Ho appena finito di leggere un libro acquistato per caso un paio d'anni fa. Si tratta di un volumetto dal curioso titolo Pasta all'infinito (Ponte alle Grazie ne è l'editore). L'autore è Albrecht Beutelspacher, divulgatore molto noto nell'area germanofona nonché direttore del Mathematikum di Giessen, il primo (e unico?) museo interattivo di matematica al mondo.
Pensando al libro in questione, l'aggettivo che secondo me meglio lo definisce è "simpatico". Si tratta della cronaca di un soggiorno di lavoro svolto dall'autore all'inizio degli anni '80 presso due colleghi all'Universita dell'Aquila. A fare da sottofondo alla vicenda è la ricerca della dimostrazione di un enunciato di geometria elementare (nota: in matematica, "elementare" non è sinonimo di "semplice") che per quasi tutto il libro sfugge ai tre ricercatori, ma in realtà si tratta solo di un pretesto per divagare sul concetto di infinito e su altri temi di matematica (dalla teoria dei codici alla crittologia, al teorema di Fermat, alla sezione aurea), e inoltre sulle differenze di mentalità tra il popolo italiano e il popolo tedesco (anche se la situazione italiana è descritta in un modo forse eccessivamente stereotipato, tant'è vero che, nella sua finta ingenuità, a volte il narratore sembra più E.T. che nordeuropeo). Il libro permette inoltre di gettare uno sguardo sulla ricerca matematica in un'università di provincia nell'era pre-internet (oggi certe differenze, quali ad esempio la disponibilità immediata di testi di riferimento, si sono di parecchio affievolite).
Nessun commento:
Posta un commento