In un celeberrimo articolo del 1950 a proposito dell'intelligenza artificiale, Computing Machinery and Intelligence (leggibile qui), Alan Turing cercò di trovare un modo per rispondere alla domanda "una macchina può pensare?". In particolare, escogitò il test che oggi porta il suo nome: una macchina può essere considerata pensante se una conversazione con un giudice ignaro della sua natura non permette di distinguerla da un essere umano.
Dimostrando ancora una volta una certa competenza scientifica l'irascibile Alan Moore, autore "cult" del fumetto angloamericano, fa uso del test di Turing nella sua (per ora) ultima storia dedicata al personaggio di Jack B. Quick (uscita nel 2006 sulle pagine dell'antologico Tomorrow Stories Special), dove una sgangherata creazione del giovane inventore viene sottoposta ad un'altrettanto sgangherata versione del test. Ecco la pagina in questione: