lunedì 9 dicembre 2013

A feeling of power

Ho menzionato un paio di volte il racconto The Feeling of Power, di Isaac Asimov, la storia di un'umanità che riscopre il calcolo mentale. Per caso, ieri mi sono imbattuto in una sua versione filmata (amatoriale), diretta da tale Richard North e postata su YouTube da uno dei suoi interpreti, Daniel Gennis. Eccola, ma con un'avvertenza: il finale è molto più splatter rispetto al racconto originale, ed è sconsigliato ai più sensibili.

domenica 8 dicembre 2013

Quattro libri...


Quattro libri, letti negli ultimi mesi, in ordine di gradimento:
  • Mathenauts. Chi meglio di Rudy Rucker poteva documentare con un'antologia le contaminazioni tra matematica e Science Fiction? Il libro, uscito nel 1987 e oggi difficilmente reperibile, contiene una scelta di racconti di autori più o meno noti, dal celeberrimo The Feeling of Power di Asimov (vedi anche qui), al Messaggio trovato in una copia di Flatland dello stesso Rucker, passando per altri autori molto noti della SF (Niven, Sheckley, Pohl, Watson, Benford) e per altri meno noti, come Norman Kagan, il cui racconto dà il titolo al libro (senza dimenticare Martin Gardner e Douglas Hofstaedter).
  • Abbasso Euclide! Già il titolo ci fa capire che, con il terzo volume della sua storia della geometria, Piergiorgio Odifreddi è finalmente giunto al periodo (per me, almeno) più appassionante, quello in cui la disciplina ha cessato di essere ossessionata dalla riga e dal compasso, liberandosi dalle costrizioni imposte dal postulato delle parallele. Ma, come ci fa notare il frontespizio, anche da una geometria rigidamente legata agli aspetti logici e più libera anche nella rappresentazione degli oggetti studiati (abbasso pure Hilbert, quindi). Difatti il libro abbonda di illustrazioni: opere d'arte (da El Greco a Hokusai a Jackson Pollock), fotografie dei protagonisti, locandine pubblicitarie, frattali, immagini tridimensionali, tutte volte a meglio far comprendere le nuove geometrie sorte nel corso degli ultimi due secoli, per concludere con la "spallata" data da Kurt Gödel al programma Hilbertiano. Interessante anche l'appendice, una "divagazione artistica" dedicata all'uso che l'arte ha fatto, nei secoli, dei concetti geometrici che si stavano via via imponendo.
  • La gioia dei numeri (titolo molto, ma molto meno intrigante dell'originale The Joy of x), del matematico statunitense Steven Strogatz. Un "tour guidato", come recita il sottotitolo inglese, attraverso quella che è sostanzialmente la matematica liceale (e un po' oltre), descritta senza far praticamente uso dei formalismi classici. Non un libro di testo, quindi, ma un'eccellente libro divulgativo, di sicuro interesse anche per l'insegnante. Tra l'altro, all'assenza del rigore proprio di un'opera di matematica sopperiscono i rimandi commentati situati in coda ad ognuno dei capitoletti. Credo che anche questo blog potrà trarne profitto.
  • La serie di Oxford. Simon Singh, qui, mostra di aver gradito il romanzo del matematico e scrittore argentino Guillermo Martinez, parlando di un "potente cocktail" di matematica e mystery. A me, francamente, il cocktail non è piaciuto granché: l'autore ci versa una storia tutto sommato lineare (con l'irrinunciabile colpo di scena finale), un po' di matematica "vera", qualche aneddoto celebre (la vicenda si svolge nelle settimane in cui Wiles annunciava la prima versione della sua dimostrazione) e i Sette piani di Buzzati, ma non riesce, a mio parere, a "shakerare" il tutto a dovere. Prima o poi darò anche un'occhiata al lungometraggio con Elijah Wood e John Hurt tratto dal romanzo.

sabato 23 novembre 2013

La geometria del TARDIS

Dopo averci eruditi sulle proprietà spazio-temporali dell'isola di R'lyeh (vedi anche qui), quel burlone di Benjamin Tippett si trasferisce da Arkham a Gallifrey, per studiare il bizzarro dispositivo che permette a the doctor di spostarsi nello spazio e nel tempo. Ci propone quindi due brevi saggi, Traversable Achronal Retrograde Domains In Spacetime (vedi qui, nota le iniziali...), dove introduce una geometria che rende possibile il viaggio a ritroso nel tempo, e The Blue Box White Paper (vedi qui), di carattere divulgativo, dove include anche una breve introduzione alla relatività generale.
Francamente non ho letto con attenzione i due lavori, non avendone né il tempo, né la voglia. Forse ci ritornerò sopra (o forse no). Forse investirò altrimenti il sabato sera, magari dando un'occhiata all'episodio speciale proposto dalla BBC in occasione del cinquantenario di the doctor.

domenica 17 novembre 2013

GeoGebra sul tablet

GeoGebra, il software di geometria dinamica (e non solo) messo a disposizione (più o meno) gratuitamente da Markus Hohenwarter, è finalmente sbarcato sui tablet. Si tratta del software di cui faccio maggiormente uso durante le lezioni (in particolare per la rappresentazione di funzioni), e la sua disponibilità per iPad e Android rappresenta senz'altro un'ottima notizia. Non dispone ancora di tutte le funzioni della versione desktop (in particolare per quanto riguarda gli aspetti CAS), ma "gira" abbastanza bene anche su hardware non recentissimo (tipo iPad 2).
Personalmente, comunque, sono abbastanza critico nei confronti dell'introduzione a tutti i costi dell'ICT in tutti gli aspetti dell'insegnamento. È chiaro che la scuola dovrà adattarsi ai bisogni dei cosiddetti nativi digitali (un'espressione abbastanza fuorviante: ci vuole poco per rendersi conto che le competenze informatiche dei nostri allievi sono enormemente sopravvalutate), ma trovo ad esempio prematuro l'utilizzo generalizzato del tablet (per questioni soprattutto di costo), così come trovo insensato l'utilizzo di calcolatrici grafiche/CAS, tecnologicamente superate e dal prezzo spropositato.


domenica 10 novembre 2013

Mandrakata


Il titolo di questo post (un'esclamazione in romanesco che fa riferimento al mago dei fumetti creato da Lee Falk nel lontano 1934) rappresenta l'espressione più simpaticamente bizzarra che mi sia capitato di ascoltare nel corso di un seminario di matematica. A pronunciarla, oramai più di un annetto fa, è stato il prof. Camillo de Lellis, in occasione di un simposio organizzato per i docenti ticinesi dalla CMSI per commemorare la figura del "matematico rivoluzionario" Evariste Galois. Il tema della lezione tenuta da De Lellis era particolarmente stimolante: l'inesistenza di una primitiva elementare della funzione
$$ x\mapsto y = e^{x^2} \quad, $$ che ci costringe a ricorrere a tabelle o computer per determinare le probabilità nel caso di una distribuzione normale, quando cioè la funzione di densità di probabilità è riconducibile alla gaussiana $$ \phi(x)=\frac{1}{\sqrt{2\pi}}e^{-\frac12x^2} \quad. $$ Si tratta di un fatto noto più o meno a chiunque ha frequentato un liceo di indirizzo scientifico, del quale però nemmeno la maggior parte dei matematici conosce la dimostrazione. In effetti, pur avendo un retrogusto analitico, la dimostrazione classica di questo enunciato (dovuta inizialmente a Liouville) fa uso di strumenti decisamente algebrici. Non si tratta di teoria di Galois vera e propria (dal momento che i gruppi di Galois non fanno la loro comparsa), ma i metodi utilizzati sono certamente imparentati con le idee dello sfortunato matematico francese. Essenzialmente, si tratta di dimostrare che $e^{x^2}$ non fa parte di alcuna "estensione elementare" del campo differenziale $\mathbb C(x)$, ottenuta cioè aggiungendo al campo delle funzioni razionali complesse soltanto funzioni esponenziali e logaritmiche (le trigonometriche saranno poi automaticamente incluse in virtù della formula di Eulero). Chiaramente, parte del lavoro (non la più difficile, però) consiste nell'inquadrare nell'ambito algebrico nozioni che solitamente vengono trattate con il linguaggio del calcolo infinitesimale. I dettagli della dimostrazione, ispirata sì da Liouville ma anche da semplificazioni dovute a Ostrowski e Rosenlicht, sono disponibili sia sull'ultimo Volterriano (vedi qui) che sulla pagina personale dell'autore (qui).

giovedì 31 ottobre 2013

Un assaggino di topologia

Il Teorema di Jordan (più o meno "ogni curva chiusa e non intrecciata suddivide il piano in due componenti") rappresenta un caposaldo della moderna topologia. Eccone una breve presentazione a cura dei coniugi Eames (vedi anche qui): 

A dispetto della sua apparente semplicità, il teorema in questione non possiede (ancora?) una semplice dimostrazione. Esso può essere ricavato abbastanza velocemente con l'aiuto di strumenti omologici, oppure con maggior sforzo attraverso considerazioni "elementari" (nel senso matematico del termine). Qui, ad esempio, è riportata una dimostrazione basata sul Teorema del punto fisso di Brouwer, pubblicata da Riuji Maehara nel 1984.

mercoledì 30 ottobre 2013

A Torino

L'altro giorno, nel corso di un breve visita a Torino, ho avuto la piacevole sorpresa di imbattermi nell'esposizione allestita alla Biblioteca Reale in occasione del bicentenario della morte di Joseph-Louis Lagrange, o Giuseppe Luigi La Grangia (tra l'altro, una delle poche cose visitabili a Torino di lunedì). All'interno dell'impressionante sala di lettura una serie di pannelli permette di ripercorrere la vita di uno dei più importanti e influenti matematici attivi tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo (fu, tra le altre cose, successore di Eulero all'accademia delle scienze a Berlino e professore all'Ecole Normale e all'Ecole Polytechnique a Parigi, giocando un ruolo chiave nella decimalizzazione del sistema metrico). Ovviamente ampio spazio è dedicato ai suoi ingenti contributi alla matematica pura ed applicata, dagli studi giovanili in ambito balistico (fu maestro degli artiglieri) al calcolo delle variazioni, passando per la teoria dei numeri, la meccanica razionale e, addirittura, la matematica assicurativa.
Ho acquistato il catalogo della mostra, ricco di approfondimenti, che leggerò con calma (quando ne avrò il tempo, che al termine di questa settimana di vacanza ricomincerà a scarseggiare...).

