Il Teorema dei quattro colori è piuttosto noto: "data una superficie piana suddivisa in regioni connesse, quattro colori sono sufficienti per colorarla in modo tale che regioni adiacenti abbiano colori diversi". Nel folklore matematico, esso è anche noto come "il primo enunciato dimostrato da un computer". Ma tale appellativo non rende certo giustizia ad un secolo e oltre di sforzi necessari a rielaborare il problema in modo da poterlo somministrare alla macchina. Il libro Four Colors Suffice di Robin Wilson, professore emerito della Open University, rappresenta senz'altro un valido riferimento per chi voglia approfondire un po' l'argomento. Dalle prime formulazioni del problema, a metà dell'800, ad opera di Francis Guthrie, W. R. Hamilton (quello dei quaternioni) e del celebre logico Augustus de Morgan (quello delle omonime leggi, popolari ai tempi della "matematica moderna") alla presunta soluzione nel 1880 ad opera di Alfred Kempe, smontata dopo 11 anni da Percy John Heawood, dai contributi per intrappolare in un ambito sempre più esiguo un "minimal criminal" (cioè una carta pentacromatica minimale) all'approccio innovativo di Heinrich Heesch (volto alla ricerca di un insieme inevitabile di configurazioni riducibili) fino alla frenetica competizione per colmare le ultime lacune della soluzione completa, caratterizzata da un uso sempre più spinto del calcolatore e vinta al fotofinish da Wolfgang Haken e Kenneth Appel, il libro di Wilson ci racconta un'appassionante avventura dell'intelletto, che dalla matematica pura sconfina sempre più nell'informatica, finendo per fornire uno dei risultati più celebri e controversi della scienza del XX secolo. In particolare, al di là della palese bruttezza della dimostrazione (non certo "from the book", per dirla con Paul Erdös), il risultato costrinse i matematici ad interrogarsi su cosa sia effettivamente un dimostrazione in matematica, dal momento che il lavoro di Haken e Appel (e di chi con loro collaborò, come John Koch) non potè (e non potrà mai) essere verificato senza l'ausilio del computer. Il libro di Wilson riesce, senza mai annoiare, a delineare in maniera convincente la concatenazione di idee che ha condotto dalla formulazione del problema alla sua risoluzione, evidenziandone da un lato gli aspetti tecnici salienti, dall'altro l'importanza sempre più centrale che tale problema, che originariamente non rappresentava nient'altro che una curiosità, ha assunto nel corso dei decenni, fino a diventare una preda ambita per una generazione di matematici rampanti.
Per chi volesse approfondire l'argomento, in rete è disponibile una gran quantità di risorse. Qui si trova l'annuncio originale di Appel e Haken (pubblicato sul Bulletin dell'AMS); i papers originali (il secondo dei quali scritto con John Koch), usciti sull'Illinois Journal of Mathematics, sono scaricabili qui e qui. Appel e Haken sono inoltre autori di un articolo divulgativo per Scientific American, tradotto in italiano su Le scienze 113. Lo trovate qui.
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