mercoledì 6 gennaio 2021

Addiator

 


Qualche giorno fa, mentre mi aggiravo all'interno del mercatino Caritas di Giubiasco, l'occhio mi è caduto su uno strano aggeggio color ottone che faceva capolino da una vetrinetta, seminascosto tra pezzi sparsi di argenteria e di bigiotteria, il cui aspetto faceva pensare ad un obsoleto strumento di calcolo. Dopo averci dato un'occhiata, da acquistatore compulsivo quale sono, non ho potuto fare a meno di impossessarmene. Si trattava di un Addiator, cioè di un semplice aritmografo, uno strumento meccanico che permette di eseguire somme (da un lato) e sottrazioni (dall'altro), con un sistema ingegnosamente semplice di cremagliere che permette una gestione semi-automatica dei riporti. Prodotto per oltre un secolo dalla Addiator-Gesellschaft di Berlino, la sua economicita ne decretò un ampio successo di vendita, fino all'avvento delle moderne calcolatrici elettroniche.

martedì 5 gennaio 2021

Altre letture...

Ultimamente ho letto parecchio. E parecchio di ciò che ho letto aveva più o meno a che fare con la matematica. Ecco i libri numero 50, 55, 57, 58, 60, 61 e 64 di questo 2020 da dimenticare:


Pitagora, il padre di tutti i teoremi, di Umberto Bottazzini. Con la competenza e l'ironia che lo contraddistinguono, Bottazzini ci conduce attraverso un breve viaggio nel mondo del Teorema per antonomasia. Un libro breve e veloce, in linea con le altre uscite della collana Formule dell'editrice Il Mulino. Consigliato, ma chi vuole saperne (ancora) di più può anche dare un'occhiata a questo.

Archimede, il matematico che conquistò Roma, di Francesco Grasso. Il due volte vincitore del Premio Urania Francesco Grasso, noto anche per i suoi romanzi storici, imbastisce una trama credibile sugli ultimi mesi di vita del Genio Siracusano, narrati da un suo fedele servitore e collaboratore, intrecciando con mestiere vicende umane e politiche sullo sfondo della seconda guerra punica (quella degli elefanti di Annibale). Non essenziale, ma si può leggere.

Processo al Pi Greco, di Matt Parker. Jet regalati con punti premio, per finta ma senza calcolarne davvero il valore, catastrofi causate da progetti modificati senza rifare i calcoli, apparecchi radioterapici che diventano letali per un banale errore di programmazione, aerei che partono con il serbatoio mezzo vuoto per una confusione tra libbre e chilogrammi. Il libro di Parker è un vero e proprio campionario di errori (e orrori) imputabili alla dabbenaggine e alla superficialità umana. Decisamente illuminante.

1+1 non fa (sempre) 2, di John D. Barrow. L'ultimo (sì, purtroppo davvero l'ultimo) libro di Barrow, uscito in anteprima mondiale nella collana Intersezioni, rappresenta un breve viaggio nel mondo dei numeri. Partendo dai modi in cui possiamo definirli e rappresentarli, l'autore ci presenta poi, in modo sommario ma convincente,  quattro argomenti tutt'altro che scontati in un libro di divulgazione: la dimostrazione che 1+1 fa davvero 2 (sì, davvero: è tosta, tant'è vero che nei Principia Mathematica è preceduta da centinaia di pagine di fittissima teoria), l'aritmetica transfinita, l'incompletezza e la legge di Benford. Per terminare in modo più filosofico, con un capitolo dedicato a quella che è, a parere dell'autore, l'essenza stessa della matematica.   

La funzione del mondo, di Alessandro Bilotta (testi) e Dario Grillotti (disegni). Anche non conoscendone a fondo le opere ci sono tre cose che ricordo di Vito Volterra: come matematico, è stato uno dei fondatori dell'analisi funzionale e un pioniere nell'applicazione della matematica alle scienze biologiche, e come personaggio pubblico fu tra i pochissimi accademici (12 su 1250) a rifiutarsi di giurare fedeltà al regime fascista. La graphic novel (perché pare che dire il fumetto sia riduttivo) di Bilotta (pluripremiato fumettista italiano, tra gli autori di punta di casa Bonelli) e Grillotti (il cui tratto evocativo ben si adatta a un'opera di questo tipo), da leggere magari come antipasto al libro di Guerraggio e Paoloni, ci presenta una breve biografia del grande uomo di scienza, documentata, delicata e rispettosa, che si spera possa riportare all'attenzione del grande pubblico una figura forse colpevolmente un po' dimenticata.

L'incantatrice dei numeri, di Jennifer Chiaverini. Augusta Ada King, contessa di Lovelace, nata Byron, rappresenta certamente una delle figure più affascinanti della storia della scienza, e la sua vita merita senz'altro di essere raccontata più volte. Ma non sono sicuro che un romanzetto come questo le renda veramente giustizia. Scritto in prima persona, come una sorta di autobiografia, il libro è certamente ben documentato, ma deboluccio per quanto riguarda gli aspetti scientifici, e forse per questo mi ha lasciato abbastanza insoddisfatto. Ma descrive piuttosto bene l'ambiente in cui si mosse Ada, e l'influenza sulla sua attività scientifica di alcune figure fondamentali della scienza del XIX secolo, come Charles Babbage (ovviamente) e la "regina delle scienze" Mary Somerville.
Purtroppo la prematura scomparsa di Ada Lovelace non le permise di portare a compimento il suo percorso scientifico. Anche il suo vero contributo allo sviluppo delle idee di Babbage sulla macchina analitica è abbastanza controverso; ad ogni modo, la sua traduzione annotata dell'articolo di Luigi Menabrea viene considerata fondamentale; in particolare, la nota G, sul calcolo dei numeri di Bernoulli contiene quello che molti considerano il primo programma informatico (di attribuzione incerta: Babbage o Lovelace?) 
Online si trova moltissimo sulla Lovelace, anche se la sua produzione originale si limitò alla già citata traduzione annotata. Il testo originale di Menabrea può essere scaricato qui, in francese o in italiano, e qui si può leggere la versione della Lovelace, che culmina con la semi-mitica Nota G

L'ordine del tempo, di Carlo Rovelli. Cos'è il tempo? Qualcosa che fluisce lentamente, inesorabilmente, continuamente, allo stesso modo ovunque o per chiunque? O qualcosa di locale, soggettivo, confrontabile solo per eventi ravvicinati? Quali fenomeni fisici ne evidenziano il trascorrere, distinguendo il passato dal futuro? Ha senso parlare di "simultaneità" a grandi distanze? Sono questioni profonde, anche dal punto di vista filosofico, alle quali la scienza non ha ancora dato risposte definitive, se mai potrà darle.
Ce ne parla Carlo Rovelli, con il suo consueto stile sempre in equilibrio tra rigore, divulgazione e filosofia, in un libro che mi sento di consigliare senza riserve. 


martedì 29 dicembre 2020

Metaraga

Un sistema che "utilizza metodi e idee di Grothendieck per fondere gli apparentemente disparati apparati concettuali della musica orientale e occidentale utilizzando le progressioni microtonali del blues e del jazz americano, assieme ad un campionario di nuove tecniche per superarne le divisioni". Questa è la descrizione che il matematico e musicista Purnaprajna Bangere dà (qui) del suo approccio alla musica.

Certo, la mia prima reazione è stata "ma che cosa si è fumato questo?". Ma Bangere può vantare credenziali di tutto rispetto: come musicista, ha studiato presso un vero e proprio guru della musica indiana, e come ricercatore ha al suo attivo un buon numero di pubblicazioni in uno degli ambiti più astratti e tecnicamente impegnativi dell'intera matematica (parlo per esperienza diretta...). Anche se come insegnante non riscuote consensi proprio unanimi...

Il primo album realizzato da Bangere assieme al suo Purna Loka Ensemble prende il titolo proprio dal suo approccio musicale. Devo dire di averlo trovato interessante. Forse non semplicissimo, ma di certo degno di nota. Eccone un estratto; l'emblematico titolo (in italiano, sizigia) è un bizzarro termine utilizzato nell'ambito dell'algebra dei moduli, dove identifica un particolare tipo di relazione lineare, che Arthur Cayley prese in prestito dal gergo dell'astronomia.

lunedì 28 dicembre 2020

A proposito...