domenica 6 ottobre 2013

Bellezza frattale

Ho letto, tutto d'un fiato o quasi (impresa notevole, in un periodo in cui il mio tempo libero si è ridotto quasi a zero) Argento vivo (Sellerio), l'ultima fatica di Marco Malvaldi. Non mi avventurerò in giudizi di carattere estetico, non avendone le competenze (condivido con uno dei protagonisti, forse l'alter ego dello stesso autore, il fatto di essere un lettore compulsivo, ma purtroppo non la sua capacità di analizzare freddamente il testo); dirò soltanto che il libro mi ha dato quello che cercavo, cioè qualche ora di lettura spensierata, con l'aggiunta di un pretesto per qualche approfondimento di carattere matematico.
Il vero protagonista del romanzo è a sua volta un romanzo, opera ancora inedita di un autore un po' appannato il cui furto dà il via alla vicenda. E, da quanto si evince dagli stralci inseriti nella narrazione, il protagonista di tale romanzo è un anziano matematico, musicista mancato e musicologo di talento, alla ricerca di un criterio per quantificare la bellezza di un brano. Criterio che il personaggio in questione identifica nella cosiddetta dimensione frattale del componimento musicale.
L'idea di studiare la complessità della musica attraverso la geometria frattale non è affatto fantascientifica. Ispirata, ovviamente, da Benoît Mandelbrot e dal suo "manifesto" The fractal geometry of nature, essa è stata sfruttata ad esempio da Perrin S. Meyer (vedi qui), che analizzando la forma d'onda di alcuni brani (da Vivaldi ai Grateful Dead, passando per Vangelis) giunge alla conclusione che la sua dimensione frattale (cioè, essenzialmente, l'efficienza con cui essa occupa lo spazio bidimensionale) non si allontana mai molto dal valore di 1.65. La geometria frattale della musica è anche alla base del lavoro degli "zurighesi" Kenneth e Andreas Hsü, che qui applicano il punto di vista Mandelbrot-iano ad alcune composizioni scelte di Wolfgang Amadeus Mozart e Johann Sebastian Bach, ispirando a loro volta Jennifer Shafer (vedi qui), che concentra la sua attenzione sulle invenzioni in due e tre parti del genio di Eisenach.

sabato 14 settembre 2013

Dal caos... l'ordine

Ispirato dall'ultimo capitolo del libro di Guerraggio (e dal romanzo della Shaw), nel corso dell'estate ho letto (a dire il vero in modo un po' sbrigativo e superficiale) Caso e caos, di David Ruelle, professore emerito all'IHES di Bures-sur-Yvette, esperto di turbolenza e (co-)autore del termine attrattore strano (utilizzato nella teoria dei sistemi dinamici per caratterizzare gli attrattori provvisti di  una struttura frattale), uscito nella collana I Grandi Pensatori da Bollati Boringhieri. Partendo dalla nozione di probabilità, il libro ci conduce attraverso i tentativi operati dalla matematica per cercare di venire a patti con l'imprevedibile, lungo un percorso che dal determinismo classico ci conduce in modo turbolento verso i risultati di Poincaré & co. sulla dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali, per poi inoltrarsi nel discorso sugli attrattori e quindi sugli strumenti introdotti più di recente per lo studio dei comportamenti caotici. A seguire, troviamo alcune digressioni di carattere fisico (meccanica quantistica, meccanica statistica) ed economico. Nell'ultima parte del libro Ruelle si inoltra poi in alcuni aspetti della teoria dell'informazione, affrontando il tema della complessità algoritmica per rivelarci, infine, anche grazie all'aiuto di Kurt Gödel, qual è il vero significato del sesso.
Al di là degli aspetti prettamente tecnici, il libro si segnala anche per alcuni commenti polemico/sarcastici sulla matematica. Ad esempio, citando Kolmogorov Ruelle ci fa sapere che "il normale sviluppo psicologico di una persona ha termine nel momento esatto in cui sboccia il talento matematico" (come dargli torto?), oppure nota che "la scienza contemporanea internazionale tende a confondersi con la scienza americana". Risultano pure molto gustose le sue descrizioni dei seminari di ricerca, spesso frequentati più per dovere che per interesse (ne so qualcosa...) o dei diversi modi di riflettere su un problema di carattere scientifico.
Insomma un altro notevole esempio di divulgazione di alto livello, che val decisamente la pena di leggere, forse però un po' proibitivo per già non possiede qualche conoscenza dei temi trattati.


domenica 11 agosto 2013

Storie di idee

Già a partire dal titolo del suo ultimo libro (15 grandi idee matematiche che hanno cambiato la storia), Angelo Guerraggio mette in chiaro una cosa: la matematica non è costituita da definizioni, teoremi o formule, ma da idee. Grandi idee, piccole idee, colpi di genio che, abilmente intrecciati, costituiscono il formidabile tessuto di una disciplina che, più di ogni altra, ha influenzato il nostro modo di vivere (o, come recita il sottotitolo, ha cambiato la storia). Ed è appunto attraverso una scelta di idee che Guerraggio ci propone una "sua" storia della matematica, dal metodo deduttivo inaugurato da Euclide fino alla moderna teoria del caos, mescolando sapientemente progressi tecnici, cambiamenti di paradigma e vere e proprie  rivoluzioni filosofiche. La scelta degli argomenti è forse soggettiva, ma certamente rappresentativa dell'evoluzione della disciplina. Si parte, come detto, dalla matematica greca, con gli Elementi (opera che ha letteralmente soggiogato la matematica europea per quasi due millenni) e quindi dal metodo assiomatico, fortemente presente anche nella matematica del XIX/XX secolo. Si prosegue con il concetto di numero, dai conigli di Fibonacci all'algebra italiana del XVI secolo. Il terzo capitolo è dedicato alla rivoluzione galileiana, che ha posto le basi per la matematizzazione della fisica (e per l'avvento dei metodi analitici). Geometria analitica classica (Descartes, quindi) e prospettiva trovano il giusto spazio, seguite dal calcolo differenziale e integrale. L'ottavo capitolo riguarda uno dei miei argomenti preferiti, la teoria dei numeri e le sue applicazioni crittologiche (ivi compreso, ovviamente, l'RSA). Il nono ha invece un carattere più generale: il tema è la progressiva astrazione del discorso matematico, in particolare nel corso del XIX, dagli esordi dell'algebra "vera e propria" fino alle matrici, alle geometrie non euclidee e alla sistemazione del concetto di numero. Si passa poi ai primi tentativi di applicazione delle matematiche alle scienze economiche e sociali, con particolare attenzione al contributo di Vilfredo Pareto e alle riflessioni di Vito Volterra sui modelli matematici. L'undicesimo capitolo è dedicato ai bourbakisti, e quindi all'importanza sempre maggiore del concetto di struttura. Non poteva poi mancare Kurt Gödel, che con i suoi risultati sull'incompletezza fece accantonare definitivamente il sogno hilbertiano di catturare tutte le verità matematiche su base assiomatica. Sempre in ambito logico-matematico vi è poi un capitolo dedicato ad Alan Turing e all'avvento del computer. Gli ultimi due capitoli sono dedicati "al Caso e al Caos" (per citare un altro libro che ho letto di recente), cioè rispettivamente al calcolo delle probabilità e alla teoria, appunto, del caos.
Insomma, un ottimo esempio di divulgazione "alta", dedicata a chi ha qualche competenza matematica (per lo meno liceale), utile anche per situare storicamente personaggi e fatti, che mi sento di consigliare senza alcuna riserva.



mercoledì 24 luglio 2013

Cthulhu sull'ArXiv

[A dire il vero questo post era soltanto un abbozzo. Avevo iniziato a scriverlo mesi fa, ma evidentemente mi ero dimenticato di terminarlo. Lo pubblico comunque.]

Ho già parlato dell'ossessione (una fra le tante...) di Howard Phillips Lovecraft per le geometrie non euclidee. Esse fanno la loro comparsa anche in uno dei racconti più famosi del Solitario di Providence, The Call of Cthulhu (leggibile per intero qui), dove HPL introduce il più noto tra i componenti del suo inquietante pantheon. In particolare, nella terza parte del racconto, The Madness from the Sea, l'immaginario narratore fa esplicitamente uso dell'aggettivo non-Euclideo, parlando ad esempio di "un angolo acuto che si comporta come se fosse ottuso".
Gli aspetti matematici del racconto di Lovecraft hanno evidentemente stimolato la curiosità del fisico Benjamin Tippett, che nel breve saggio Possible Bubbles of Spacetime Curvature in the South Pacific finge di prendere sul serio la questione, esaminando le affermazioni del marinaio Gustaf Johansen con la lente del matematico. Il paper in questione è disponibile qui, archiviato tra i preprints dell'ArXiv.


martedì 23 luglio 2013

Tre corpi

Il problema dei tre corpi (o, più in generale, degli n corpi), cioè la descrizione del moto di tre (risp. n) oggetti sottoposti alle leggi della meccanica classica, rappresentò una delle più importanti sfide della matematica ottocentesca. Un impulso decisivo al suo studio venne dato dal premio indetto dal re di Svezia e di Norvegia Oscar II nel 1889 in occasione del suo sessantesimo compleanno, con la supervisione del matematico Gösta Mittag-Leffler. Com'è noto, Henri Poincaré si aggiudicò tale premio con una soluzione parziale, la cui prima versione conteneva però un errore decisivo (Poincaré dovette accollarsi la spesa della ristampa del numero di Acta Mathematica in cui venne pubblicato il suo contributo). L'errore di Poincaré mise in rilievo l'estrema dipendenza delle soluzioni dalle condizioni iniziali, inaugurando di fatto lo studio di quella che oggi è nota come "teoria del caos".
Il premio indetto dal re di Svezia fa da sfondo al mystery The Three Body Problem (titolo dall'evidente doppio senso) di Catherine Shaw, nom de plume della matematica inglese Leila Schneps, il primo di una tetralogia dedicata al personaggio di Vanessa Duncan, maestrina inglese con l'hobby dell'investigazione. Nel corso del romanzo, scritto in prima persona sotto forma di lettere alla sorella (dallo stile un po' troppo  stucchevole) l'autrice fa abilmente giostrare la protagonista all'interno della comunità matematica di fine '800, tratteggiando con cura la psicologia dei protagonisti, con riferimenti che evidenziano un'accurata ricerca storica (i giochini di Lewis Carroll e gli articoli di Oscar Wilde, la difesa dell'assiomatica Euclidea da parte di Arthur Cayley). Fra i personaggi con cui la Shaw fa interagire la sua eroina si segnalano in particolare re Oscar II e Mittag-Leffler, i cui interventi si rivelano decisivi nella soluzione del mistero. 
Insomma, una lettura gradevole, adatta al periodo estivo, anche se non sempre plausibilissima (in particolare per quanto riguarda le scorribande di Vanessa attraverso l'Europa e il ruolo da deus ex machina del re di Svezia).  Tra l'altro, a quanto ne so, dei libri della Shaw (forse un po' troppo "di nicchia") non esiste una traduzione italiana.




