domenica 27 dicembre 2015

Cantieri aperti - 2


Se i progressi per quanto riguarda l'Ipotesi di Riemann non paiono confortanti, le cose non sembrano andare molto meglio nemmeno nell'altro grande cantiere aperto della teoria dei numeri, quello relativo alla Congettura abc. Sono trascorsi oramai più di tre anni (vedi anche qui) dalla (pre-)pubblicazione dei quattro lavori intitolati collettivamente Inter-Universal Teichmüller Theory da parte di Shinichi Mochizuki che, nelle promesse dell'autore, avrebbero dovuto dare il responso definitivo, ma fino ad ora la comunità matematica non è ancora parsa in grado di cavarci il proverbiale ragno dal buco (come riportato ad esempio il 7 ottobre da Scientific American), complice anche lo strano atteggiamento dello stesso Mochizuki, reticente a parlare delle sue scoperte al di fuori del Giappone. Emblematica è una sua dichiarazione a proposito del suo lavoro: egli considererebbe la percezione delle sue teorie all'interno della comunità matematica una sorta di miniatura della percezione della matematica pura all'interno della società umana (atteggiamento un po' paranoico?).
A smuovere un po' le acque ha però forse finalmente contribuito un recentissimo workshop organizzato dalla Fondazione Clay, che ha avuto luogo all'Università di Oxford tra il 7 e l'11 dicembre scorsi. Alla presenza di numerosi esperti di geometria aritmetica, fra cui Gerd Faltings, Medaglia Fields 1986 e mentore di Mochizuki (quest'ultimo è intervenuto solo tramite Skype) e Andrew Wiles, "quello del Teorema di Fermat", una serie di seminari ha cercato di gettare luce su alcuni degli aspetti delle intricatissime invenzioni del matematico giapponese. Come riportato da Quanta e ancora da Scientific American, però, le cose non sono andate come tutti speravano: dopo una serie di promettenti interventi introduttivi (in particolare ad opera di Kiran Kedlaya), le relazioni dei ricercatori più vicini a Mochizuki sono risultate piuttosto indigeste a tutti i presenti (come testimonia nel suo blog Felipe Voloch, che parla apertamente di farsa). Per alcuni il motivo va ricercato nell'approccio culturalmente differente ai seminari, tradizionalmente più tecnico in Giappone. Fatto sta che i ricercatori presenti si sono visti travolgere da una quantità di nuove definizioni e concetti creati ad hoc, quando si sarebbero aspettati piuttosto un'introduzione più generale alle strategie impiegate per attaccare abc.
In ogni caso la verifica di un risultato di tale portata richiederà anni di lavoro. I ricercatori presenti a Oxford si sono dati appuntamento per un nuovo workshop che si terrà a Kyoto nel luglio 2016. Sei mesi di tempo non sono molti, ma permetteranno certamente a qualcuno di loro di mettere maggiormente a fuoco la questione.

lunedì 7 dicembre 2015

È andata...

Andata bene? Andata male? Boh, francamente durante la mia metà del seminario ho vissuto una sorta di trance, che probabilmente mi ha permesso di parlare senza troppi timori reverenziali nei confronti di chi mi ascoltava (come credo di aver detto in apertura, erano 25 anni - un quarto di secolo - che non mi capitava di parlare di Dante con degli esperti di letteratura italiana). Fatto sta che il tanto temuto 4 dicembre è passato, e l'esperienza è stata meno traumatica del previsto. E qualche riscontro positivo (da parte di colleghi più che autorevoli!) l'ho pure avuto, spero non solo per amicizia.
A mo' di "copertina di Linus", l'intervento me l'ero già portato bell'e pronto. Alla peggio, avrei potuto leggerlo (ma non credo di averlo fatto). Eccolo qui; un'avvertenza, però, per chi volesse darci un'occhiata: si tratta di un abbozzo, scritto sotto forma di discorso, e quindi ben lontano dagli standard minimi richiesti per qualsiasi forma di pubblicazione "seria".

domenica 29 novembre 2015

Cantieri aperti - 1

Sarebbe bello. Sarebbe davvero bello se quanto ipotizzato di recente (fra gli altri, dalla BBC e dalla CNN) fosse vero, cioè se il risolutore del più celebrato problema della matematica contemporanea (nientepopodimeno che l'Ipotesi di Riemann) fosse davvero un ricercatore proveniente da una piccola università nigeriana. E quindi se il risultato più importante della matematica del XXI secolo giungesse dal continente africano. Già, perché a quanto pare il prof. Opeyemi Enoch dell'Università Federale di Oye-Ekiti avrebbe annunciato la clamorosa scoperta nel corso di una conferenza tenutasi a Vienna qualche settimana fa, promettendo di rivelare i dettagli nei proceedings, che dovrebbero uscire a giorni (anzi: sono usciti!).  
In realtà, il (moderato) clamore sollevato attorno alla vicenda è esclusivamente mediatico: da un lato, l'annuncio dell'intervento del prof. Opeyemi (qui) non fa menzione esplicita del suo presunto risultato (ma poteva, forse, essere un escamotage per accentuare l'effetto-sorpresa), dall'altro sono almeno un paio le ragioni che potrebbero indurci a dubitare del matematico nigeriano (si veda ad esempio qui e qui): il lavoro pubblicato da Opeyemi a sostegno delle sue affermazioni su academia.edu non porta la sua firma (ma quella di un tale Werner Raab), e l'unico sostegno esplicito alle sue affermazioni giunge da un post (l'unico) presente nel blog dell'organizzatrice del congresso viennese, l'anziana ricercatrice russa Nina Ringo, dal curriculum non certo stellare (ma nel comitato organizzatore figura anche un matematico di primo piano come Shiryaev).
Beh, attendiamo fiduciosi, comunque. Ma con pazienza, dal momento che in ogni caso un risultato di tale portata potrebbe richiedere anni di verifiche. Anche in caso di una conferma, il buon Enoch dovrà quindi attendere parecchio prima di incassare il milione messo in palio dal CMI. Ma forse, per allora si sarà già arricchito grazie alla sua scientific technique for detecting and tracking someone on an evil mission (menzionata in questo sgangherato articolo, che tra l'altro afferma pure che sarebbero già tre i Problemi del Millennio risolti). Mah...


sabato 7 novembre 2015

Math rocks

Ha un che di ipnotico american don, quinto album del gruppo di Pittsburgh Don Caballero, che stamane mi ha accompagnato durante l'abituale escursione sulla mia catenaria preferita. Si tratta, a quanto pare, di un tipico esempio di math rock, genere di rock sperimentale (una nicchia all'interno di una nicchia) prevalentemente strumentale, caratterizzato da un'alternanza di tempi irregolari (quali 7/8 o 11/8) e da una ripetizione quasi ossessiva di strutture identiche (caratteristica ripresa dal minimalismo di compositori quali Steve Reich o Philip Glass). L'aggettivo "matematico", appioppato inizialmente con tono quasi dispregiativo (e pertanto rifiutato da alcuni esponenti del genere, ad esempio i Don Cab) fa proprio riferimento alla prevalenza di una metrica complicata e inusuale. Per quanto mi riguarda, è forse però tale aspetto ad aver attirato la mia attenzione, dal momento che esso implica un rigore ferreo nell'esecuzione, in assenza del quale brani di questo tipo finirebbero per degenerare in un caos inascoltabile. 
Per chi volesse approfondire un po' il genere, su YT è disponibile parecchio materiale: si potrebbe partire da Don Caballero 2, altro album, più datato, del gruppo di Pittsburgh oppure da Filmlets, dei giapponesi Lite, o anche da Lava land, dei Piglets, band di Chicago che ha, ahimè, avuto vita breve.

giovedì 29 ottobre 2015

Lisbeth is back

Sto leggendo Quello che non uccide, quarto volume della Saga di Millennium. Lo sto leggendo ma non so se e quando lo terminerò, dal momento che alla copia che ho acquistato mancano una trentina di pagine (grrrr!). Il libro, ovviamente, non è opera di Stieg Larsson, ma di David Lagercrantz (autore della, ehm, fondamentale biografia di Zlatan Ibrahimovic). In rete ha molti detrattori, ma più che altro "perché non è Larsson"; personalmente, trovo il romanzo all'altezza dei primi tre. Se di "altezza" si può parlare: è un polpettone americaneggiante (stavolta, tra l'altro, il prode Mikael Blomkvist deve vedersela nientepopodimeno che con la NSA), lontano anni luce dai capolavori del giallo nordico, (tipo Sjöwall/Walhöö, per intenderci), avvincenti, coerenti e socialmente impegnati.  
La coprotagonista, l'enigmatica Lisbeth Salander, è nuovamente caratterizzata come una sorta di prodigio autodidatta della matematica. Anzi: Lagercrantz calca parecchio la mano su questo aspetto (per il disappunto di qualche lettore), tirando in ballo i numeri primi, le  curve ellittiche e il criptosistema RSA. E cita esplicitamente un articolo del 1992 del grande Enrico Bombieri (ho già menzionato che per due volte ho avuto il piacere di cenare con lui?), Prime Territory, che a sua volta, citando Oliver Sacks, ha forse fornito l'ispirazione a Lagercrantz per il personaggio del piccolo August (ma quello del savant è un cliché piuttosto praticato e scontato). Le curve ellittiche (da non confondere con le più banali ellissi), seppur nei limiti della limitata comprensione che di esse ha l'autore, assurgono quasi al ruolo di coprotagoniste del romanzo: per il matematico non si tratta certo di una sorpresa, vista l'importanza che riveste la loro teoria, specialmente in ambito algebro-aritmetico e gemetrico. Noto tra l'altro che in questo blog se n'è mai parlato. Rimedierò. Nel frattempo, il lettore interessato potrebbe dare un'occhiata qui.

martedì 27 ottobre 2015

Il matematico napoletano


Di Renato Caccioppoli avevo sentito parlare per la prima volta nel secondo volume della Storia della filosofia greca di Luciano de Crescenzo, testo che mi aveva reso un po' più digeribile la Filosofia al Liceo (in seguito mi sono poi pentito del mio approccio un po' pragmatico agli studi liceali, che mi aveva garantito sì dei bei voti, ma non quell'amore per la Cultura che oggi, da insegnante, vorrei vedere nei miei alunni). Ne sentii poi riparlare all'ETH, dall'ottimo Michael Struwe (da cui all'esame ebbi però un voto soltanto discreto), che nel corso di Integrazione e teoria della misura (Mass und Integral) si soffermò ampiamente sui cosiddetti insiemi di Caccioppoli.
Gli ultimi giorni della vita di Caccioppoli, uomo geniale e tormentato, sono ben narrati nella pellicola Morte di un matematico napoletano, di Mario Martone (David di Donatello 1993 per il miglior regista esordiente), il cui ritmo lento ben trasmette l'angoscia che l'avrebbe condotto al gesto estremo. Ho visto il lungometraggio solo di recente, quasi per caso. Lontano anni luce dal linguaggio cinematografico di altre pellicole biografiche, val certamente la pena di essere riscoperto.
Tra l'altro, chi riconosce il teorema abbozzato sulla lavagna?

