Centonovantatré anni fa, Il cinque maggio 1821, moriva in esilio a Sant'Elena Napoleone Bonaparte, personaggio chiave per le sorti dell'Europa (pure il piccolo Ticino gli deve qualcosa, dal momento che con l'atto di mediazione del 1803 acquisì definitivamente dignità pari ai cantoni di cui fino a qualche anno prima era baliaggio). Tutti abbiamo studiato a scuola le vicende dell'uom fatale, dalla repentina ascesa al potere al doppio esilio ("due volte nella polvere, due volte sull'altar"), di cui è possibile intravedere non pochi riflessi anche a due secoli di distanza (basta pensare al codice napoleonico). Quello che non molti sanno, invece, è che il Bonaparte fu pure un appassionato matematico, e che amava circondarsi dei più importanti matematici dell'epoca, cui conferì anche prestigiosi incarichi politici (Lagrange, Monge e Laplace furono scelti quali membri del Sénat Conservateur). E forse fu proprio uno di essi a dimostrare per primo l'enunciato noto oggi come Teorema di Napoleone: "i centri dei triangoli equilateri costruiti esternamente su un triangolo qualsiasi formano i vertici di un triangolo equilatero".
In realtà, la paternità del Teorema risulta alquanto incerta: esso fece la sua prima comparsa sul Ladies' Diary nel 1826, in un articolo del matematico inglese William Rutherford, ma il primo a collegarlo con il nome dell'imperatore fu probabilmente il didatta insigne Aureliano Faifofer, che menzionò il risultato nei suoi Elementi di Geometria (anche se, a quanto pare, tale collegamento comparve solo in un'edizione postuma del manuale, del 1911).
A domani, per la dimostrazione...
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