giovedì 4 luglio 2013

A proposito...

... di John Derbyshire: eccolo in un'interpretazione (non proprio entusiasmante) della prima strofa della canzone sull'ipotesi di Riemann composta da Tom Apostol, professore emerito al CalTech: 




Caliamo un velo pietoso?

 Il testo completo:
Where are the zeroes of zeta of s?
G.F.B. Riemann has made a good guess;
They're all on the critical line, saith he,
And their density's one over 2 p log t.

This statement of Riemann's has been like a trigger,
And many good men, with vim and with vigour,
Have attempted to find, with mathematical rigour,
What happens to zeta as mod t gets bigger.

The efforts of Landau and Bohr and Cramer,
Littlewood, Hardy and Titchmarsh are there,
In spite of their effort and skill and finesse,
In locating the zeros there's been little success.

In 1914 G.H. Hardy did find,
An infinite number do lay on the line,
His theorem, however, won't rule out the case,
There might be a zero at some other place.

Oh, where are the zeroes of zeta of s ?
We must know exactly, we cannot just guess.
In order to strengthen the prime number theorem,
The integral's contour must never go near 'em.

Let P be the function p minus Li,
The order of P is not known for x high,
If square root of x times log x we could show,
Then Riemann's conjecture would surely be so.

Related to this is another enigma,
Concerning the Lindelöf function mu sigma.
Which measures the growth in the critical strip,
On the number of zeros it gives us a grip.

But nobody knows how this function behaves,
Convexity tells us it can have no waves,
Lindelöf said that the shape of its graph,
Is constant when sigma is more than one-half.

There's a moral to draw from this sad tale of woe,
Which every young genius among you should know:
If you tackle a problem and seem to get stuck,
Use the Riemann Mapping Theorem and you'll have better luck.

mercoledì 3 luglio 2013

Letture...

Tre libri, letti negli ultimi mesi, giacciono da un po' sulla mia scrivania in attesa di trovare posto su qualche scaffale.

martedì 2 luglio 2013

Frazioni continue e calendari

Gli ultimi tre post mi hanno ricordato un paper letto anni fa, attorno al quale avevo costruito alcune lezioni nell'ambito di un corso opzionale denominato "Applicazioni della Matematica". Si tratta di Modern calendar and continued fractions, di Yury Grabovsky, professore associato alla Temple University, un interessante studio del calendario gregoriano effettuato con l'aiuto delle frazioni continue.
L'antefatto è abbastanza noto: nel 1582 papa Gregorio XIII impose nei paesi cattolici l'adozione di una versione rivista del cosiddetto calendario giuliano (in vigore dal 46 a.C.), che diminuiva da 100 a 97 il numero di anni bisestili in quattro secoli (rendendo "comuni" gli anni multipli di 100 ma non di 400). Ciò ridusse la durata media dell'anno da 365,25 a 365,2425 giorni, avvicinandola al valore effettivo di 365,24219878. Tra l'altro, l'adozione in tempi diversi del "nuovo" calendario è all'origine dell'apparente coincidenza tra le date di morte di William Shakespeare e Miguel de Cervantes (23 aprile 1616; il 23 aprile è la data scelta dall'UNESCO per la Giornata mondiale del libro).
Seguendo Grabovsky, esaminiamo ora il "problema del calendario" con l'aiuto delle frazioni continue. Supponiamo innanzitutto di voler approssimare la durata dell'anno solare inserendo $b$ anni bisestili nel corso di $c$ secoli: la durata media dell'anno solare sarà pari, in giorni, a $$ \frac{365 \cdot 100c+b}{100c}=365+\frac{b}{100c}\; ; $$ di conseguenza dovrà valere $$ 365+\frac{b}{100c} \cong 365,24219878 $$ e quindi $$ \frac{b}{c} \cong 24, 219878 \; . $$ Il problema si riduce quindi alla ricerca di un'approssimazione (razionale) accurata del numero  24,219878. Le frazioni continue si rivelano particolarmente adatte allo scopo: se vale $$ \alpha= a_0+\frac{1}{a_1+\frac{1}{a_2+\frac{1}{a_3+\ldots}}}= \underbrace{[a_0;a_1,a_2,a_3,\ldots]}_{\text{notazione}} $$ allora, rappresentando con $$ \frac{h_n}{k_n}=[a_0;a_1,a_2,\ldots,a_n]=  a_0+\frac{1}{a_1+\frac{1}{a_2+\frac{1}{\ddots+\frac{1}{a_n}}}} $$ il cosiddetto $n$-esimo convergente si ha $$ \lim_{n\to\infty}\frac{h_n}{k_n}=\alpha $$ (in altre parole: la successione dei convergenti rappresenta approssimazioni sempre più accurate del numero $\alpha$) e se $\frac{a}{b}$ rappresenta una frazione ridotta ai minimi termini vale $$ \left| \alpha -\frac{a}{b} \right| < \left| \alpha -  \frac{h_n}{k_n} \right| \quad\Longrightarrow\quad b > k_n $$ (in altre parole: l'$n$-esimo convergente è più vicino ad $\alpha$ di qualsiasi frazione con denominatore minore di $k_n$, vale a dire che l'approssimazione $\frac{h_n}{k_n}$ è ottimale). Con $\alpha=24, 219878$ si ottiene (con una tecnica ispirata dall'algoritmo euclideo per la divisione) $$ 24, 219878 = 24+\frac{1}{4+\frac{1}{1+\frac{1}{1+\frac{1}{4+\ldots}}}}= [24;4,1,1,4,\ldots] $$ e quindi i convergenti $$ \frac{h_1}{k_1}=24+\frac{1}{4}=\frac{97}{4} \;,\;  \frac{h_2}{k_2}=24+\frac{1}{4+\frac{1}{1}}=\frac{121}{5} \;,\;   \frac{h_3}{k_3}=\frac{993}{41} \; , \ldots $$ Il primo dei convergenti rappresenta proprio il calendario gregoriano: un ciclo di 4 secoli con 97 anni bisestili. Curiosamente, al team di esperti messi in campo da papa Gregorio era sfuggito (forse a causa dell'imprecisione dei dati astronomici) un semplice modo per rendere ancora più preciso il calendario: un ciclo di 5 secoli con 121 anni bisestili, realizzabile ad esempio eliminando dal calendario giuliano gli anni bisestili multipli di 100 ma non di 500.

