Ci risiamo. Dopo mesi interminabili di dibattiti fiacchi, caratterizzati più dai toni che dai contenuti (il vuoto pneumatico), domenica si chiuderanno le urne per le elezioni del Consiglio di Stato (l'esecutivo cantonale, 5 seggi) e del Gran consiglio (il legislativo, 90 poltrone). Si tratta delle prime elezioni dall'introduzione della Civica come disciplina a sé stante nelle scuole cantonali, e mi sono chiesto in che modo anche un docente di matematica potrebbe dare il suo contributo in questo senso, magari in modo non banale. Ad esempio, ho l'impressione (o la certezza) che la maggior parte degli elettori (anche tra i più accaniti difensori di tutte le possibili prerogative cantonticinesi) sia del tutto all'oscuro dei meccanismi che, alla chiusura delle urne, determinano la distribuzione finale dei seggi. Per prepararmi adeguatamente, ho pure letto un libro che stazionava da mesi sulla mia wish list di Amazon, La matematica della democrazia, del matematico e collaboratore della NZZ George Szpiro.
Per quanto riguarda il Consiglio di stato, viene impiegato il cosiddetto metodo Hagenbach-Bischoff (proposto dal matematico e fisico Eduard Hagenbach-Bischoff), un algoritmo che traduce in pratica il metodo D'Hondt, in accordo con i principi della "formula Cattori" votata dai ticinesi nel 1922:
chi non ha la maggioranza del popolo non può averla in Consiglio di Stato. Esso è codificato nella legge elettorale nel modo seguente:
Art. 80 1. Per l’elezione del Consiglio di Stato la ripartizione dei seggi fra i gruppi si effettua in base al quoziente risultante dalla divisione della somma dei voti validi ottenuti dai singoli gruppi per il numero dei seggi da assegnare aumentati di uno.
2. Ad ogni gruppo sono assegnati tanti seggi quante volte il quoziente è contenuto nel totale dei suoi voti.
3. I seggi restanti sono ripartiti dividendo il numero dei voti ottenuti da ogni gruppo per quello dei seggi già assegnatigli aumentato di uno, ritenuto:
a) che al gruppo che ottiene il maggior quoziente è assegnato un ulteriore seggio;
b) che l’operazione va ripetuta fino alla ripartizione di tutti i seggi.
4. In caso di parità delle frazioni, la precedenza è data al gruppo maggiore; se i gruppi con pari frazioni hanno anche pari voti, decide la sorte.
In realtà, i passaggi
1. e
2. sono ininfluenti ai fini della distribuzione dei seggi; rappresentano una scorciatoia che evita di dover ripetere la procedura
3. per cinque volte (dividendo per 6 si "filtrano" quei seggi che sarebbero inevitabilmente assegnati anche dopo il quoziente con il divisore più alto). Il metodo, tutt'altro che originale (più che a Hagenbach-Bischoff e D'Hondt, l'idea risale a
Thomas Jefferson), può apparire cervellotico, ma garantisce una ripartizione piuttosto equa dei seggi, facendo in modo che ad ogni passo i candidati scelti abbiano dietro di sé il maggior numero di elettori possibili.
Tornando alle nostre elezioni, quelle imminenti si profilano apparentemente come le più "tirate" da un po' di tempo a questa parte. Ma io non ci credo. Non cambierà nulla (e non si tratta forzatamente di un male), come d'altronde sembrano indicare tutti i sondaggi. Come si suol dire da queste parti, avremo un governo-fotocopia. Consoliderà la sua posizione il fronte populista, che blinda i due seggi dopo essersi assicurato l'appoggio del fronte-ancora-più-populista, confermando quanto sia vincente la tattica bifronte di stare contemporaneamente in governo e all'opposizione, da un lato con due ministri incravattati a garantire una patina di rispettabilità, e dall'altro vomitando insulti di bassa Lega dalle colonne di un domenicale ad amplissima diffusione, dai toni che vanno ben oltre la tollerabile ironia, debordando in un'insopportabile volgarità. E del suo pendant online, comunque più pacato, da cui, incomprensibilmente, si affacciano con coerenza cristallina anche candidati di altri schieramenti.
Il seggio teoricamente più a rischio è quello della sinistra. Ma qui, forse, gioverà l'assist involontario dell'eminenza grigia dei populisti, che si è spinto a sbeffeggiare l'attuale ministro socialista per la sua cecità (!!!), e le cui scuse non sono state certo accettate da tutti. Dovrà quindi mettersi il cuore in pace l'ex "partitone" che, nonostante il rinnovato interesse (strumentale?) per le questioni scolastiche, non riuscirà nemmeno stavolta a riacciuffare il secondo seggio. Ma magari mi sbaglio, e fra qualche settimana la scuola verrà nuovamente amministrata da un membro del partito che più ha legato le sue sorti ad essa, a partire dal padre della popolare educazione. Vedremo con che risultati.