sabato 3 ottobre 2015

Anche i matematici leggono

Sono bravo, molto bravo a trovare modi sempre nuovi ed originali per complicarmi la vita. O, forse, il mio problema principale è sempre stato quello di non saper dire di no. Fatto sta che ho acconsentito ad intervenire (brevemente, immagino e spero) nell'ambito della Giornata cantonale sulla lettura. Probabilmente avrei dovuto evitare di vantarmi della cinquantina di libri che leggo nel corso dell'anno (tanto più che una parte consistente di essi non si può definire propriamente "letteratura"...). Il titolo dell'intervento (che condividerò con un collega insegnante di Filosofia) dovrebbe essere La promozione della lettura spetta solo ai docenti di italiano?.
Il mio assenso l'ho dato mesi fa, in un momento in cui ero impegnato a prendere una ben più importante decisione, e per un po' non ci ho nemmeno più pensato. Ma ora la data fatidica (4 dicembre, tra l'altro anniversario di matrimonio #16) si avvicina, e inizio a sentire i prodromi di una certa ansia. E mi è già stata richiesta una breve presentazione dell'intervento, che suona più o meno così: "Gli insegnamenti della matematica e della letteratura (italiana, ma non solo) occupano una parte consistente del panorama formativo liceale. Ciononostante, le interazioni tra questi due veri e propri "linguaggi fondamentali" si riducono, in ambito scolastico, pressoché a zero. Ed è un peccato, dal momento che le occasioni di incontro e di dialogo non mancherebbero, basti pensare ai numerosi riferimenti alla matematica presenti nella "Commedia" o, in tempi più recenti, all'uso che Italo Calvino ne ha fatto, traendone ispirazione per alcuni dei suoi geniali racconti (come in "Ti con Zero") e applicandone i metodi all'analisi del testo narrativo nelle incompiute "Lezioni Americane". Non è quindi difficile immaginare, nell'ambito del "laboratorio", situazioni di incontro e confronto, in cui i riferimenti alla matematica (o più in generale alle scienze esatte)  arricchiscono il testo letterario di nuove dimensioni interpretative". 
Ho cercato di rimanere sul vago (dal momento che non ho ancora assolutamente idea di quello che dirò), ma temo di essermi tirato la zappa sui piedi citando due Monumenti della letteratura italiana. Dovrò parlare di loro di fronte ad un pubblico che li ha studiati veramente, e non soltanto leggiucchiati come ho fatto io, che a Dante e Calvino ho preferito Camilleri e Scerbanenco?
Ho due mesi per inventarmi qualcosa (un pretesto per tirarmi indietro? Forse no, Valeria non me lo perdonerebbe...). Intanto, per cercare un po' d'ispirazione, ho letto in parallelo le Lezioni Americane e il Discorso sulla matematica, in cui Gabriele Lolli reinterpreta queste ultime come guida alla creatività anche in ambito, appunto, matematico. E sulla scrivania, in ufficio, ho a portata di mano il libro Matematica e Letteratura, sperando di trovare il tempo almeno di sfogliarlo.



sabato 30 maggio 2015

Oh no! More maths

Pare che dietro ad ogni potenziale matematico si nasconda un potenziale nerd, quasi come se nel tratto di DNA che codifica l'attitudine per le scienze esatte fosse codificata pure l'attrazione per SF, fumetti e videogames (sto certamente parlando anche di me stesso). Le cose si fanno però stimolanti quando al ricercatore riesce di coniugare nerditudine e interesse professionale. È il caso, ad esempio, del buffo saggio The Hardness of the Lemmings Game, or Oh no, more NP-Completeness Proofs (scaricatelo qui), in cui Graham Cormode, professore a Warwick con un resumé lungo così, si dedica seriamente all'analisi di Lemmings, che per chi non lo sapesse è uno dei capisaldi del divertimento videoludico degli anni '90, dove lo scopo del gioco è di prevenire l'estinzione di una torma di creaturine antropomorfe e stupidissime, ispirate idealmente ai simpatici roditori che, almeno a livello di leggende metropolitane, sembrerebbero pericolosamente inclini al suicidio di massa (ci si può giocare qui).
Il punto di vista di Cormode è quello della teoria della complessità computazionale: il problema dell'esistenza di una strategia vincente viene interpretato come problema decisionale, e classificato come tale. L'autore dimostra innanzitutto che si tratta di un problema di classe NP (Nondeterministic Polynomial, cioè tale che una soluzione può essere verificata in tempo polinomiale). Successivamente, per mezzo di una riduzione polinomiale al cosiddetto 3SAT (uno dei problemi NP-hard per antonomasia) si dimostra che l'esistenza di una strategia vincente è a sua volta NP-hard, e di conseguenza NP-completo (classificato cioè tra i più interessanti problemi decisionali, equivalente ad uno dei Millennium Problems della Fondazione Clay).




venerdì 1 maggio 2015

Sei facili, sei meno

Probabilmente Richard Phillips Feynman (1918-1988) ha rappresentato nella seconda metà del XX secolo quello che Albert Einstein aveva rappresentato nella prima: una figura di ricercatore di altissimo livello assurto a vera e propria icona del mondo scientifico (il coccodrillo del NY Times lo definisce the most brilliant, iconoclastic and influential of the postwar generation of theoretical physicists). Di lui si ricordano, fra le altre cose, la partecipazione al progetto Manhattan (che ha ispirato Jonathan Hickman, autore dell'irriverente fumetto ucronico statunitense The Manhattan Projects da cui è tratta la tavola a fianco) e in quest'ambito la formula di Bethe-Feynman, i diagrammi di Feynman, le Feynman Lectures, il Nobel nel 1965 e il ruolo avuto nell'ambito dell'inchiesta successiva al disastro del Challenger (vedi anche qui).
Ispirato dal libro di Carlo Rovelli, ho finalmente letto da cima a fondo Six easy Pieces (Sei pezzi facili) e Six Not-So-Easy Pieces (Sei pezzi meno facili), i due volumetti che raccolgono le parti meno tecniche e più accessibili delle celebrate Lectures, il tentativo fatto dal fisico statunitense al Caltech agli inizi degli anni '60 di cambiare l'approccio didattico alla fisica: oggi potrà sembrare scontato, ma l'idea di insegnare con un occhio rivolto sia agli studenti più acuti che a quelli meno dotati cinquant'anni fa rappresentò certamente una piccola rivoluzione. E, nonostante il bilancio in chiaroscuro dello stesso Feynman alla luce dell'esito degli esami ("I don't think I did very well by the students"), l'insegnamento universitario della fisica deve tuttora molto ai suoi sforzi.
Il primo dei due volumetti è, volutamente, il più accessibile:  a un geniale primo capitolo dedicato alla teoria atomica fanno seguito tre lezioni sulla fisica classica, inframmezzate da una digressione sui rapporti con le altre scienze, per terminare con un'introduzione alla meccanica quantistica. Il secondo volume, forse più impegnativo ma certo non meno appassionante, introduce innanzitutto alcune nozioni di matematica (simmetria e vettori) necessarie per proseguire con la lettura dei capitoli dedicati alla fisica di Einstein: tre lezioni, dedicate alla relatività ristretta, raggiungono un moderato grado di approfondimento mentre l'ultima, che si spinge fino alla curvatura dello spazio-tempo, risulta per ovvi motivi più superficiale.
A questo punto sarei quasi tentato di tirar giù dallo scaffale alle mie spalle l'edizione integrale delle Lectures, di cui i due libri rappresentano solo un assaggino. Ma temo che questa non sia la stagione adatta per dedicarmi ad una tale impresa...


 

domenica 19 aprile 2015

Maths à Paris

Da una settimana, oramai, siamo rientrati da una stupenda vacanza parigina. E nella Ville Lumière, tra musei, monumenti, concerti e musical (con una puntatina a Marne-la-Vallée, d'obbligo vista l'insistenza dei miei figli...) non poco mi ha parlato di matematica, tra le strade del Quartier Latin, al Panthéon, o tra i viottoli del Père-Lachaise...

Tra l'altro, in un chiosco, ho acquistato l'interessante pubblicazione Réviser son bac avec Le Monde - Mathématiques, interessante iniziativa editoriale del serale parigino destinata ad un ripasso in vista della maturità, corredato da una scelta di interessanti interventi di matematici di primo piano, come Etienne Ghys o Cédric Villani.

sabato 18 aprile 2015

Fractal zoom

Non è difficile immaginarsi la prima traccia dell'album Nerve Net, prodotto da Brian Eno nel 1992, come sottofondo di una carrellata attraverso i meandri dell'insieme di Mandelbrot...


A dire il vero, ho scoperto la musica del poliedrico musicista inglese solo un paio d'anni fa, nel corso di una visita alla Reggia di Venaria Reale, per la quale Eno ha composto la musica che risuona nell'imponente Galleria Grande (rielaborata, tra l'altro, nell'album Lux, che spesso mi fa da sottofondo mentre lavoro).

