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Fra i pochi libri riguardanti, almeno indirettamente, la matematica che ho letto nel corso degli ultimi mesi segnalo oggi
The Fractalist, l'autobiografia (uscita postuma) di
Benoît Mandelbrot, universalmente noto come il "padre della
geometria frattale" (nel frattempo è uscita pure l'edizione italiana, il cui titolo è stato stravolto in
La formula della bellezza). Non è facile riassumere in poche righe la vita di Mandelbrot (e sarebbe oltremodo riduttivo farlo), dall'incontro con la matematica avvenuto grazie allo zio
Szolem Mandelbrojt passando per l'
Ecole Polytechnique (dove studiò sotto la supervisione di
Paul Lévy e
Gaston Julia) e il
Caltech (dove studiò ingegneria aeronautica), alle innumerevoli posizioni coperte nei più prestigiosi istituti di ricerca, fino alla sua prima e unica
tenure, ottenuta a
Yale all'età di 75(!) anni. Ampio spazio è dedicato alle toccanti vicende famigliari del Matematico, di origine ebraica, che trascorse gli anni del secondo conflitto mondiale nella Francia occupata e che solo in modo un po' fortuito si salvò dalla deportazione.
Il libro è nel contempo un racconto del
sogno Kepleriano (per usare le sue stesse parole) di Mandelbrot di studiare ed interpretare i più disparati fenomeni naturali (ma anche economici) mediante una
teoria della rugosità, in particolare in presenza di fenomeni "
caotici". Probabilmente il ruolo della geometria
frattale (aggettivo, tra l'altro, coniato dallo stesso Mandelbrot), molto in voga un paio di decenni fa, è stato nel frattempo un po' ridimensionato, ma ciò non sminuisce affatto l'impatto delle idee del geniale matematico franco-polacco sulla scienza del XX secolo.