sabato 8 giugno 2013

Doomsday+2


È del 2011 un'ulteriore "semplificazione" della formula $$y=\left(x+\left\lfloor\frac{x}{4}\right\rfloor\right)\bmod7$$ ad opera di Chamberlain Fong e Michael K. Walters (vedi qui e, soprattutto, qui). Si tratta di $$y=-\left(\frac{x+11\cdot (x\,{\rm mod}\,2)}{2}+11\cdot\left(\frac{x+11\cdot(x\,{\rm mod}\,2)}{2}{\rm mod}\,2\right)\right){\rm mod}\,7\;.$$
Cos'è 'sta roba? Vi chiederete.



Beh, a dispetto della sua apparente imperscrutabilità, questa versione offre alcuni vantaggi: essa permette di calcolare il valore dello spostamento $y$ con una semplice sequenza di passi che richiedono operazioni aritmetiche molto semplici. Vediamone una parafrasi dettagliata:
  • se $x$ è pari, dividi per due; se è dispari, aggiungi 11 e dividi per due;
  • se il risultato ottenuto è pari lascialo invariato, se è dispari aggiungi 11;
  • calcola il resto della divisione per 7;
  • sottrai da 7 quanto ottenuto.

Ad esempio (cfr. con i precedenti post), con $x=71$ iniziamo aggiungendo 11 e dividendo per 2, ottenendo 41, dispari. Aggiungiamo nuovamente 11, ottenendo 52; il resto di 52:7 è 3; sottraiamo 3 da 7, ottenendo 4. Analogamente, da $x=7$ otteniamo 18, dividiamo per 2 ottenendo 9, aggiungiamo 11, il resto di 20:7 è 6, che sottratto da 7 dà 1. Facile, no?

venerdì 7 giugno 2013

Doomsday+1


Apparentemente, dividere per quattro o per sette un numero di taglia moderata non è un'operazione del tutto agevole. Per questo motivo, nel 1973 Conway propose di rimpiazzare la formula$$ y=\left( x + \left\lfloor \frac{x}{4} \right\rfloor \right) \bmod 7 $$ con l'equivalente$$ y=\left( \left\lfloor \frac{x}{12} \right\rfloor + x \bmod 12 + \left\lfloor \frac{x \bmod 12}{4} \right\rfloor \right) \bmod 7 \quad,$$ che richiede la manipolazione di numeri più piccoli. In effetti, i primi due termini della somma sono quoziente e resto della divisione euclidea $x:12$, e il terzo si ricava facilmente dal secondo. Ad esempio (cfr. con il post di ieri), per $x=71=5\cdot12+11$ occorre calcolare $$ \left(5+11+\left\lfloor\frac{11}{4}\right\rfloor\right) \bmod 7 = \underbrace{\left(5+11+2\right) \bmod 7}_{18\,{\rm mod}\,7} =4 $$ e per $x=7=0\cdot12+7$ $$\left(0+7+\left\lfloor\frac{7}{4}\right\rfloor\right) \bmod 7 = \underbrace{(0+7+1)\bmod 7 }_{8\,{\rm mod}\,7}= 1 \;. $$ 

giovedì 6 giugno 2013

Oggi è doomsday


(essenzialmente, un altro post ispirato dal geniale John Conway).

L'altra sera, commentando le performances di un astro nascente del mentalismo (nonché mio ex-allievo), il discorso è caduto sulla sua capacità di azzeccare quasi istantaneamente il giorno della settimana relativo ad una qualsiasi data. In effetti, la facoltà potrebbe sembrare quasi paranormale (e magari un po' lo è, vista la sua velocità nell'eseguire i calcoli, anche se forse il suo metodo si basa su una serie di date memorizzate in precenza), ma in realtà l'esercizio è alla portata di chiunque abbia un minimo di scioltezza nel calcolo mentale.
Il procedimento descritto da Conway negli anni '70 (ma ispirato da altri autori, ad esempio Lewis Carroll) si basa sull'osservazione che alcune date facili da memorizzare (l'ultimo giorno di febbraio, la sequenza 4.4/6.6/8.8/10.10/12.12, le coppie 5.9/9.5 e 7.11/11.7, il 3 gennaio negli anni comuni e il 4 gennaio nei bisestili) cadono sempre nello stesso giorno della settimana. Identificato tale giorno, che Conway battezza con il pittoresco nome di doomsday, non è quindi difficile situare nella settimana una data qualsiasi. Ad esempio, dal momento che il doomsday per l'anno 1971 cade di domenica (vedremo poi perché), procedendo a ritroso dall'8 agosto è facile affermare che il sottoscritto nacque di lunedì (2 agosto).
Il problema si riduce quindi alla determinazione del doomsday per un dato anno; osservando che le date corrispondenti avanzano di un giorno all'interno della settimana ogni anno comune (perché $365=52 \cdot 7+1$) e di due giorni ogni anno bisestile (perché $366=52 \cdot 7+2$) non è difficile convincersi del fatto che la formula
$$ y=\left( x + \left\lfloor \frac{x}{4} \right\rfloor \right) \bmod 7 $$ (dove $\lfloor n \rfloor$ è la parte intera di $n$, cioè la sua approssimazione per difetto, e $n \bmod 7$ è il resto della divisione $n:7$) rappresenta lo spostamento dei doomsdays all'interno della settimana dopo che sono trascorsi $x$ anni. Aggiungendo tale spostamento al doomsday del primo anno del secolo (che Conway chiama anchor day), con $x$ pari al numero di anni trascorsi all'interno del secolo è poi facile ricavare il doomsday per l'anno $x$. Ad esempio, per l'anno 1971 poniamo $x=71$ e calcoliamo $$ \left( 71 + \left\lfloor \frac{71}{4} \right\rfloor \right) \bmod 7 = \left( 71 + 17 \right) \bmod 7 = 88 \bmod 7 = 4 \;. $$ Per il XX secolo (1900-1999) l'anchor day è mercoledì; pertanto il doomsday 1971 cade di "mercoledì più quattro", cioè di domenica. Gli anchor days sono facilmente memorizzabili, ripetendosi ogni quattro secoli (dal momento che il calendario gregoriano ha un ciclo di 400 anni): partendo dal 1900, sono mercoledì-martedì-domenica-venerdì (in breve MeMaDoVe).
Calcoliamo, a mo' di esempio conclusivo, il giorno di nascita di un certo Leonhard Euler (15 aprile 1707): la parte intera di 7:4 è 1, aggiungendolo a 7 otteniamo 8, che diviso per 7 dà resto 1; l'anchor day per il '700 è domenica (MeMaDoVe partendo dal '500), quindi il doomsday 1707 cade di lunedì; il 4 aprile (4.4) è un doomsday, aggiungendo 11=7+4 giorni possiamo quindi affermare che Eulero nacque di venerdì.

mercoledì 1 maggio 2013

1, 11, 21,1211,111221,...

... cioè: "uno", "una volta uno", "due volte uno", "una volta due una volta uno"e così via. Probabilmente un po' tutti noi insegnanti di matematica ci siamo visti sottoporre questa bizzarra sequenza di numeri (nota come look-and-say,  numero A005150 dell'OEIS) da qualche intraprendente alunno e probabilmente un po' tutti, dopo aver capito il meccanismo che la genera, l'abbiamo archiviata come una mera curiosità poco matematica. Ma non (come ho appreso leggendo The Irrationals) quel mattacchione di John Horton Conway, che nel saggio The Weird and Wonderful Chemistry of Audioactive Decay prende tale successione terribilmente sul serio, associandole addirittura un enunciato che battezza con il nome altisonante di Teorema Cosmologico. Si tratta in effetti di un risultato piuttosto imprevedibile, che solo una mente non convenzionale come quella del grande matematico inglese avrebbe potuto partorire: essenzialmente, qualunque sia la scelta iniziale delle cifra (non soltanto "1", quindi, ma anche ad esempio "123", che si trasforma in "111213", "31121113" ecc.), a un certo punto (dopo meno di 30 passaggi) il procedimento "look-and-say" (che Conway chiama decadimento audioattivo) finisce per produrre immancabilmente ed esclusivamente allineamenti di sequenze "atomiche" che non interagiscono più con le sequenze vicine, classificate in 92 "elementi comuni" e due "transuranici".
Ma c'è di più: Conway si occupa anche del tasso di crescita delle sue successioni, mostrando che il limite $$ \lim_{n\to\infty}\frac{L_{n+1}}{L_n} $$ del rapporto tra la lunghezza di due termini consecutivi è pari ad una costante algebrica $\lambda \cong 1.303577269$ di grado 71, di cui è in grado di fornire esplicitamente il polinomio minimo:
Weird, nevvero?
L'articolo originale di Conway, piuttosto stringato, fu pubblicato inizialmente su Eureka, magazine dell'Università di Cambridge, e non è di facile reperibilità in rete (anche se da qualche parte lo si trova...). Pare che la dimostrazione originale del Teorema Cosmologico sia andata persa, ma ne esistono di più recenti, ad esempio quella annunciata qui sull'ArXiv. A questo indirizzo è inoltre visionabile una lezione sul decadimento audioattivo.
Il decadimento audioattivo non è l'unica stramberia architettata da quel geniaccio di Conway. A lui si devono anche, in ordine sparso, il gioco della vita, l'algoritmo Doomsday, il FRACTRAN e i numeri surreali. E vale certamente la pena di dare un'occhiata al Book of Numbers, da lui scritto a quattro mani con un altro celebre matematico, Richard K. Guy.