venerdì 3 aprile 2015

Cubitis magikia

... ossia: "un grave disturbo mentale, accompagnato da prurito ai polpastrelli, cui è possibile dare sollievo solo tramite il contatto prolungato con un cubo multicolore originario dell'Ungheria e del Giappone. I sintomi persistono spesso per mesi. Altamente contagioso."
Così si apre Magic Cubology, uno tra i più noti Metamagical Themas di Douglas Hofstadter, apparso su Scientific American nel marzo 1981 (e disponibile nell'omonima raccolta), dedicato all'aggeggio che, fin dagli anni '80, è noto ai più come cubo magico (o Cubo di Rubik, dal nome del suo inventore ufficiale, l'architetto ungherese Ernö Rubik). Vera e propria icona degli anni '80, le sue proprietà combinatorie non potevano passare inosservate all'interno della comunità dei matematici: in particolare, non sono pochi i testi di introduzione alla teoria dei gruppi che a fini didattici fanno efficacemente uso del suo gruppo di trasformazioni (vedi ad esempio qui, qui e qui). Si tratta un sottogruppo del gruppo di permutazioni $S_{48}$ generato da sei particolari trasformazioni (corrispondenti alla rotazione di una delle facce), isomorfo a
$$
\left( \mathbb Z_3^7 \times \mathbb Z_2^{11} \right)
\rtimes \left( \left( A_8 \times A_{12} \right) \rtimes \mathbb Z_2 \right)
$$
(dove $\mathbb Z_p= \mathbb Z / p\mathbb Z$, $A_n$ è il gruppo alterno  e $\rtimes$ rappresenta il prodotto semidiretto), per un totale di
$$
3^7 \cdot 2^{11} \cdot \frac{8!}{2} \cdot \frac{12!}{2} \cdot 2
= 43\,252\,003\,274\,489\,866\,000 \cong 4,3 \cdot 10^{19}
$$
possibili trasformazioni. Ma la cosa sorprendente è che il cubo può essere risolto a partire da qualsiasi configurazione iniziale in meno di 20 mosse, per lo meno applicando un cosiddetto algoritmo divino (dove si suppone cioè che il risolutore sia onnisciente, ed esegua quindi ad ogni passo la mossa ideale).
Devo ammettere che da adolescente prestai ben poco interesse al Cubo: me ne ragalarono uno, ma non andai mai oltre la faccia "con i laterali". Mio figlio, recentemente, si è dimostrato ben più perseverante di me: studiandosi su YouTube gli algoritmi necessari, nel giro di un paio di giorni ha imparato a completare in qualche minuto il rompicapo. Ecco documentata tutta la sua soddisfazione dopo il suo primo tentativo riuscito:


sabato 21 marzo 2015

3n+1 parte 2 - Il frattale di Collatz

Gli insiemi numerici $\mathbb N$ e $\mathbb Z$ sono relativamente poveri dal punto di vista strutturale. Spesso, quindi, i problemi sui numeri interi vengono riformulati in ambito complesso, permettendo di mettere in campo l'"artiglieria pesante" della teoria delle funzioni. Non è difficile, ad esempio, ottenere dalla funzione di Collatz una funzione olomorfa sull'intero piano di Gauss. Partendo dalla sua versione abbreviata
$$ c(n)=
\begin{cases}
\frac{1}{2}n &\,, n \in 2\mathbb Z \\
\frac{1}{2}(3n+1) &\,, n \in 2\mathbb Z +1
\end{cases}
$$
tutto quello di cui necessitiamo sono due funzioni analitiche $f_1(z)$ e $f_2(z)$ che assumano i valori $1$ per $n$ pari e $0$ per $n$ dispari, e viceversa, ad esempio 
$$
f_1(z)=\cos^2\left(\frac{\pi}{2}z\right) \quad,\quad
f_2(z)=\sin^2\left(\frac{\pi}{2}z\right) \quad.
$$ Definiamo quindi
$$
c(z) = \frac{1}{2}z\cdot \cos^2\left(\frac{\pi}{2}z\right)
+ \frac{1}{2}(3z+1) \cdot \sin^2\left(\frac{\pi}{2}z\right) \; ; $$ con l'aiuto di un po' di goniometria calcoliamo
\begin{eqnarray*}
c(z) &=&
\frac{1}{2} \left( z\left(1-\sin^2\left(\frac{\pi}{2}z\right) \right)
+ (3z+1) \cdot \sin^2\left(\frac{\pi}{2}z\right)\right) \\
&=&
\frac{1}{2} \left(  z+ (2z+1)\sin^2\left(\frac{\pi}{2}z\right) \right) \\
&=&
 \frac{1}{2} \left(  z+ (2z+1)\cdot\frac{1}{2}(1-\cos(\pi z)) \right) \end{eqnarray*} ricavando infine
$$
c(z)= \frac{1}{4}\left( 4z+1-(2z+1)\cos(\pi z)\right) \quad.
$$
Studiando i valori di $z \in \mathbb C$ per cui l'iterazione successiva di tale funzione converge risp. diverge si ricava il suggestivo frattale di Collatz:



domenica 15 marzo 2015

Qualche lettura...

Non mi resta moltissimo tempo per leggere, purtroppo. In particolare, le mie nuove occupazioni mi rendono difficoltosa la lettura di testi impegnativi (di matematica "vera", ad esempio): riesco a leggere solo la sera, prima di addormentarmi, solitamente finché il libro mi cade di mano. Ma oltre a romanzi di Steinbeck, Child, Manzini, Grisham e Bartlett negli ultimi mesi sono riuscito a leggiucchiare anche qualche saggio non troppo lontano dalla matematica.
  • Innumeracy. Mathematical Illiteracy and its Consequences, di John Allen Paulos. Il titolo, sormontato da un neologismo traducibile forse con innumeratismo, ci dice già di che cosa si tratta: di una disquisizione sull'"illetteratismo matematico" e sulle sue conseguenze. L'autore si sofferma in particolare sulle possibili conseguenze dell'ignoranza dei principi più basilari del ragionamento logico, del calcolo mentale (quindi dell'incapacità di stimare) e del calcolo delle probabilità, che genera un substrato ideale per il diffondersi delle pseudoscienze (l'astrologia!) e ci rende vulnerabili alle truffe (Paulos cita lo stesso raggiro menzionato da Malvaldi nel suo ultimo romanzo).
  • Capra e calcoli. L'eterna lotta tra gli algoritmi e il caos,  di Marco Malvaldi (ancora lui) e Dino Leporini. Lasciati da parte per un momento i vecchietti del BarLume, il chimico Malvaldi, assieme al fisico Leporini (entrambi sono esperti in scienze computazionali), ci propone un viaggio attraverso la storia delle applicazioni del computer, mettendone ben in risalto i pregi e i difetti (questi ultimi dovuti essenzialmente all'eccessiva fiducia nella macchina, che spesso ci spinge ad utilizzarla in modo totalmente acritico), parlandoci di simulazioni, di realtà virtuale, di bolle immobiliari, e guarda un po', anche di filosofia. Leggetelo.
  • Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere. Come ha ribadito nel corso di una conferenza a cui ho assistito di recente, Roberto Casati (filosofo, direttore di ricerca al CNRS) non è contrario alle nuove tecnologie. Lo è, però, alle cattive applicazioni di queste ultime, come l'introduzione a tutti i costi dell'e-book in ambito didattico o l'uso a tutti i costi delle lavagne interattive, costose, poco pratiche e rapidamente obsolete (nella conferenza ha inoltre citato Spritz!: ricerca di ottimo livello, applicata però in modo discutibile). Interessante la sua posizione sui cosiddetti nativi digitali, che condivido pienamente: semplicemente, non esistono! Da leggere.
  • Sette brevi lezioni di fisica, di Carlo Rovelli. Ispirandosi ai Sei pezzi facili di Richard Feynman, il mio illustre quasi omonimo (Carlo è il mio secondo nome) condensa in poche, piccole pagine alcune grandi idee della fisica. Nessuna matematica (il libro è indirizzato a chi la fisica non la conosce), gradevole stile discorsivo (i contributi sono apparsi originariamente sul supplemento domenicale del Sole 24 Ore), il libro non può che rappresentare un invito ad approfondire (difatti sono già passato a Feynman).

