martedì 26 marzo 2019

La musica è finita?

Vi sarà già capitato: ascoltate un brano, magari appena uscito, e improvvisamente un passaggio vi suona familiare. L'ultima volta mi è successo con il brano sanremese di Arisa, il cui ritornello non può non richiamare un celebre brano gucciniano. Ma la storia della musica è costellata da omaggi, richiami o veri e propri plagi, dall'ubiquità del Canone, all'uso consepevole del Rondò di Muzio Clementi, fino ai veri e propri plagi perpetrati da Ray Parker Jr. ai danni di Huey Lewis o dall'Innominabile (dopo il documentario HBO) ai danni della ex coppia d'oro. D'altronde, già una quarantina di anni fa Frank Zappa affermava che All the good music has already been written by people with wigs and stuff. 
A pensarci bene, le note sono soltanto sette (o, meglio 12), e quindi potrebbe sembrare plausibile che prima o poi le melodie si esauriranno. Si tratta, in fondo, di un problema combinatorio, ed è quindi inevitabile che qualche matematico un po' mattacchione ci abbia già pensato.
Nel video che segue il celebre youtuber Michael Stevens, il creatore di Vsauce, si sofferma proprio su tale questione. Dapprima illustra qualche calcolo sul numero dei possibili brani digitalizzati (concludendo che non li esauriremo mai), poi cita alcuni lavori che hanno studiato il problema su brani di lunghezza limitata (come questo), e anche in questo caso il conteggio propone numeri astronomici. Ma la parte più interessante del video è, secondo me, quella sull'uso del common metre (8/6/8/6) in musica, che ci permette ad esempio di cantare Amazing Grace sulle note di House of the rising sun, e che inevitabilmente ci farà provare una sorta di déja-entendu ogniqualvolta sentiremo un brano con una scansione simile. 


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