domenica 17 aprile 2016

Qualcuno parla russo?

Per caso, su YT mi sono imbattuto in questo biopic del 1985 dedicato a Sofia Kovalevskaya (1850-1891), matematica di primissimo ordine (cui dobbiamo, ad esempio, un risultato fondamentale di esistenza nella teoria delle equazioni differenziali alle derivate parziali). Eccone la prima parte (purtroppo in russo). La seconda parte è qui, la terza qui.


sabato 16 aprile 2016

Un po' di storia

Per testare "sul campo" il mio nuovo Kindle Paperwhite (che grazie alla retroilluminazione mi permette di leggere durante le ore notturne evitando di disturbare eccessivamente la consorte) ho scelto il volumetto The History of Mathematics - A Very Short Introduction, della storica della matematica Jacqueline Stedall (purtroppo recentemente scomparsa), parte della collana Very Short Introductions della Oxford University Press, dedicata alla divulgazione "veloce" (ma non inaccurata: gli autori sono sempre scelti tra gli esperti dei campi in questione). A dire il vero, mi aspettavo un testo conciso con i fatti essenziali dell'evoluzione della disciplina, ma il libro è contemporaneamente qualcosa di meno e qualcosa di più. "Di meno", perché non traccia una storia nemmeno lontanamente esaustiva: l'autrice sceglie deliberatamente di discostarsi da un mero elenco di pietre miliari, preferendo un approccio per temi. "Di più", perché si tratta di un'introduzione alla Storia della matematica intesa come disciplina a sé stante. Il testo cerca quindi di dare, in breve, alcune risposte a qualche domanda fondamentale dal punto di vista storiografico: cos'è la matematica? Chi fa matematica? Come la si insegna? Come la si preserva? Interessante è poi la scelta della Stedall di non proporci solo le, scontate, storie di Wiles o Fermat, ma di raccontarci quel che succedeva in una scuola babilonese di 4000 anni fa e in un'aula della Cumbria 200 anni fa, per mettere in rilievo che la pratica della matematica, oggi come un tempo, non è esclusiva di chi se ne occupa per professione. Ma anche a questi, e al "mestiere" di matematico, è dedicato uno dei capitoli del libro.
Insomma una lettura interessante, tra l'altro premiata, due anni prima della graphic novel della Padua, con il Premio Neumann della British Society for the History of Mathematics.

venerdì 1 aprile 2016

Applicazioni...

Confesso di aver piuttosto trascurato, per lo meno nel corso dei miei studi, gli aspetti applicativi della matematica. E non so nemmeno il perché, dal momento che in alcuni momenti la mia scelta di dedicarmi ad uno degli ambiti apparentemente più lontani dall'applicazione (apparentemente, perché crittografia e teoria dei codici fanno uso della geometria algebrica) si è rivelata sì appagante, ma anche un po' autolesionistica. Fatto sta che ho sempre guardato con un certo distacco alla matematica applicata. A torto, ovviamente, visto che essa non manca certo di stimoli, come mostra ad esempio un volumetto che ho letto di recente, La matematica e la realtà (dal bel sottotitolo Capire il mondo con i numeri), di Giorgio Israel (purtroppo scomparso alcuni mesi or sono), uscito l'anno scorso per i tipi di Carocci.
Il libro è suddiviso in tre parti. Nella prima, di carattere abbastanza tecnico, l'autore, attraverso una scelta azzeccata di esempi (crescita malthusiana e logistica, modelli di Lotka/Volterra, teoria dei giochi), ci mostra come la matematica si riveli un mezzo potente per descrivere la realtà. La seconda parte, dal taglio maggiormente storico/filosofico, è dedicata all'evoluzione della modellistica matematica, con particolare attenzione alla fisica, dalle prime intuizioni di Galileo fino a Von Neumann, passando per Newton, Fourier e, nuovamente, Vito Volterra. Nel capitolo conclusivo, estendendo il discorso ad altri campi, in particolare l'economia, l'autore si interroga nuovamente a proposito dell'efficacia della modellizzazione matematica (l'irragionevole efficacia di Wigner), anche alla luce delle più moderne applicazioni del calcolatore. Il libro termina con una (condivisibilissima) messa in guardia nei confronti dell'abbandono di un approccio umanistico, indispensabile per conservare un rapporto fruttuoso tra la matematica e gli altri campi dello scibile.