Sono stati in molti, l'ho già scritto, a scandagliare la musica per mezzo della sezione aurea, o addirittura a utilizzarla esplicitamente all'interno delle composizioni (vedi ad es. qui e qui). Nel suo articolo The Golden Section and the piano Sonatas of Mozart (leggibile qui; JSTOR non permette lo scaricamento, ma concede 100 visualizzazioni mensili gratuite), il matematico e insegnante statunitense John Putz prende in esame alcune Sonate per pianoforte del genio salisburghese, indagando il rapporto numerico tra le durate della prima parte (l'esposizione), di durata $a$, e la seconda (sviluppo e ricapitolazione), di durata $b$. Un grafico a dispersione (scatter plot) delle variabili $a$ e $b$ rivela un'intrigante regolarità:
Tale regolarità sembra ancor più evidente utilizzando le variabili $b$ e $a+b$:
In entrambi i casi, la crescita sembra piuttosto lineare, e una semplice regressione rivela un coefficiente angolare molto vicino a $\varphi=\frac{1}{\phi}=1-\phi \cong 0.62$ (nel primo caso $0.6260$, nel secondo $0.6091$). Sembrerebbe quindi che Mozart, che una certa propensione per la matematica effettivamente l'aveva, abbia più o meno consapevolmente abbellito alcune sue composizioni impiegando la sezione aurea. Ma è lo stesso Putz a metterci in guardia, da un lato mostrandoci come vincoli ragionevoli sulle durate $a$ e $b$ non conducano lontano da $\frac{a}{b}=\varphi$, dall'altro insegnandoci come "barare" per mezzo della relazione, valida se $0\le a \le b$,
$$
\left| \frac{b}{a+b}-\varphi \right| \le \left| \frac{a}{b}-\varphi \right|
$$
che ci suggerisce che, per convincere il pubblico del fatto che il rapporto tra due grandezze $a$ e $b$ è aureo, converrà sempre esibire $\frac{b}{a+b}$ piuttosto che $\frac{a}{b}$.