martedì 29 giugno 2010

Biancaneve e il computer

Il polpettone porno-biografico Il matematico indiano mi aveva quasi convinto a stralciare David Leavitt dal novero degli autori da seguire. Incuriosito dalla comparsa in allegato a Le Scienze di L'uomo che sapeva troppo, ho però deciso di dare un'ulteriore chance all'autore statunitense. Devo ammettere di non esserne rimasto deluso: il libro è una seria biografia di Alan Turing, una delle figure più importanti della scienza del XX secolo, dove Leavitt si sforza anche di entrare in dettagli tecnici tutt'altro che scontati e dove l'omosessualità del protagonista viene trattata con toni garbati e rispettosi. 
Anche se viene considerato un pioniere delle scienze informatiche, Turing fu innanzitutto matematico: da questo punto di vista, il suo risultato più importante fu probabilmente la risposta (ottenuta con metodi differenti, ma quasi in contemporanea, anche da Alonzo Church) al cosiddetto Entscheidungsproblem, una sfida alla comunità matematica lanciata nel 1928 dal "guru" David Hilbert. I metodi teorici sviluppati in quest'ambito si rivelarono tra le intuizioni più feconde della scienza del '900: la cosiddetta macchina di Turing, un costrutto logico/matematico utilizzato dal geniale inglese nelle risoluzione del problema posto da Hilbert, fornì le basi concettuali sulle quali si fonda ancora oggi l'architettura del computer. 
Come crittologo, Turing contribuì poi in modo fondamentale alla risoluzione del secondo conflitto mondiale grazie al suo ruolo nella decifrazione dei codici di Enigma. Ma il servizio reso al paese non lo mise al riparo dall'arresto quando egli, ingenuamente, dichiarò la propria omosessualità (nell'Inghilterra degli anni '50 si trattava ancora di un reato). Le umiliazioni subite, culminate in una sorta di castrazione chimica, condussero Turing a suicidarsi addentando una mela intinta nel cianuro, ispirato forse da una scena del cartoon Biancaneve, il suo lungometraggio preferito.

domenica 20 giugno 2010

Uno a zero

Il lavoro di squadra è fondamentale in parecchi ambiti della vita moderna, dagli affari allo sport, dall'arte alla scienza. Non è però facile quantificare l'apporto dei singoli alla performance del team: nel calcio, ad esempio, non è affatto scontato che il ruolo di un fuoriclasse si riveli più importante di quello di un onesto macinatore di chilometri.
Proprio a partire dal calcio un team di biologi, informatici e matematici della Northwestern University di Evanston, Illinois, ha compiuto un interessante tentativo in questo senso (il paper è scaricabile gratuitamente a questo indirizzo): partendo dalle statistiche sulle squadre partecipanti all'Europeo 2008, gli autori associano ad ogni squadra un grafo orientato in cui i nodi rappresentano i giocatori di una squadra e gli archi (pesati) i passaggi tra di essi; completando il grafo con due nodi relativi ai tiri in rete e ai tiri a vuoto sono quindi in grado di quantificare l'apporto dei singoli giocatori alle azioni finalizzate dalla squadra. L'analisi dei dati ricavati permette di concludere che la squadra vincitrice del torneo, la Spagna, risulta essere la migliore anche sul piano teorico.

Ma, e questo è il bello del calcio, l'organizzazione e la complessità del gioco non sono bastate alla Spagna per esordire vittoriosamente nel mondiale. Hopp Schwiiz!