sabato 7 marzo 2015

3n+1 parte 1 - Chicchi di grandine

Considera un numero naturale $n$. Se è pari, dimezzalo; se è dispari, triplicalo e aggiungi $1$. Ad esempio, con $n=13$ calcoliamo $13\cdot3+1=40$. Continua in questo modo: nel nostro caso, si otterrà $40:2=20$, poi $20:2=10$, e in seguito $5$ (che è dispari), e poi $3\cdot5+1=16$, e poi $8$, $4$, $2$, $1$, e in seguito il loop $4$, $2$, $1$ si ripeterà all'infinito.
Riproviamo partendo da 100: otteniamo 100, 50, 25, 76, 38, 19, 58, 29, 88, 44, 22, 11, 34, 17, 52, 26, 13, 40, 20, 10, 5, 16, 8, 4, 2, 1. Partendo da 27, invece, si ricava una sequenza molto più lunga: 27, 82, 41, 124, 62, 31, 94, 47, 142, 71, 214, 107, 322, 161, 484, 242, 121, 364, 182, 91, 274, 137, 412, 206, 103, 310, 155, 466, 233, 700, 350, 175, 526, 263, 790, 395, 1186, 593, 1780, 890, 445, 1336, 668, 334, 167, 502, 251, 754, 377, 1132, 566, 283, 850, 425, 1276, 638, 319, 958, 479, 1438, 719, 2158, 1079, 3238, 1619, 4858, 2429, 7288, 3644, 1822, 911, 2734, 1367, 4102, 2051, 6154, 3077, 9232, 4616, 2308, 1154, 577, 1732, 866, 433, 1300, 650, 325, 976, 488, 244, 122, 61, 184, 92, 46, 23, 70, 35, 106, 53, 160, 80, 40, 20, 10, 5, 16, 8, 4, 2, 1. Di nuovo, giungiamo al loop 4, 2, 1, 4, 2, 1, ...
Apparentemente, non esistono valori naturali iniziali che non conducono a 1: nessuna successione di questo tipo divergerà verso valori sempre più grandi, o presenterà comportamenti ciclici diversi da quello presentato. Si suppone pertanto che sia sempre così, ma nessuno lo ha ancora dimostrato: si tratta dell'enunciato della Congettura 3n+1, formulata dal matematico tedesco Lothar Collatz nel 1937, un problema aperto, piuttosto noto ma forse un po' "di nicchia" rispetto a congetture più celebrate. Esso riguarda il comportamento delle successioni $(a_i)$ ottenute a partire da un valore $a_0\in\mathbb N$ iterando la funzione
$$
c(n)=
\begin{cases}
3n+1 &,\,n\;\text{dispari} \\
\frac12 n &,\,n\;\text{pari} \end{cases} $$ 
Dal momento che per $n$ dispari $3n+1$ è sempre pari, a volte per proseguire più speditamente si preferisce porre direttamente $f(n)=\frac{3n+1}{2}$ per $n$ dispari.
A tali successioni viene spesso attribuito il suggestivo nome di hailstone sequences, siccome i loro termini sono soggetti a repentine ascese e discese, come i chicchi di grandine nella tempesta, come evidenziano ad esempio le rappresentazioni grafiche per $a_0=1000$:
 oppure per $a_0=1001$:
Ho sentito parlare per la prima volta della Congettura di Collatz (nota anche con altri nomi: Congettura di Ulam, Problema di Syracuse, Problema di Kakutani, ...) nell'ambito di un corso all'ETH, dove ci era stato chiesto di calcolarne i termini con l'aiuto di Mathematica (si tratta di un problema che pure io pongo, al Liceo, introducendo Maple o Excel). A colpirmi fu l'apparente semplicità della sua formulazione a fronte della sua difficoltà, un aspetto di molti problemi celebri che fu determinante nella mia scelta di orientarmi verso la teoria dei numeri.
La Congettura ammette una generalizzazione immediata all'insieme $\mathbb Z$. Qui, però, le cose si fanno un pochino più complicate: infatti sono stati identificati altri tre cicli possibili oltre a 1, 4, 2, 1. Il primo è breve: -1, -2, -1; il secondo è un po' meno breve: -5, -14, -7, -20, -10, -5; il terzo è decisamente più lungo: -17, -50, -25, -74, -37, -110, -55, -164, -82, -41, -122, -61, -182, -91, -272, -136, -68, -34, -17. Non se ne conoscono altri, e si congettura che non ve ne siano. 
Sulla Congettura di Collatz in rete si trova parecchio. Segnalo in particolare quattro lavori del matematico statunitense Jeffrey Lagarias: due papers introduttivi (qui e qui) e una imponente bibliografia ragionata in due parti (qui e qui).