Nell'immaginario collettivo, il matematico viene spesso rappresentato come un personaggio freddo e distaccato, la cui immersione in un mondo astratto e irreale lo renderebbe quasi privo di emozioni. Ma, come potrà testimoniare chiunque abbia frequentato almeno per un po' gli ambienti della ricerca, le cose non stanno proprio così. Dall'amore sviscerato all'odio più profondo, anche l'animo del matematico è in grado di attraversare tutto lo spettro delle emozioni umane. Ed è quindi inevitabile che in un tale substrato di tanto in tanto nascano dei veri e propri conflitti, scatenati a volte dal comune interesse per il progresso della scienza, ma spesso anche da piccole e grandi invidie e vanità.
Il volume Great Feuds in Mathematics, del giornalista statunitense Hal Hellman (un vero esperto di "faide") riferisce proprio di dieci tra le "dispute più vivaci" che hanno animato la matematica negli ultimi cinque secoli, dal Rinascimento al '900.
Il libro si apre con un classico, cioè la diatriba sulle equazioni cubiche tra Cardano e Tartaglia; più avanti, si passa al rapporto conflittuale tra Cartesio e Pierre de Fermat, e ad un altro classicissimo, lo scontro Newton/Leibnitz sulla paternità del Calculus. Idealmente, con le schermaglie fraterne tra Johann e Jakob Bernoulli (da cui ebbe origine, ad esempio, il calcolo delle variazioni) si conclude la prima parte del libro.
Il libro si apre con un classico, cioè la diatriba sulle equazioni cubiche tra Cardano e Tartaglia; più avanti, si passa al rapporto conflittuale tra Cartesio e Pierre de Fermat, e ad un altro classicissimo, lo scontro Newton/Leibnitz sulla paternità del Calculus. Idealmente, con le schermaglie fraterne tra Johann e Jakob Bernoulli (da cui ebbe origine, ad esempio, il calcolo delle variazioni) si conclude la prima parte del libro.
Nella seconda parte del volume, per certi versi quella meno scontata, i conflitti si spostano sempre di più sul piano filosofico: innanzitutto, James Sylvester dibatte con il biologo Thomas Huxley a proposito del ruolo della matematica nelle scienze naturali. Poi, tornando nell'alveo della matematica vera e propria, in piena "crisi dei fondamenti" Kronecker si scontra con il suo allievo Cantor sul concetto di infinito nella nascente teoria degli insiemi, incapace di accettare l'aritmetica del transfinito introdotta da quest'ultimo, una mente senz'altro non convenzionale. Si passa poi all'assioma della scelta, casus belli tra Émile Borel e Ernst Zermelo. Sono poi di nuovo i fondamenti della matematica a scatenare l'attacco al logicismo di Bertrand Russell da parte di Henri Poincaré.
Con la guerra tra il "topo" Hilbert e il "rospo" Brouwer (sono parole di Einstein, che battezzò la disputa War of the Frogs and the Mice) il conflitto si sposta nel campo della metodologia, con il formalismo di Hilbert a prevalere sull'intuizionismo di Brouwer.
Il decimo e ultimo capitolo del libro è dedicato alla domanda forse più fondamentale della filosofia della matematica, che per la sua stessa natura è destinata a non avere mai una risposta definitiva: la matematica è scoperta o invenzione?
Insomma, un libro interessante, che ripercorre l'evoluzione della disciplina matematica negli ultimi cinque secoli da un punto di vista decisamente originale. L'autore non è un matematico, e non si inoltra quindi nei dettagli tecnici; ciò rende il libro (non ancora tradotto in italiano, credo) accessibile anche a chi di matematica non si intende troppo.
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