domenica 28 aprile 2013

Non contateci

Fra i corsi che ho frequentato da studente al politecnico, ricordo con particolare nostalgia Elementare Zahlentheorie, condotto con passione e competenza da Peter Turnheer (corso che, con un altro nome, viene ancora offerto). Del corso apprezzai da un lato l'estrema pulizia e sinteticità (al limite dell'impersonale, forse), dall'altro soprattutto i contenuti: l'idea che dietro l'apparentemente banale concetto di numero vi sia una struttura così ricca e intrigante, e che per dimostrare affermazioni apparentemente così ordinarie occorra compiere escursioni in campi tanto disparati della matematica mi affascinò al punto tale da condizionare la mia scelta dapprima del Diplomarbeit (quello che oggi, dopo la discutibile adozione del "Modello di Bologna", viene chiamato Master), e in seguito pure del campo in cui svolgere il dottorato (anche se poi le mie ricerche mi condussero su altre piste).
Ho rivissuto alcune delle sensazioni provate durante le lezioni di Turnheer (e mentre mi preparavo per l'esame, che ebbe un andamento quasi surreale, visto che conoscevo i contenuti del corso praticamente a memoria fin nei dettagli) leggendo The Irrationals, un perfetto esempio di divulgazione di alto livello (destinata cioè ad un pubblico esperto). L'autore, Julian Havil, ha già dimostrato in altre occasioni la sua maestria in operazioni di questo tipo (si pensi ad esempio a Gamma, vedi qui), e anche in questo caso non delude. Il libro rappresenta un appassionante viaggio attraverso le tecniche che la matematica ha messo in campo per studiare l'irrazionalità, dalla "discesa infinita" all'interno del pentagono alle sofisticatissime stime utilizzate da Roger Apéry negli anni '70 del XX secolo, senza dimenticare le frazioni continue e la scoperta dei numeri trascendenti, forse i più affascinanti tra gli irrazionali. Havil non ci risparmia nemmeno i particolari scabrosi delle dimostrazioni (almeno fino a un certo punto), che spesso ne costituiscono il nocciolo (e che ai più potrebbero apparire come catene di stime senza alcuno scopo apparente: in effetti difficilmente il profano potrà apprezzare appieno l'immane sforzo intellettuale profuso da Apéry per dimostrare l'irrazionalità di un solo particolare valore della funzione zeta!).
Insomma, si tratta di un libro che mi sento di consigliare senza riserve al matematico, ma che per un pubblico meno smaliziato potrebbe risultare un osso veramente troppo duro.

domenica 31 marzo 2013

Cédorak go!

Come vive un matematico "al fronte"? Come nasce un risultato "da medaglia Fields"? E quali emozioni si provano nel vincerla? A queste domande cerca di rispondere Cédric Villani nel suo Théorème vivant (di recente uscita anche in Italia, da Rizzoli). Con uno stile sincopato e informale, quasi da "blog cartaceo", la giovane étoile della matematica transalpina ci conduce attraverso i momenti salienti della sua ascesa definitiva all'olimpo della matematica, culminata con il trionfo all'ICM 2010 di Hyderabad, tra frustrazioni e momenti esaltanti, vita famigliare, musica, manga e anime, viaggi attorno al mondo ed incontri con personaggi straordinari (uno su tutti: John Nash), inframmezzati da accenni molto tecnici ai progressi sullo smorzamento di Landau non-lineare compiuti dall'autore con il suo collaboratore e allievo Clément Mouhot. Non si tratta, comunque, di un libro di divulgazione: la matematica descritta è talmente specializzata da risultare indigesta tanto al profano quanto al matematico "generalista", o almeno non così vicino al campo delle derivate parziali (come il sottoscritto, ex "onesto lavoratore" della geometria algebrica). Consigliato, quindi, a chi voglia gettare uno sguardo "dietro le quinte" della matematica contemporanea.



sabato 30 marzo 2013

I'm back (?)

Tre mesi di... pausa? Sciopero? Mancanza d'ispirazione? Boh? So soltanto che, dal punto di vista lavorativo, sono stati tre mesi di fuoco... Buona Pasqua e a presto (prestissimo?): cose da scrivere ne avrei...