sabato 25 aprile 2020

Illeggibile

Non mi è capitato spesso di parlar male di un libro. Solitamente, già il fatto che un'autrice o un autore faccia lo sforzo di rendere accattivante un argomento matematico merita un encomio. Ma in questo caso mi sento di fare un'eccezione: il libro 21 teoremi matematici che hanno cambiato il mondo, della matematica, pedagogista e divulgatrice brasiliana Maria Helena Souza, è proprio da buttare. D'accordo, costa poco, e probabilmente, dal momento che i libri più riusciti erano già tutti presi, a Newton Compton non è rimasto da raschiare che il fondo del barile, ma pubblicare un libro così, che a tratti somiglia alle versioni provvisorie delle tesine ("Lavori di maturità") su cui devo intervenire pesantemente con il tratto rosso, è veramente uno spreco della carta sulla quale è stampato. Tra introduzioni storiche superficiali e raffazzonate, teoremi che non sono teoremi, dimostrazioni che non sono dimostrazioni, sviste ed errori, probabilmente a salvarsi è soltanto l'idea (comunque non proprio originale) di scrivere una storia della matematica tramite una scelta di risultati notevoli (peccato che non tutti siano notevoli, e che l'ordine non sia nemmeno cronologico). Qualche chicca, in ordine sparso, trovata riaprendo a casaccio il libro:
  • nella stessa pagina (19), alla sezione aurea sono attribuiti due valori diversi, entrambi errati;
  • il Teorema di Cartesio sulla curvatura di 4 circonferenze tangenti non ha esattamente cambiato il mondo; inoltre, sembra un corpo estraneo anche all'interno del capitolo che gli è dedicato (dove per lo più si parla di tutt'altro);
  • la Congettura di Goldbach diventa, a pag. 114, "ogni numero intero maggiore di 2 può essere scritto come somma di due primi" (provaci con 3 o con 11...);
  • l'enunciato del Teorema cinese del resto è incomprensibile, e in parte senza senso (il senso lo si può più o meno capire leggendo l'intero capitolo, ma un teorema dovrebbe sempre essere formulato chiaramente);
  • a pag. 129, si parla dell'artista Roger Penrose, che sfrutterebbe "la simmetria per rotazione nelle sue opere"; sono d'accordo, tra i risultati del matematico, fisico e filosofo della scienza ci sono delle vere e proprie opere d'arte, ma l'autrice sapeva di chi stava parlando?
  • non ha alcun senso tentare di proporre in un libro di questo tipo argomenti, come la congettura di Shimura-Taniyama-Weil, la cui comprensione va al di là anche delle possibilità del matematico "medio"; 
  • a pag. 141 l'autrice sembra proporre una (?) dimostrazione elementare del Teorema fondamentale dell'algebra; si tratta di una scopiazzatura parziale e malfatta dalla pagina di Wikipedia, dove la confusione tra "polinomio reale" e "numero reale" potrebbe indurci a sospettare che l'autrice non ci abbia capito nulla;
  • l'enunciato del Teorema di Lagrange a pag. 229 è incompleto (l'autrice dimentica che la funzione dev'essere continua nell'intervallo chiuso); la dimostrazione, poi, è sballata e incompleta;
  • il Teorema fondamentale del calcolo (infinitesimale) è mal formulato (che c'entra il "punto c"?), e pure carente graficamente (perché il segno di integrale è confuso con una "f"...);
  • l'enunciato del Teorema di Taylor non dice proprio nulla, in particolare sulla convergenza della serie;
  • la bibliografia consiste per lo più di testi disponibili solo in lingua portoghese (e il libro "Domare l'infinito" di Stewart diventa "Domandare l'infinito"...).
Peccato, davvero. Con una cura più meticolosa dei particolari il libro sarebbe potuto essere davvero bello. Bello almeno come Journey through Genius, di William Dunham, che di Teoremi ne presenta soltanto 12, ma con una profondità e una cultura di tutt'altro genere (devo ancora terminarlo, ma prima o poi ne parlerò).

D'accordo, sono stato cattivo. Forse a causa di una "doppia reclusione", dato che alla quarantena che ci coinvolge tutti si è aggiunta, l'altro giorno, la frattura di un ossicino di un piede...


lunedì 13 aprile 2020

John H. Conway & Richard K. Guy, ... - 2020



A poche settimane di distanza, se ne sono purtroppo andati i co-autori del Book of Numbers, John Horton Conway e Richard Kenneth Guy.

John Conway (1937-2020) è stato senz'altro uno dei matematici più geniali ed ecclettici della sua generazione. L'ho più volte menzionato in questo blog, vista la sua visione della matematica, tra il giocoso e il rigoroso, l'ultima volta proprio nel post precedente (mentre lo scrivevo, ero ignaro della sua recente scomparsa). Fra le sue innumerevoli invenzioni, oltre al libro scritto con Guy, potrei menzionare il Monstrous Moonshine, il Teorema Cosmologico, i Numeri Surreali e, naturalmente, l'algoritmo Doomsday e il Game of Life.

La carriera di Richard Guy (1916-2020) spazia su quasi otto decenni; decisivo fu il suo incontro con Paul Erdös, con cui condivise quattro pubblicazioni. Esperto scacchista e editor di riviste sugli scacchi, ebbe un'importante influenza nel campo della matematica ricreativa (oltre che in svariati ambiti della matematica discreta).

Ad accumunare i due matematici, oltre al Libro di numeri, c'è il già menzionato Gioco della vita, l'ipnotico automa cellulare ideato da Conway e studiato da Guy (che, fra le altre cose, descrisse per primo il glider). Le regole sono abbastanza semplici:




Proviamo a giocarci un po' (l'ho rubato qui).

sabato 11 aprile 2020

Matematica... In Do

Ho già parlato in qualche occasione di musica minimalista o post-tale (qui, qui e qui), musica la cui architettura non può non stuzzicare la curiosità dell'appassionato di matematica. Il primo brano a cui è stata appioppata l'etichetta di minimalista è il leggendario In C, composto nel 1964 dal visionario musicista statunitense Terry Riley, che ha funto da ispirazione a generazioni di musicisti, non solo nell'ambito della musica "colta" (non è un caso che gli Who abbiano dedicato il titolo di uno dei loro brani più clamorosi per metà al loro "guru" spirituale Meher Baba e per metà proprio a Terry Riley - e l'incipit del pezzo non suona un po' minimalista?), 
Le istruzioni per eseguire il brano, il cui spartito consiste di una sola pagina su cui sono rappresentati 53 frammenti di durata variabile, sono abbastanza semplici: ogni musicista li esegue in ordine, ripetendoli più volte a piacere, senza allontanarsi troppo dagli altri esecutori; l'orchestra idealmente dovrebbe avere circa 35 membri, e la durata del brano dovrebbe essere compresa tra i 45' e l'ora e mezza:
Dicevo che una composizione di questo tipo non può non incuriosire chi si appassiona di matematica. In effetti, nel lavoro Three Mathematical Views of In C, presentato nell'ambito della conferenza Bridges 2014 (il cui scopo è lo studio delle interconnessioni tra matematica, arte, educazione e cultura), il fisico Donald Spector osserva matematicamente il brano di Riley addirittura da tre differenti punti di vista:
  • interpretando la ripetizione di uno dei 53 frammenti come una dilatazione locale della linea musicale originale, l'esecuzione del brano da parte di ciascuno dei musicisti viene vista come un diffeomeorfismo con lo spartito originale (come se si trattasse di 53 brandelli di un elastico singolarmente allungabili);
  • dal momento che la musica  eseguita da ogni singolo musicista rappresenta una funzione di un diverso cammino tra i 53 frammenti che compongono il brano, e l'effetto sull'ascoltatore è cumulativo, Spector intravede un'analogia con l'integrazione funzionale;
  • infine, gli aspetti aleatori dell'esecuzione (vincolati, però, dalla condizione di non distanziare troppo le esecuzioni), che tra l'altro ricordano un po' questo, suggeriscono un'interpretazione nell'ambito degli automi a stati finiti, analogo al Game of Life inventato da John Conway.
Nei 56 anni dalla sua prima esecuzione, il brano di Riley è stato vivisezionato innumerevoli volte, vista la sua seminality; qui, ad esempio, se ne trova una descrizione molto accurata, addirittura con la possibilità di ascoltare singolarmente ognuno dei 53 frammenti e di sperimentare con la struttura del brano.
La prima, mitica registrazione di In C risale al 1968. L'ensemble è composto da soli 11 musicisti, con lo stesso Riley al sassofono. Ascoltiamola:


Molto carina è anche la versione registrata live dell'ensemble belga Ictus nel 2012; eccola su Spotify (per chi ce l'ha...):



E, per finire, qui ce n'è una versione elettronica, opera dell'autore della pagina citata sopra.