie o Go West, interpretato originariamente dai Village People e ripreso dal duo Tennant&Lowe (che al mix aggiungono pure l'inno russo, che a sua volta qualcosa al Canone deve), con qualche escursione pure nel mondo della musica rap (C U when U get there, di Coolio, e Life goes on di Tupac Shakur). Più ricercate e sperimentali sono poi le revisitazioni di Brian Eno contenute nell'album Discreet Music.
Per curiosità, con l'aiuto di Spotify mi sono divertito a compilare una playlist che, assieme ad un paio di interpretazioni del Canone, contiene un bel po' di esempi in cui esso viene utilizzato. Eccola qui (sarei grato a chiunque mi aiutasse ad ampliarla):

sabato 1 ottobre 2016

Com'è umana lei...

Ho scoperto per caso Chiara Valerio, scrittrice, giornalista e matematica, grazie ad uno strano doppio racconto pubblicato nell'antologia Storie della città eterna. Una ricerca in rete mi ha rivelato l'imminente uscita di un nuovo libro della stessa autrice, dallo stimolante titolo Storia umana della matematica, che ho immediatamente acquistato e letto. Dalla descrizione non mi era ben chiaro quello che mi sarei potuto aspettare: i titoli dei capitoli promettevano forse una collezione di brevi scritti biografici dedicati ad alcuni protagonisti, noti e meno noti, della matematica degli ultimi due secoli (Bolyai padre e figlio, Riemann, Laplace, Picone, Landau, Wiener), magari da un punto di vista inedito, ma il libro è in realtà qualcosa di diverso. Un po' di biografia c'è, sì, ma i personaggi citati servono più che altro ad incanalare un flusso abbastanza libero di pensieri, che dalla matematica si muove verso la letteratura, la filosofia e la storia della scienza, con una buona dose di autobiografia (forse un po' troppa, ma probabilmente il senso del libro era proprio questo). Ad esempio, il capitolo dedicato a Bernhard Riemann e ai suoi progressi nella definizione del concetto di dimensione lascia ampio spazio al Flatland di Abbott e al saggio di Helmholtz sugli assiomi della geometria, senza dimenticare Mork e Mindy e Space Invaders (il genere di ammiccamenti che solitamente apprezzo). La biografia di Laplace, invece, lascia ben presto spazio al Giocatore di Dostoevski, e da Norbert Wiener si sconfina rapidamente nella fantascienza, da Eva Futura a Blade Runner, passando per il Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov.
Il libro non mi è del tutto dispiaciuto (non è piaciuto per nulla, invece, a Umberto Bottazzini, cfr. qui), ma confesso che nel guazzabuglio di pensieri e citazioni dotte e meno dotte ho un po' faticato a trovare la rotta nello stream of consciousness dell'autrice.

venerdì 23 settembre 2016

Prosta - che?

Le formule di prostaferesi, abbastanza note agli studenti liceali, come
$$
\cos(\alpha)+\cos(\beta)= 2\,\cos\left(\frac{\alpha+\beta}{2}\right)\,\cos\left(\frac{\alpha-\beta}{2}\right) \; ,
$$
rappresentano (al pari del logaritmo, che precedono di qualche decennio), una relazione tra addizione e moltiplicazione di numeri reali (di fatto, con la formula di Eulero non è difficile mostrare che si tratta di un'altra faccia della stessa medaglia). Quello che però non molti sanno è che per una trentina d'anni, a partire dal 1580 circa, il cosiddetto metodo di prostaferesi fu sfruttato dagli astronomi (Come Tycho Brahe) per semplificare il calcolo dei prodotti. Esso si basa sulle formule "inverse", dette di Werner (dal nome del matematico tedesco Johann Werner, che le derivò all'inizio del XV secolo); la versione per il coseno, derivabile dalla soprastante rimpiazzando $\alpha$ e $\beta$ con $\alpha+\beta$ e $\alpha-\beta$ rispettivamente, è
$$
\cos(\alpha)\,\cos(\beta) = \frac{1}{2}( \cos(\alpha+\beta) + \cos(\alpha-\beta)) \, .
$$
Volendo, ad esempio, calcolare il prodotto $1,5 \cdot 2,5$ (come abbiamo fatto qui con l'aiuto dei logaritmi) scriviamo innanzitutto, con l'aiuto delle tavole per il coseno (queste, ad esempio),
$$
1,5 \cdot 2,5 = 100 \cdot 0,15 \cdot 0,25 \cong 100 \cdot \cos(81,4^\circ) \cdot \cos(75,5^\circ)
$$ e quindi, con la formula di Werner e nuovamente con le tavole,
\begin{eqnarray*}
\cos(81,4^\circ) \cdot \cos(75,5^\circ) &=&
\frac{1}{2}( \cos(156,9^\circ) + \cos(5,9^\circ)) \\
&=&
\frac{1}{2}( -\cos(23,1^\circ) + \cos(5,9^\circ))
\cong 0,037441
\end{eqnarray*}
da cui si ricava $1,5 \cdot 2,5 \cong 3,7441$, con un errore dello 0,16% circa rispetto al risultato esatto. Sulla scorta di questo esempio non è difficile immaginare come tale metodo, abbastanza macchinoso, sia stato rapidamente spazzato via dalla scoperta dei logaritmi.
Un altro esempio di calcolo di questo tipo, opera di Brian Borchers, è disponibile qui, assieme a qualche cenno storico. Chi volesse approfondire maggiormente gli aspetti storici della questione può inoltre consultare (qui) il saggio Prostaphaeresis Revisited, apparso sulla rivista Historia Mathematica nel 1988, dove lo storico dell'astronomia Victor E. Thoren fa un po' di luce sull'attribuzione di un metodo che, seppure oscuro, ha certamente rappresentato una tappa importante nell'evoluzione del calcolo numerico.

domenica 18 settembre 2016

Storie di numeri - 1

S'intitola semplicemente Numeri il saggio pubblicato un annetto fa dal matematico, storico della matematica e divulgatore Umberto Bottazzini per l'editore  il Mulino. Abbastanza breve e di agile lettura, il volumetto, senza scendere troppo nei particolari, ci conduce attraverso millenni di storia della matematica, dall'osso di Vestonice (ca. 30000 a.C.) ai teoremi di Gödel, parlandoci da un lato dell'evoluzione della nozione di numero, dall'altro del modo in cui i numeri vengono scritti. Gli argomenti trattati sono piuttosto classici, e all'autore riesce di trasmetterceli con un linguaggio semplice e diretto, adatto anche al lettore occasionale. L'ordine dei capitoli del libro è prevalentemente cronologico: l'apertura è dedicata alla nascita del "senso del numero", comprendendo anche qualche considerazione sulla percezione numerica nel mondo animale. Si prosegue con la rappresentazione dei numeri nell'antichità (babilonese e egizia, in particolare), per poi passare alla matematica "vera", con le scoperte della matematica greca (come l'incommensurabilità tra segmenti, che in ambito numerico si traduce nell'irrrazionalità, i numeri primi e i numeri perfetti), con una serie di flash-forward che essenzialmente traducono nel linguaggio numerico le intuizioni prevalentemente geometriche proprie della matematica di Euclide & co.
A fare da spartiacque tra gli argomenti "classici" e moderni (numeri complessi, reali e oltre) vi è poi un capitolo sulle figure degli indi, ossia le "cifre arabe", migrate da oriente a occidente in particolare grazie a Fibonacci e al suo Liber abaci.
Insomma, un libro ricco di spunti, che ben si presta all'introduzione in un universo, quello numerico, in cui perdersi (piacevolmente) non è difficile.

sabato 3 settembre 2016

Omicidi avanzati

A distanza di qualche anno, ho letto anche la seconda avventura del matematico/detective Don Brodsky, creato dal matematico/scrittore statunitense Erik Rosenthal. Se il primo libro, tutto sommato, qualche punto positivo l'aveva, qui non ci siamo proprio. L'autore intreccia, in un modo piuttosto maldestro, due trame: in quella principale, Brodsky indaga sull'omicidio di un collega avvenuto durante un congresso di matematica (sulla teoria degli operatori e sulle algebre C*, per la precisione); la trama secondaria, invece, lo vede impegnato nella ricerca di una ex attricetta per conto della figlia. Scontato, noioso, inefficace: sono solo alcuni degli aggettivi che mi vengono in mente per definire il romanzo. L'unico punto a suo favore, forse, è la descrizione, da insider, di alcune dinamiche che si instaurano all'interno del mondo accademico, tra professori più o meno influenti e prestigiosi e ricercatori di belle (o meno belle) speranze.

lunedì 29 agosto 2016

Post-minimal


A farmi da sottofondo musicale in questo periodo di intensa preparazione del nuovo anno scolastico sono spesso i Time Curve Preludes del compositore statunitense William Duckworth (1943-2012). Si tratta di 24 brevi composizioni che qualcuno ha definito post-minimaliste, perché, pur mantenendo alcune peculiarità del minimalismo, se ne distanziano per la brevità e per l'utilizzo di strutture più libere, non vincolate alle ossessive ripetizioni proprie della musica di Steve Reich o Philip Glass. Tra l'altro, i preludi di Duckworth sono anche caratterizzati dall'utilizzo, nell'impianto ritmico, della successione di Fibonacci (qui è possibile leggere qualcosa in proposito).
La versione proposta sopra è del pianista e compositore americano Neely Bruce. Di notevole qualità è pure l'esecuzione (parziale) di Bruce Brubaker, che affianca 12 dei 24 preludi a 6 studi di Philip Glass. impacchettando il tutto sotto una cover "relativistica".

sabato 27 agosto 2016

Logaritmi e calcolo


Come menzionavo nell'ultimo post, il logaritmo non è nato per complicare la vita agli studenti liceali, ma per semplificarla agli scienziati e agli ingegneri (fatto che, ahimè, a volte dimentichiamo di trasmettere ai nostri allievi). In effetti, la proprietà "magica" del logaritmo di trasformare prodotti in somme, cioè la relazione
$$
\log_a(x\cdot y)=\log_a(x)+\log_a(y)
$$
permette di ricondurre un'operazione problematica come la moltiplicazione ad un'addizione, senz'altro più gestibile calcolando a mente. Tecnicamente, lo scopo può essere raggiunto facendo uso di tavole logaritmiche, come questa (ad esempio, per calcolare $1,5\cdot 2,5$ leggiamo i corrispondenti logaritmi decimali $0,176$ e $0,398$ e li sommiamo, ottenendo $0,574$; dalle tavole deduciamo che si tratta del logaritmo di $3,75$). Ma senz'altro più geniale è il regolo che, affiancando due scale logaritmiche realizza geometricamente l'addizione, permettendo di leggere sulle scale il risultato del prodotto (o almeno una sua approssimazione). Ad esempio, il prodotto $1,5\cdot 2.5$ si realizza così:

(cliccando sull'immagine è possibile ingrandirla).
Geniale, no?

L'invenzione del regolo segue di poco quella del logaritmo; pionieri in questo senso furono Edmund Gunter (1581-1626), l'inventore "ufficiale" della scala logaritmica, e Edmund Wingate (1596-1656), che però utilizzavano una sola scala su cui operavano con l'aiuto di un compasso. Ad affiancare per primo due scale di questo tipo fu William Oughtred (1574-1660), che realizzò essenzialmente la versione dello strumento in uso fino agli anni '70 del XX secolo (quindi per tre secoli e mezzo!), quando la diffusione delle calcolatrici tascabili economiche lo rese definitivamente obsoleto.
All'invenzione e all'evoluzione del regolo logaritmico è dedicato un lavoro dello storico della matematica (di origine grigionese) Florian Cajori. Non ho trovato in rete l'originale, ma una sua trascrizione è disponibile qui.
Chi non ne possiede uno (quello raffigurato nella fotografia è di mio papà) può sperimentare qui una versione virtuale del regolo.

martedì 9 agosto 2016

A Edimburgo,...

... dove ho potuto vivere, almeno per qualche ora, l'atmosfera elettrizzante del Festival (e assistere a una coinvolgente esibizione degli oxfordiani Alternotives), ho reso visita alla tomba di Nepero (John Napier, 1550-1617). La lapide che lo commemora è situata nella chiesa di St. Cuthbert, al disotto dell'imponente castello e accanto ai giardini di Prince Street.
Per chi non lo sapesse, Napier è considerato il vero inventore del logaritmo (anche se non vanno dimenticati i risultati pionieristici e indipendenti ottenuti da Michael Stifel e Joost Bürgi), concepito innanzitutto come strumento di calcolo (in uso fino a una quarantina di anni fa sotto forma di tavole e di regoli) e in seguito ridefinito in modo più sistematico come funzione inversa dell'esponenziale (cioè nel modo in cui siamo abituati a vederlo adesso) grazie soprattutto al contributo di Leonhard Euler.
Tra l'altro, a Napier è dedicata anche una teca all'interno del Museo nazionale scozzese.

sabato 23 luglio 2016

Letture...

Telegraficamente, tre cosine che ho letto ultimamente, non particolarmente impegnative ma adatte alle infernali settimane di organizzazione del nuovo anno scolastico.
  • Enigma. La strana vita di Alan Turing, graphic novel di Tuono Pettinato (simpatico pseudonimo dell'illustratore Andrea Paggiaro) e Francesca Riccioni: non inganni lo stile volutamente cartoonesco: si tratta di una biografia seria e tragicamente accurata del genio inglese, che riesce con successo anche a parlarci di alcuni argomenti di logica tutt'altro che scontati. Consigliato.
  • La caduta di un uomo, di David Lagercrantz (l'autore del IV episodio della saga di Millennium). Il romanzo prende le mosse proprio dal suicidio di Turing, per narrarci più che altro le vicende personali di un ispettore di polizia incaricato delle indagini, e per abbozzare una sorta di riflessione sui contrasti della società anglosassone degli anni '50. Piuttosto confuso; non mi ha convinto.
  • Storia di π (chi meglio di P. Greco poteva parlarci del pi greco?): il rapporto tra circonferenza e diametro è certamente uno degli oggetti più trasversali della matematica, dai suoi esordi puramente  geometrici nel mondo ellenistico alla sua ricomparsa in campo analitico, fino alla scoperta della sua natura trascendente. Il giornalista scientifico Pietro Greco ci conduce in un affascinante viaggio lungo la storia della matematica, utilizzando π come punto di riferimento. Un bel libro, non c'è dubbio.

domenica 3 luglio 2016

Maledetta Tivù

Ho dovuto fare un grosso sforzo per vedermi nella trasmissione Maledetta Matematica!, andata in onda su La1 giovedì 16 giugno (perché vedermi o sentirmi registrato mi imbarazza terribilmente). E devo dire che quello che ho visto e sentito mi ha lasciato piuttosto perplesso: capisco la necessità giornalistica di rimandare un messaggio forte (essenzialmente il solito cliché della matematica brutta e cattiva, inutile e dannosa, ostacolo insormontabile per chi vuole realizzare i suoi sogni di bambino ecc. ecc.), ma forse lo si sarebbe potuto fare con maggiore equilibrio, calibrando meglio i toni e scegliendo in modo più oculato i "testimoni". Non sarebbe stato poi così difficile, ad esempio, reperire studenti in grado di esprimere, a proposito delle loro difficoltà in matematica, una profondità di pensiero maggiore di "la odio" e "non l'ho mai capita". Anche perché, contrariamente a quanto mostrato nel documentario, la realtà scolastica non è fatta di pochissimi amanti della matematica e di moltissime vittime di quest'ultima, ma di una stragrande maggioranza di studenti che, con uno sforzo moderato, conseguono risultati di cui si accontentano. E trovo sconcertante che si possa concepire una scuola di cultura generale che si limiti ad assecondare i capricci dei suoi alunni (spesso sostenuti dai genitori), sorvolando su aspetti indispensabili per comprendere quanto ci succede attorno. E a chi rimuoverebbe volentieri la matematica dal percorso liceale va senz'altro fatto capire che ciò comporterebbe un drastico cambiamento del nostro modello di scuola, che costringerebbe i nostri figli a rinunciare molto presto a diventare astronauta, ingegnere, medico (anche veterinario!) o economista. E, per buona pace della ragazzina che "in fondo, vuole insegnare a leggere e scrivere ai bambini", anche maestra. A meno che il "far di conto" oramai non sia più rilevante (ma attenzione: l'istruzione primaria è un passaggio fondamentale nella costruzione del pensiero logico-deduttivo).

Molto suggestiva, tra l'altro, la sequenza conclusiva, cui fa da sottofondo la splendida Twist in my sobriety di Tanita Tikaram. Il testo della canzone, allucinato ed enigmatico, si apre con le parole All God's children need traveling shoes: ebbene, uno degli scopi della scuola è proprio quello di fornire ai giovani le "scarpe" per viaggiare attraverso la vita. Togliendo la matematica e le conoscenze ad essa correlate, rischieremmo di vederli partire con le scarpe già bucate...

sabato 4 giugno 2016

Psicomatematica

Ho appena terminato di leggere L'uomo che credeva di essere Riemann, singolare incontro romanzato tra matematica e psicanalisi uscito un paio d'anni fa dalla penna di Stefania Piazzino. La trama è presto riassunta: un matematico di fama mondiale, apparentemente scosso dalla notizia della dimostrazione della celebre congettura di Riemann, improvvisamente assume, in modo lucido e consapevole, l'identità del matematico tedesco. Ad occuparsi del caso viene chiamato un celebre psichiatra, che intreccia con lo studioso un rapporto di amicizia e che riuscirà infine, con la collaborazione di un giovane aspirante matematico, a farne riemergere la personalità. A fare da contorno alla vicenda l'autrice imbastisce una (maldestra) spy-story, a base di loschi individui che cercano di sfruttare il talento del protagonista per scardinare la sicurezza delle reti informatiche (trovata poco verosimile, che stiracchia la suspension of disbelief del lettore-matematico oltre il punto di rottura (a meno che la dimostrazione della Congettura non contenga anche un algoritmo veloce per fattorizzare gli interi)). Di matematica nel libro non ce n'è molta (anzi, non ce n'è del tutto), ma oltre agli accenni alla biografia di Riemann l'autrice dissemina qua e là alcuni celebri aneddoti della storia della disciplina (il calcolo dell'orbita di Cerere da parte di Gauss, l'incontro tra Hardy e Ramanujan, la prigionia di André Weil, il teorema dei quattro colori).
Tutto sommato una lettura gradevole. Il libro, vista anche la sua brevità, si legge tutto d'un fiato, anche se, a dire il vero, la suspense promessa nella quarta di copertina risulta essere del tutto assente...


lunedì 30 maggio 2016

La magia dei numeri di Fibonacci

Direttamente da Edimburgo (meta delle mie prossime vacanze estive), un TED Talk in cui il matemago Arthur Benjamin ci illustra la bellezza del ragionamento matematico con una dimostrazione "senza parole" di una delle tante proprietà dei numeri di Fibonacci, la relazione 
$$
\sum_{i=1}^n f_i^2 = 1^2+1^2+2^2+ 3^2+5^2+\ldots+ f_n^2 = f_{n} \cdot f_{n+1} \; ,
$$ che può essere intuita semplicemente osservando il disegno sottostante:


sabato 21 maggio 2016

Fibonacci e Binet - 2

La linearizzazione delle potenze di $\phi$ non è l'unico metodo per ricavare la formula di Binet. In alternativa si può fare uso della cosiddetta matrice di Fibonacci
$$
F=
\begin{pmatrix}
1 & 1 \\
1 & 0
\end{pmatrix}
$$
per cui vale
$$
F^2=
 \begin{pmatrix}
2 & 1 \\
1 & 1
\end{pmatrix}
\,,\,
 F^3=
 \begin{pmatrix}
3 & 2 \\
2 & 1
\end{pmatrix}
\,,\,
F^4= \begin{pmatrix}
5 & 3 \\
3 & 2
\end{pmatrix}
\,,\,
F^5= \begin{pmatrix}
8 & 5 \\
5 & 3
\end{pmatrix}
 $$
e più in generale, com'è relativamente semplice mostrare induttivamente, 
$$
F^n =\begin{pmatrix}
f_{n+1} & f_{n} \\
f_n &f_{n-1}
\end{pmatrix}
$$
dove $(f_1,f_2,f_3,f_4,f_5,f_6,f_7\ldots)=(1,1,2,3,5,8,13,\ldots)$ rappresenta la successione di Fibonacci. Essenzialmente, occorre quindi calcolare le potenze di $F$ in modo efficiente.
Iniziamo determinando gli autovalori di $F$; il suo polinomio caratteristico è il "polinomio aureo" 
$$
p_F(\lambda)={\rm det}(F-\lambda I_2)=\lambda^2-\lambda-1
$$
i cui zeri sono gli autovalori di $F$
$$
\lambda_1=\phi=\frac{1+\sqrt 5}{2} \quad,\quad
\lambda_2=\rho=-\frac{1}{\phi}=1-\phi=\frac{1-\sqrt 5}{2} \;.
$$
Per i relativi autospazi vale
$$
S_\phi={\rm Ker}(F-\phi I_2)=
\left<
\begin{pmatrix}
-1 \\ \rho
\end{pmatrix}
\right>
$$
e
$$
S_\rho={\rm Ker}(F-\rho I_2)=
\left<
\begin{pmatrix}
-1 \\ \phi
\end{pmatrix}
\right> \;.
$$
Di conseguenza, per
$$
B=
\begin{pmatrix}
-1 & -1 \\ \rho & \phi
\end{pmatrix}
$$
vale
$$
F=
B
 \begin{pmatrix}
\phi & 0 \\ 0 & \rho
\end{pmatrix}
B^{-1}
$$
e
$$
F^n =
B
 \begin{pmatrix}
\phi^n & 0 \\ 0 & \rho^n
\end{pmatrix}
B^{-1}
= \ldots =
\frac{1}{\sqrt{5}}
\begin{pmatrix}
\phi^{n+1}-\rho^{n+1} & \phi^n-\rho^n \\  \phi^n-\rho^n & \phi^{n-1}-\rho^{n-1}
\end{pmatrix} \:.
$$
Dal confronto delle componenti con
$$
F^n =\begin{pmatrix}
f_{n+1} & f_{n} \\
f_n &f_{n-1}
\end{pmatrix}
$$
segue immediatamente che
$$
f_n =  \frac{ \phi^n-\rho^n}{\sqrt{5}} \quad,
$$
come volevasi dimostrare.

giovedì 19 maggio 2016

Fibonacci e Binet - 1

È più o meno noto a tutti che vi è un rapporto tra i numeri di Fibonacci $$ 1,\,1,\,2,\,3,\,5,\,8,\,13,\,21,\,34,\,55,\,89,\,144,\,\ldots$$ e la sezione aurea $$ \phi=\frac{1+\sqrt{5}}{2} \quad. $$
Meno noto è il fatto che la sezione aurea $\phi$ compare in una formula esplicita per calcolare i termini della successione di Fibonacci, attribuita al matematico francese Jacques Philippe Marie Binet ma già nota in precedenza, ad esempio a Abraham de Moivre.
Tale formula può essere derivata in svariati modi. Ad esempio, come mostrano le slides incluse qui (preparate una dozzina d'anni fa per un corso di Didattica della matematica all'Uni di Zurigo, e in seguito tradotte in italiano per una "Giornata autogestita" del Liceo), linearizzando le potenze di $\phi$.





martedì 17 maggio 2016

SYS 64738

Ho appreso i primi rudimenti di programmazione una trentina d'anni fa, grazie al famigerato Basic V2 installato nella ROM del Commodore 64 che, a quanto si dice, Jack Tramiel aveva ottenuto da un giovane Bill Gates per soli 25000$ una tantum (un pessimo affare per la Microsoft: inizialmente Gates aveva chiesto 3$ per ogni esemplare venduto - e di C64 ne sono stati venduti, in 10 anni, una quindicina di milioni!). Un linguaggio poverissimo di comandi e di struttura, dal cui influsso forse non mi sono mai ripreso (i miei saltuari sforzi di programmazione ne risentono ancora oggi). 
Ne ho ritrovata recentemente una versione abbastanza fedele sotto forma di app per iPhone/iPad, denominata handBasic (è gratuita, almeno nella versione di base), con cui ho riprovato a cimentarmi. È incredibile come, a distanza di trent'anni, certi automatismi siano immediatamente ritornati, come mostra l'esempio a sinistra (che fa, in un certo senso, da introduzione ai prossimi due post).

domenica 15 maggio 2016

Malvaldi^2


Ho appena terminato di leggere, praticamente in contemporanea, le due ultime opere di Marco Malvaldi.
La battaglia navale (Sellerio) è il sesto romanzo della Saga del BarLume, dove il barrista Massimo, sempre più coadiuvato dalla nuova fidanzata Alice e sostenuto dall'"ostinazione senile" dei terribili vecchietti, risolve un complicato caso legato al ritrovamento di un cadavere sulla spiaggia. Stavolta la matematica fa solo una fugace apparizione, a pag. 43, grazie alla nozione di fattoriale. E qui Malvaldi fa compiere pure un piccolo errore di calcolo al suo alter ego letterario (gli anagrammi, anche privi di senso, di -ehm- "cozza" non sono 5!=120, ma solo sessanta, dal momento che l'indistinguibilità delle due "z" ne dimezza il numero). Ma ciò non nuoce certo alla godibilità del romanzo.
È decisamente più ambizioso, invece, L'infinito tra parentesi (Rizzoli), in cui Malvaldi si propone di descrivere, essenzialmente, il rapporto tra scienza e poesia, mettendo in risalto come entrambe siano modi in cui la mente umana si approccia alla realtà, ad esempio nell'uso di efficaci analogie. E che quindi emozioni e sentimenti risiedono a pieno titolo anche nel mondo scientifico. Ciascuno dei 10 capitoli che compongono il libro è preceduto da una poesia (o da un passaggio di una composizione poetica), da cui l'autore si fa ispirare per divagare in modo abbastanza libero su quei concetti che la lettura gli ha suggerito. Ad esempio Invernale, di Guido Gozzano,  apre un discorso dedicato alle fratture nei materiali, e la bellissima L'acqua, della Szymborska, fornisce il pretesto per parlare da un lato della struttura delle molecole, e dall'altro della cosiddetta memoria dell'acqua, un meccanismo, poi rivelatosi privo di senso, utilizzato in passato per giustificare l'efficacia dei rimedi omeopatici. Ma l'elenco dei Poeti citati da Malvaldi comprende pure Omero, Lucrezio, Dante, Shelley, Kipling, Montale, Borges, senza dimenticare il meno noto, ma caro all'autore, Ernesto Ragazzoni. 

venerdì 6 maggio 2016

Il teorema di Pitagora

di Ernesto Ragazzoni

I tempi sono tristi! Il vecchio mondo s’usa
a trascinarsi il fianco nel giro dei pianeti!
Le balene si fan sempre più rare, i feti
voglion dar fuoco all’alcool ove la vita han chiusa.
Per consolarti, o povera anima mia, ripeti:
il quadrato costrutto sovra l’ipotenusa
è la somma di quelli fatti sui due cateti.

Anima mia, rammenti? dall’ombre d’oggi illusa,
questo non ti riporta al raggio dei dì lieti?
O che non ci fiorivano nel cuor tutti i roseti
al tempo in cui a zuffa coll’algebra confusa,
sui banchi imparavamo, monelli irrequïeti,
che il quadrato costrutto sovra l’ipotenusa
è la somma di quelli fatti sui due cateti?

Ora, i tempi a mal volgono. L’un polo l’altro accusa
di accaparrarsi il ghiaccio, e sono ambo inquieti;
l’oche pretendon esser — ahimè! — cigni; i poeti
annegano in tropp’acqua il vino della musa;
le questioni scottanti brucian tutti i tappeti;
ma il quadrato costrutto sovra l’ipotenusa
è la somma di quelli fatti sui due cateti.

Il cannone, Tamagno delle battaglie, abusa
della sua voce, e fulmina. — O dunque, dai roveti
ardenti più non parlano i Jeova ai profeti?
Non tentenna la terra a un guardo di Medusa?
Un mane, techel, phares è a tutte le pareti...
Ma il quadrato costrutto sovra l’ipotenusa
è la somma di quelli fatti sui due cateti.

La vita è una prigione in che l’anima hai chiusa,
uomo, ed invano brancoli cercando alle pareti.
Sono di là da quelle i bei fonti segreti
ove tu aneli, e dove la pura gioia è fusa.
Qui, solo hai qualche gocciola di ver per le tue seti.
Il quadrato costrutto sovra l’ipotenusa
è la somma di quelli fatti sui due cateti.

Ernesto Ragazzoni (1870-1920), novarese, fu giornalista e scrittore. Il teorema di Pitagora, in cui l'immutabile verità dell'enunciato matematico viene messa a confronto con le incertezze dell'esistenza,  è tra le sue poche composizioni poetiche "serie" (cioè non volte, con il sarcasmo che lo contraddistingueva, a mettere alla berlina la buona società dell'epoca). Disprezzato da Montale, è stato recentemente "ripescato" da Marco Malvaldi, che ne ha fatto il protagonista del bel romanzo Buchi nella sabbia (Sellerio 2015). Il titolo è ripreso da una Ballata composta dallo stesso Ragazzoni, che descriveva la sua professione di giornalista come quella di chi fa, appunto, buchi nella sabbia, destinati a scomparire con la prossima marea.
L'opera poetica del Ragazzoni può essere consultata ad esempio qui.

domenica 1 maggio 2016

5, 10, 20, 30, 36...

... quarantatré. Chi, se non il più geniale tra i compositori del periodo classico, avrebbe potuto rendere memorabile, musicandola, una banale (ma non poi così tanto; la somma è il quadrato di 12; sarà una caso?) sequenza di sei numeri? Ascoltare per credere (è circa a 6:05 dall'inizio, ma ascoltatevi anche l'Ouverture, sublime nell'interpretazione di Harnoncourt; e poi andate a 48:40...).


Un'altra celeberrima sequenza numerica Mozartiana (640, 231, 100, 91, 1003) compare nel Catalogo delle conquiste del dissoluto punito.

Ho trascorso parte delle vacanze pasquali a Vienna, cadendo vittima del fascino delle composizioni mozartiane grazie a un (turistico ma efficace) concerto nella Goldene Saal del Musikverein (comprendente buona parte del Requiem) e a una versione ammodernata (e difficilina) della Clemenza di Tito alla Staatsoper, che ho inflitto anche a moglie&figli. Da allora ascolto Mozart di continuo (anche nella versione Reloaded di Stefan Obermeier), tanto che le sue melodie mi risuonano in testa nei momenti più inattesi. Ma credo non sia un caso: probabilmente il buon Wolfgang è il compositore più apprezzato dai matematici, che ne hanno sezionato la musica alla ricerca di rapporti numerici interessanti (come la sezione aurea che, a dire il vero, a cercarla si trova un po' ovunque...). Pare, comunque, che il Compositore fosse genuinamente affascinato dai numeri, e alcune testimonianze (della sorella, in particolare) lo descrivono nell'atto di scribacchiare formule e numeri sui margini dei suoi spartiti (si veda anche qui). E a lui viene comunemente attribuito un celebre Musikalisches Würfelspiel, gioco che ricombina le battute pre-composte di un brano musicale sulla base del lancio di dadi (tra l'altro, è possibile giocarci nel corso della visita alla Haus der Musik); in questo Mozart sarebbe quindi tra i precursori della cosiddetta musica aleatoria che, ad esempio grazie a John Cage, nel XX secolo ha raggiunto livelli decisamente fuori di testa...
Ah, e poi c'è l'effetto Mozart: a quanto pare, l'ascolto della musica di Mozart favorirebbe nei bambini uno sviluppo del "ragionamento spazio-temporale" (da qualche parte ho letto che ha un effetto positivo anche sulla crescita della lattuga). Credo che lo possiamo archiviare alla voce "baggianate pseudoscientifiche". Godiamoci piuttosto il genio mozartiano per quello che è: musica sublime.

domenica 17 aprile 2016

Qualcuno parla russo?

Per caso, su YT mi sono imbattuto in questo biopic del 1985 dedicato a Sofia Kovalevskaya (1850-1891), matematica di primissimo ordine (cui dobbiamo, ad esempio, un risultato fondamentale di esistenza nella teoria delle equazioni differenziali alle derivate parziali). Eccone la prima parte (purtroppo in russo). La seconda parte è qui, la terza qui.


sabato 16 aprile 2016

Un po' di storia

Per testare "sul campo" il mio nuovo Kindle Paperwhite (che grazie alla retroilluminazione mi permette di leggere durante le ore notturne evitando di disturbare eccessivamente la consorte) ho scelto il volumetto The History of Mathematics - A Very Short Introduction, della storica della matematica Jacqueline Stedall (purtroppo recentemente scomparsa), parte della collana Very Short Introductions della Oxford University Press, dedicata alla divulgazione "veloce" (ma non inaccurata: gli autori sono sempre scelti tra gli esperti dei campi in questione). A dire il vero, mi aspettavo un testo conciso con i fatti essenziali dell'evoluzione della disciplina, ma il libro è contemporaneamente qualcosa di meno e qualcosa di più. "Di meno", perché non traccia una storia nemmeno lontanamente esaustiva: l'autrice sceglie deliberatamente di discostarsi da un mero elenco di pietre miliari, preferendo un approccio per temi. "Di più", perché si tratta di un'introduzione alla Storia della matematica intesa come disciplina a sé stante. Il testo cerca quindi di dare, in breve, alcune risposte a qualche domanda fondamentale dal punto di vista storiografico: cos'è la matematica? Chi fa matematica? Come la si insegna? Come la si preserva? Interessante è poi la scelta della Stedall di non proporci solo le, scontate, storie di Wiles o Fermat, ma di raccontarci quel che succedeva in una scuola babilonese di 4000 anni fa e in un'aula della Cumbria 200 anni fa, per mettere in rilievo che la pratica della matematica, oggi come un tempo, non è esclusiva di chi se ne occupa per professione. Ma anche a questi, e al "mestiere" di matematico, è dedicato uno dei capitoli del libro.
Insomma una lettura interessante, tra l'altro premiata, due anni prima della graphic novel della Padua, con il Premio Neumann della British Society for the History of Mathematics.

venerdì 1 aprile 2016

Applicazioni...

Confesso di aver piuttosto trascurato, per lo meno nel corso dei miei studi, gli aspetti applicativi della matematica. E non so nemmeno il perché, dal momento che in alcuni momenti la mia scelta di dedicarmi ad uno degli ambiti apparentemente più lontani dall'applicazione (apparentemente, perché crittografia e teoria dei codici fanno uso della geometria algebrica) si è rivelata sì appagante, ma anche un po' autolesionistica. Fatto sta che ho sempre guardato con un certo distacco alla matematica applicata. A torto, ovviamente, visto che essa non manca certo di stimoli, come mostra ad esempio un volumetto che ho letto di recente, La matematica e la realtà (dal bel sottotitolo Capire il mondo con i numeri), di Giorgio Israel (purtroppo scomparso alcuni mesi or sono), uscito l'anno scorso per i tipi di Carocci.
Il libro è suddiviso in tre parti. Nella prima, di carattere abbastanza tecnico, l'autore, attraverso una scelta azzeccata di esempi (crescita malthusiana e logistica, modelli di Lotka/Volterra, teoria dei giochi), ci mostra come la matematica si riveli un mezzo potente per descrivere la realtà. La seconda parte, dal taglio maggiormente storico/filosofico, è dedicata all'evoluzione della modellistica matematica, con particolare attenzione alla fisica, dalle prime intuizioni di Galileo fino a Von Neumann, passando per Newton, Fourier e, nuovamente, Vito Volterra. Nel capitolo conclusivo, estendendo il discorso ad altri campi, in particolare l'economia, l'autore si interroga nuovamente a proposito dell'efficacia della modellizzazione matematica (l'irragionevole efficacia di Wigner), anche alla luce delle più moderne applicazioni del calcolatore. Il libro termina con una (condivisibilissima) messa in guardia nei confronti dell'abbandono di un approccio umanistico, indispensabile per conservare un rapporto fruttuoso tra la matematica e gli altri campi dello scibile.


domenica 20 marzo 2016

Ada e la macchina - 3

Ada Lovelace, Charles Babbage e le loro invenzioni sono certamente tra i principali ispiratori del cosiddetto steampunk, genere ucronico "figlio" del più noto cyberpunk, in cui alcune rivoluzioni tecnologiche proprie del XX secolo vengono anticipate al XIX (solitamente in epoca vittoriana o nel far west), immaginate però con caratteristiche ottocentesche: vapore, ingranaggi e schede perforate sostituiscono quindi elettricità e circuiti integrati, dando vita ad una tecnologia "sporca", basata su macchine colossali, rumorose e inaffidabili. Tra i romanzi più famosi di questo sottogenere della SF troviamo certamente The Difference Engine (in italiano La macchina della realtà), uscito nel 1990, scritto a quattro mani da due dei padri del cyberpunk, William Gibson e Bruce Sterling. L'antefatto è lo stesso della graphic novel di Sydney Padua: gli sforzi di Babbage e Lovelace sono coronati dal successo e garantiscono, a partire degli anni '20 del XIX secolo, all'impero britannico la supremazia in campo tecnologico e politico, e a scienziati quali lo stesso Babbage, Darwin e Brunel (i "savants") un enorme prestigio politico.
Il romanzo, ambientato a metà degli anni '50, segue principalmente le vicende di tre personaggi: Sybil Gerard, cortigiana e figlia di un esponente luddita condannato al patibolo (presa in prestito da un romanzo di Benjamin Disraeli), Edward "Leviatano" Mallory, palenteologo e avventuriero, e Laurence Oliphant, scrittore e spia, ispirato ad un personaggio storico realmente esistito. A fare da trait d'union tra le vicende dei tre è una valigetta affidata in circostanze rocambolesche da Ada Lovelace a Mallory, contenente una serie di schede perforate che, vista la fama di incallita giocatrice della Lovelace, si immagina costituiscano un algoritmo per avvantaggiarsi nelle scommesse sui cavalli, ma che in realtà (spoiler alert!) contengono una descrizione dei teoremi d'incompletezza che, nel nostro universo, Kurt Gödel avrebbe dimostrato parecchi decenni più tardi. 
A colpire nel libro, a dire il vero, non è tanto la trama in sé, priva di acuti memorabili, quanto soprattutto l'accurata ricostruzione del mondo in cui i personaggi si muovono, dove l'Inghilterra, alleata con la Francia di Napoleone III, assume il ruolo di superpotenza, relegando al ruolo di comprimari gli stati americani e tedeschi. E dove Ada Lovelace, figlia ribelle di un Byron diventato leader politico, non cade vittima della malattia ma riesce a mettere a frutto il suo tormentato genio. Non so, comunque, se ne consiglierei incondizionatamente la lettura. Rileggendolo a una quindicina di anni di distanza, mi ha ricordato il motivo per cui progressivamente mi sono allontanato dalla SF, una cui tendenza (specialmente tra gli autori più "moderni") è quella di congestionare il testo con troppi spunti, a scapito di una certa lucidità della trama.

domenica 28 febbraio 2016

Ada e la macchina - 2

Sappiamo tutti come andò a finire: Ada Lovelace se ne andò ancora giovane, lasciando solo intuire quali contributi la "prima programmatrice" avrebbe potuto dare al mondo scientifico, e Charles Babbage non costruì né la macchina delle differenze, né tantomeno la ben più ambiziosa macchina analitica. E ci vollero ancora cent'anni (e una tragedia come il secondo conflitto mondiale) perché il primo vero computer, versatile come lo avevano immaginato loro due, potesse venire alla luce. Ma nulla ci impedisce di liberare la fantasia, immaginando un mondo in cui gli sforzi dei due hanno avuto successo, decretando con un secolo di anticipo l'avvento dell'informazione automatica. È quello che fa l'illustratrice Sydney Padua nel suo The thrilling Adventures of Lovelace and Babbage, nato come webcomic (qui) e in seguito raccolto e ampliato come lussuosa graphic novel. In essa, seguendo quello che è diventato un canone del genere steampunk, l'autrice immagina un universo tasca dove il duo mette la sua difference engine (avrebbe dovuto essere la analytical, ma qui la Padua si concede una licenza poetica) al servizio della regina Vittoria, che nel fumetto fa la sua comparsa assieme ad altri personaggi celebri dell'epoca (il Duca di Wellington, l'ingegnere Brunel, George Eliot (cioè Marian Evans), George Boole).
Si tratta senza dubbio di un piacevole divertissement: il tratto è accattivante, e la storia è permeata da un umorismo che non manca mai di rispetto ai protagonisti. E, a testimonianza del notevole lavoro fatto dall'autrice, vi è pure una vasta selezione di schizzi esplicativi, estratti da documenti d'epoca e note a piè di pagina  ad impreziosire il tutto. Tra l'altro, il libro (di cui ho scoperto l'esistenza grazie al documentario della BBC di cui parla il precedente post) si è aggiudicato, nel 2015, il premio Neumann della British Society for the History of Mathematics.

sabato 20 febbraio 2016

Ada e la macchina

Un altro esempio della superiorità della BBC nella produzione documentaristica l'ho avuto qualche giorno fa, quando, nel corso di uno dei miei rari zapping, mi sono imbattuto in questo Calculating Ada, dedicato alla figura di Augusta Ada King, contessa di Lovelace (nota semplicemente come Ada Lovelace), figlia (l'unica legittima) di Lord Byron, matematica e collaboratrice di Charles Babbage nel suo tentativo di costruire la macchina analitica. In particolare, Ada tradusse dal francese all'inglese e ampliò gli appunti pubblicati da Luigi Menabrea in occasione di una lezione torinese di Babbage: la sua versione contiene, fra le altre cose, la descrizione di un algoritmo per il calcolo dei numeri di Bernoulli e della sua implementazione sulla macchina analitica: per questo viene da molti considerata come la prima vera e propria programmatrice.
Il documentario della BBC, senza addentrarsi nei dettagli tecnici, descrive bene i trionfi e i drammi della vita della Lovelace, dall'infanzia infelice agli interessi scientifici che l'avrebbero portata a frequentare, oltre a Babbage, altre figure di primissimo piano (De Morgan, Faraday, Wheatstone, Dickens), fino alla sua prematura scomparsa, a 36 anni, causata probabilmente da un tumore uterino. La narrazione è affidata a Hannah Fry, matematica, ricercatrice e docente alla UCL.