A volte, specialmente in periodi un po' estenuanti come quello appena trascorso, per dare un po' di tregua a qualche neurone, metto al bando la suspension of disbelief e mi immergo nella lettura di qualche "romanzo di genere". Fra gli autori che più frequento c'è l'inglese Lee Child, che con il personaggio di Jack Reacher ha ideato una figura di eroe/antieroe non proprio credibile ma quasi (tra l'altro, ben resa dall'imponente Alan Ritchson nella serie prodotta da Amazon, e un po' meno dal più mingherlino Tom Cruise, a cui mancano una ventina di centimetri per essere credibile nel ruolo). La saga conta al momento 29 volumi, gli ultimi dei quali scritti da Child in collaborazione con il fratello minore Andrew, destinato a breve a prendere definitivamente in mano le redini del personaggio.
Al di là di qualche aspetto caratteriale un po' borderline, a Jack Reacher non manca proprio nulla: è intelligentissimo, fortissimo e resistente, imbattibile nel corpo a corpo, generoso, amatore sopraffino, non puzza nonostante non si lavi quasi mai, ha una sorta di orologio interno incorporato che gli permette in ogni istante di conoscere l'ora esatta, e ne capisce pure di matematica. Già; anche di matematica; infatti, leggendo il diciannovesimo romanzo (Punto di non ritorno, fonte di ispirazione per il secondo dei due lungometraggi), mi sono imbattuto in quanto segue: