Sono stato di nuovo a Milano, per visitare, finalmente, il Museo del Novecento, dopo aver visto molte volte soltanto la composizione al neon (di Lucio Fontana) attraverso i finestroni che dall'ultimo piano del Palazzo dell'Arengario si affacciano su Piazza del Duomo.
Quasi al termine della visita, dopo aver ammirato capolavori di maestri quali Pellizza da Volpedo, Boccioni, De Chirico, Morandi, Tancredi, Manzoni, del già menzionato Fontana, dopo aver attraversato la passerella che conduce nelle sale allestite dentro Palazzo Reale, dopo aver firmato la liberatoria che scarica il Museo da ogni responsabilità nel caso che gli ambienti del Gruppo T scatenino una crisi epilettica, siamo finalmente approdati alle sale dedicate all'arte povera, dove non poteva mancare l'n-esima successione di Fibonacci al neon prodotta da Mario Merz, nella fattispecie Zebra (Fibonacci), del 1973 (il pianoforte, a quanto ne so, non c'entra...):
La scelta di accostare una zebra alla successione di Fibonacci non è certo casuale. In effetti, la successione resa popolare dal matematico pisano attraverso il Liber Abaci rappresenta forse il primo esempio di (abbozzato) tentativo di spiegare un fenomeno biologico attraverso la matematica, e la formazione delle striscie sul manto della zebra è solo una delle possibili modellizzazioni rese possibili dalle idee introdotte da Alan Turing nel suo pionieristico lavoro (uno degli ultimi, ahimè) The chemical basis of morphogenesis (consultabile qui).
Tra l'altro, coincidenza, poco dopo essere uscito dal museo ho acquistato l'ultimo numero (letteralmente, purtroppo) di Mate, che dedica un articolo al futurista Umberto Boccioni.
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