 ... di problemini che conducono lontano, qualche settimana fa, con il solo scopo di ripassare qualche teoremino di geometria elementare, ho dato ad una classe del primo anno il compito di rappresentare qualche numero reale sulla retta numerica. In particolare, alcune radici quadrate intere possono essere agevolmente disegnate scrivendo il radicando come somma di due quadrati. Ad esempio, dato che $13=3^2+2^2$, per disegnare $\sqrt{13}$ si può procedere così:


Potremmo legittimamente chiederci per quali numeri naturali sia possibile fare lo stesso; cioè, in altre parole, come sono caratterizzate le somme di due quadrati?

Il criterio è abbastanza noto; citando dal Capitolo 4 della traduzione italiana di Proofs from the Book (ricordando innanzitutto che tutti i numeri primi, tranne il $2$, hanno la forma $4m+1$ o $4m+3$), "un numero naturale $n$ può essere rappresentato come somma di due quadrati se e solo se ogni fattore primo della forma $p=4m+3$ appare con un esponente pari nella decomposizione in primi di $n$".

In particolare, ciò si verifica se tutti i fattori primi di $n$ hanno la forma $4m+1$, e quindi, ovviamente, per tutti i numeri primi della forma $p=4m+1$. Questo criterio "ridotto" compare (non per la prima volta) in una lettera di Pierre de Fermat a padre Marin Mersenne datata 25 dicembre 1640 (e viene a volte citato come teorema di Natale di Fermat - noto ora che qualche giorno fa ne ha parlato pure il caro ex-collega Francesco de Maria nel suo blog Ticinolive). Si tratta di uno di quei risultati che ammettono una miriade di dimostrazioni; la più stuzzicante, forse, la dobbiamo a quel geniaccio di Don Zagier, ed è essenzialmente tutta qui:


Già, una sola frase. Certo, come dice Zagier (il paper completo, tratto dalla rivista The Teaching of Mathematics, è qui), la verifica delle affermazioni implicite (che $S$ è finito e che l'applicazione è un'involuzione) è lasciata al lettore, ma la dimostrazione si lascia seguire facilmente: se l'involuzione descritta ha esattamente un punto fisso, allora la cardinalità di $S$ è dispari, e di conseguenza ogni involuzione su $S$ avrà forzatamente un punto fisso; ciò è vero in particolare per quella che scambia $y$ e $z$ in $(x,y,z)$; $S$ possiede quindi un elemento della forma $(x,y,y)$, per cui vale $$x^2+4y^2=x^2+(2y)^2=p \;\;.$$ Ciò dimostra l'esistenza di una scomposizione di $p$ come somma di quadrati; si tratta di un bell'esempio di dimostrazione non-costruttiva.

La dimostrazione di Zagier è una versione più raffinata di quella data qui da Roger Heath-Brown, sviscerata da Aigner e Ziegler nel già citato Proofs from the Book, dove il criterio di Fermat viene poi generalizzato nel senso descritto sopra a numeri naturali qualsiasi.

venerdì 4 dicembre 2020

Non proprio per tredicenni...

Su YT si fanno costantemente scoperte interessanti. Ad esempio, del tutto per caso mi sono imbattuto in questa sfida per tredicenni:


La risoluzione (che trovate qui) richiede di saper risolvere una semplice equazione quadratica. OK, sì, lo sapevano fare anche i babilonesi, quattro millenni fa, ma forse non a tredici anni. Per quanto riguarda i miei alunni quindicenni, diciamo che la sfida sarà alla loro portata fra qualche settimana (e non esiterò a infliggerla loro). 

Ma ora arriva la parte intrigante: dal momento che la soluzione $1+\sqrt{85}$ non è poi così elegante, ho provato a riformulare il problema, nel tentativo, magari, di costruire un esempio in cui l'altezza fosse intera. 

Ho quindi denominato $a$ l’altezza del recipiente conico, e $b$, $c$ le altezze dei coni rappresentanti la parte inizialmente riempita di liquido e la parte svuotata dopo il capovolgimento.


 

Già, si ottiene proprio la relazione

$$a^3 = b^3 + c^3 \quad,$$

e quindi, a garantirci che non c'è nessuna chance di trovare un risultato "bello" sono nientepopodimeno che Pierre de Fermat e Andrew Wiles: si tratta del caso $n=3$ del celeberrimo Ultimo Teorema di Fermat (anche se la dimostrazione del caso particolare che ci concerne, risolto da Eulero, non necessita del Teorema di Shimura-Taniyama-Weil, ma solo della tecnica nota come discesa infinita).

Notevole, come un problemino geometrico possa condurci così lontano...