Ada Lovelace, Charles Babbage e le loro invenzioni sono certamente tra i principali ispiratori del cosiddetto steampunk, genere ucronico "figlio" del più noto cyberpunk, in cui alcune rivoluzioni tecnologiche proprie del XX secolo vengono anticipate al XIX (solitamente in epoca vittoriana o nel far west), immaginate però con caratteristiche ottocentesche: vapore, ingranaggi e schede perforate sostituiscono quindi elettricità e circuiti integrati, dando vita ad una tecnologia "sporca", basata su macchine colossali, rumorose e inaffidabili. Tra i romanzi più famosi di questo sottogenere della SF troviamo certamente The Difference Engine (in italiano La macchina della realtà), uscito nel 1990, scritto a quattro mani da due dei padri del cyberpunk, William Gibson e Bruce Sterling. L'antefatto è lo stesso della graphic novel di Sydney Padua: gli sforzi di Babbage e Lovelace sono coronati dal successo e garantiscono, a partire degli anni '20 del XIX secolo, all'impero britannico la supremazia in campo tecnologico e politico, e a scienziati quali lo stesso Babbage, Darwin e Brunel (i "savants") un enorme prestigio politico.
Il romanzo, ambientato a metà degli anni '50, segue principalmente le vicende di tre personaggi: Sybil Gerard, cortigiana e figlia di un esponente luddita condannato al patibolo (presa in prestito da un romanzo di Benjamin Disraeli), Edward "Leviatano" Mallory, palenteologo e avventuriero, e Laurence Oliphant, scrittore e spia, ispirato ad un personaggio storico realmente esistito. A fare da trait d'union tra le vicende dei tre è una valigetta affidata in circostanze rocambolesche da Ada Lovelace a Mallory, contenente una serie di schede perforate che, vista la fama di incallita giocatrice della Lovelace, si immagina costituiscano un algoritmo per avvantaggiarsi nelle scommesse sui cavalli, ma che in realtà (spoiler alert!) contengono una descrizione dei teoremi d'incompletezza che, nel nostro universo, Kurt Gödel avrebbe dimostrato parecchi decenni più tardi.
A colpire nel libro, a dire il vero, non è tanto la trama in sé, priva di acuti memorabili, quanto soprattutto l'accurata ricostruzione del mondo in cui i personaggi si muovono, dove l'Inghilterra, alleata con la Francia di Napoleone III, assume il ruolo di superpotenza, relegando al ruolo di comprimari gli stati americani e tedeschi. E dove Ada Lovelace, figlia ribelle di un Byron diventato leader politico, non cade vittima della malattia ma riesce a mettere a frutto il suo tormentato genio. Non so, comunque, se ne consiglierei incondizionatamente la lettura. Rileggendolo a una quindicina di anni di distanza, mi ha ricordato il motivo per cui progressivamente mi sono allontanato dalla SF, una cui tendenza (specialmente tra gli autori più "moderni") è quella di congestionare il testo con troppi spunti, a scapito di una certa lucidità della trama.
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