Tre libri, letti negli ultimi mesi, giacciono da un po' sulla mia scrivania in attesa di trovare posto su qualche scaffale.
- Vito Volterra, di Angelo Guerraggio e Giovanni Paoloni, è una biografia del celebre matematico anconetano, che ne mette in rilievo i contributi sia matematici (in particolare all'analisi funzionale e alle applicazioni nel campo biologico, di cui è uno dei pionieri) che politiche (fondazione del CNR, opposizione al regime fascista, che lo emarginò a causa delle origini ebraiche). Da leggere, anche per immergersi in uno dei periodi storici più interessanti e fecondi per la matematica (ma anche per rendersi conto, semmai ce ne fosse bisogno, degli effetti nefasti dei regimi totalitari sulla ricerca scientifica).
- Unknown Quantity, di John Derbyshire, è un'interessante e coinvolgente storia dell'algebra, dalle tavolette scritte in caratteri cuneiformi in epoca mesopotamica alla geometria algebrica di Grotendieck e Atiyah, passando per alcune tappe obbligate (tipo Diofanto, al-Khwarizmi, Fibonacci, Cardano & co., Viète, Descartes, Newton, Ruffini, Abel, Galois, Hamilton, Grassmann, Cayley, Hilbert, Emmy Noether, per citarne solo alcune). I "Math Primers" che inframmezzano il testo dovrebbero permettere anche al non-matematico di seguire il discorso con cognizione di causa (o quasi).
- Everything and More: A compact History of Infinity, del compianto David Foster Wallace (l'autore di Infinite Jest) è una dotta digressione attraverso la storia dei tentativi operati dalla matematica per venire a patti con il concetto di infinito, dal periodo ellenico fino al ventesimo secolo. Il libro, scritto con uno stile del tutto personale, affronta il problema dell'infinito dal punto di vista storico, filosofico e matematico, approfondendo quanto basta i dettagli tecnici (ad un livello forse proibitivo per il lettore occasionale), soffermandosi in particolare sui contributi di Georg Cantor. Una lettura impegnativa ma senz'altro appagante.
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