Ho dovuto fare un grosso sforzo per vedermi nella trasmissione Maledetta Matematica!, andata in onda su La1 giovedì 16 giugno (perché vedermi o sentirmi registrato mi imbarazza terribilmente). E devo dire che quello che ho visto e sentito mi ha lasciato piuttosto perplesso: capisco la necessità giornalistica di rimandare un messaggio forte (essenzialmente il solito cliché della matematica brutta e cattiva, inutile e dannosa, ostacolo insormontabile per chi vuole realizzare i suoi sogni di bambino ecc. ecc.), ma forse lo si sarebbe potuto fare con maggiore equilibrio, calibrando meglio i toni e scegliendo in modo più oculato i "testimoni". Non sarebbe stato poi così difficile, ad esempio, reperire studenti in grado di esprimere, a proposito delle loro difficoltà in matematica, una profondità di pensiero maggiore di "la odio" e "non l'ho mai capita". Anche perché, contrariamente a quanto mostrato nel documentario, la realtà scolastica non è fatta di pochissimi amanti della matematica e di moltissime vittime di quest'ultima, ma di una stragrande maggioranza di studenti che, con uno sforzo moderato, conseguono risultati di cui si accontentano. E trovo sconcertante che si possa concepire una scuola di cultura generale che si limiti ad assecondare i capricci dei suoi alunni (spesso sostenuti dai genitori), sorvolando su aspetti indispensabili per comprendere quanto ci succede attorno. E a chi rimuoverebbe volentieri la matematica dal percorso liceale va senz'altro fatto capire che ciò comporterebbe un drastico cambiamento del nostro modello di scuola, che costringerebbe i nostri figli a rinunciare molto presto a diventare astronauta, ingegnere, medico (anche veterinario!) o economista. E, per buona pace della ragazzina che "in fondo, vuole insegnare a leggere e scrivere ai bambini", anche maestra. A meno che il "far di conto" oramai non sia più rilevante (ma attenzione: l'istruzione primaria è un passaggio fondamentale nella costruzione del pensiero logico-deduttivo).
Molto suggestiva, tra l'altro, la sequenza conclusiva, cui fa da sottofondo la splendida Twist in my sobriety di Tanita Tikaram. Il testo della canzone, allucinato ed enigmatico, si apre con le parole All God's children need traveling shoes: ebbene, uno degli scopi della scuola è proprio quello di fornire ai giovani le "scarpe" per viaggiare attraverso la vita. Togliendo la matematica e le conoscenze ad essa correlate, rischieremmo di vederli partire con le scarpe già bucate...
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