Tre libri, che hanno, anche solo marginalmente, a che fare con la matematica (i numeri 57, 64 e 65 di questo 2021 ricco di letture, non proprio tutte tutte edificanti, però).
- Dall’improbabile all’infinito, di Edward B. Burger e Michael Starbird. Il sottotitolo, Caos, coincidenze e altre sorprese matematiche, descrive fedelmente quello che ci si può aspettare dal libro. In particolare, ci troviamo tutta una serie di argomenti resi popolari dalla divulgazione matematica: in ordine sparso, la crittografia, la sezione aurea e i numeri di Fibonacci, il concetto di dimensione, l’ipercubo, l’Hotel Hilbert, il caos, la serie armonica, il nastro di Möbius, … Ho particolarmente apprezzato, perché ho imparato qualcosa di nuovo, il capitolo dedicato agli Origami, che dalla semplice piegatura di un nastro di carta ci conduce su, su fino alla curva del drago e quindi alla geometria frattale, e perfino alla macchina di Turing. Il volume è pensato per i non-specialisti, e quindi mantiene un livello di approfondimento moderato. Mi sento davvero di consigliarlo.
- Un po' meno consigliabile, a mio avviso, è Quando abbiamo smesso di capire il mondo, di Benjamin Labatut. Gli eroi di questo libro sono alcuni tra i personaggi, nel bene e nel male, più interessanti della scienza del XX (e XXI, in parte) secolo: Fritz Haber, Karl Schwarzschild, Werner Heisenberg, Erwin Schrödinger. E, soprattutto, Alexander Grothendieck e Shinichi Mochizuki. Ed è soprattutto la presenza di questi ultimi ad avermi convinto ad acquistare e leggere il libro. Man mano che proseguivo nella lettura, però, ho avvertito la sensazione crescente che qualcosa non mi quadrasse. E, in effetti, al capitolo "Ringraziamenti" l'autore ci rivela che "la quantità di finzione va aumentando nel corso del libro", e che, in particolare, la biografia di Mochizuchi è inventata di sana pianta (certo, sarebbe stato commovente se al capezzale di Grothendieck ci fosse stato lui, un po' meno se in seguito il matematico giapponese avesse davvero tentato di dar fuoco alla biblioteca dell'Università di Montpellier). Alcune delle invenzioni, poi, mi sembrano di gusto non proprio ottimo, tipo i deliri mistico/erotici di Heisenberg nella notte di Helgoland.
In sintesi, ma ovviamente si tratta della personalissima opinione di un non-letterato, un'opera in bilico tra biografia e fiction (ma sbilanciata su quest'ultima), di cui francamente fatico a comprendere a fondo le finalità. - I geni della creatività, di Simon Baron-Cohen (il cugino di Borat - sì, per davvero). L'ho letto perché Michele Emmer ne parlava qui, e mi ha incuriosito. Baron-Cohen, un'autorità nello studio dei disturbi dello spettro autistico, identifica nel "meccanismo di sintetizzazione" (l'identificazione degli schemi che lui definisce "se-allora") la capacità di far fronte alle nuove sfide che ha guidato l'evoluzione del genere umano. Bilanciando la capacità di sistematizzare con l'empatia, Baron-Cohen identifica cinque tipologie di cervello, dal "tipo S estremo" dei super-sistematizzatori (alla Edison) al "tipo E estremo" di chi è, ad esempio, totalmente refrattario alle nuove tecnologie ma insuperabile nella gestione dei rapporti umani.
Ovviamente, il "tipo S" (anche piuttosto estremo), fa spesso capolino, almeno secondo la mia esperienza, all'interno dei dipartimenti di matematica...
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