L'altro ieri, giovedì 13 novembre 2014, all'ospedale di Saint-Girons, se n'è andato Alexander Grothendieck, il più grande matematico del XX secolo.
Nato a Berlino nel 1928, figlio di un anarchico ucraino di origini ebraiche e di una giornalista tedesca, nemmeno rifugiandosi in Francia il giovane Alexander potè sottrarsi alle persecuzioni naziste. Subì infatti l'esperienza dell'internamento e il padre, Sascha Schapiro, fu deportato e ucciso ad Auschwitz. Tutto ciò condizionò senz'altro le sue scelte, improntate all'anarchia e all'ecologia radicale. Dopo una fulminea ascesa ai vertici della ricerca accademica (culminata con la medaglia Fields nel 1966), la scoperta dei rapporti con l'esercito francese dell'IHES (il prestigioso istituto di ricerca parigino in cui lavorava, si veda qui, a pag. 9) l'avrebbe infatti condotto a distaccarsi progressivamente dall'ambiente matematico, finendo per rinnegare i suoi allievi, le sue ricerche e infine, forse, la matematica stessa, ritirandosi a vivere in incognito in un minuscolo villaggio nei Pirenei. Emblematica in questo senso è la Déclaration d'intention de non-publication, inviata nel 2010 ai curatori del Grothendieck Circle, in cui li intima a rimuovere dal sito (definito "un abominio") tutte le sue opere. Fortunatamente, però, gran parte del suo lavoro è rimasto disponibile online.
Il nome di Alexander Grothendieck viene solitamente accostato alla moderna geometria algebrica, un corpus di tecniche e nozioni sviluppatosi grazie al suo fondamentale contributo a partire dalla fine degli anni '50. In particolare, Grothendieck contribuì a gettare un ponte tra geometria algebrica, algebra commutativa e teoria dei numeri grazie alla nozione di schema, elegante generalizzazione del concetto di varietà algebrica. Ed è proprio nell'estrema generalità che si evidenzia il suo inarrivabile genio: basta sfogliare anche solo distrattamente le sue opere per rendersi conto della profondità della sua visione, profondità che diventa però un ostacolo per il matematico "comune". Difatti, la matematica di Grothendieck non viene solitamente studiata sui suoi lavori originali (EGA e SGA, quasi completamente scaricabili a partire dai link di Wikipedia), ma piuttosto da successive "parafrasi" (come il capolavoro di Hartshorne, che qui ricorda il suo rapporto col Maestro).
Per quanto mi riguarda, mi sono avvicinato all'opera di Grothendieck attraverso un suo Séminaire Bourbaki dedicato alla cosiddetta discesa fedelmente piatta (credo si dica così), scaricabile a questo indirizzo. In effetti le tecniche di discesa, che generalizzano gli incollamenti utilizzati in ambito topologico, mi hanno decisamente tolto dagli impicci in una fase cruciale del mio dottorato, dandomi lo slancio finale (il suggerimento, prezioso, mi fu dato da Richard Pink).
Negli anni '80, quasi al termine della parabola che lo avrebbe definitivamente condotto fuori dal mondo accademico, Grothendieck si dedicò per tre anni, quasi quotidianemente, alla stesura di una lunghissima (1500 cartelle dattiloscritte) riflessione e testimonianza su un passato di matematico. Intitolata Récoltes et semailles, essa fornisce una personalissima visione dell'evoluzione della matematica nel trentennio 1950-1980. Non fu mai pubblicata, ma grazie al Grothendieck Circle una sua accurata trascrizione è disponibile qui. Confesso di non averla letta (ma l'ho copiata nel mio Dropbox; prima o poi un occhiata gliela darò). Qui, invece, è disponibile una sua analisi, scritta da Alain Herreman. È invece di Winfried Scharlau l'articolo biografico Who is Alexander Grothendieck?, attraverso il quale è possibile ripercorrere abbastanza velocemente la complessa biografia del matematico, indispensabile per comprenderne (se è possibile farlo) le scelte che dagli anni '90 lo condussero lontano da tutto e da tutti.