giovedì 31 ottobre 2013

Un assaggino di topologia

Il Teorema di Jordan (più o meno "ogni curva chiusa e non intrecciata suddivide il piano in due componenti") rappresenta un caposaldo della moderna topologia. Eccone una breve presentazione a cura dei coniugi Eames (vedi anche qui): 

A dispetto della sua apparente semplicità, il teorema in questione non possiede (ancora?) una semplice dimostrazione. Esso può essere ricavato abbastanza velocemente con l'aiuto di strumenti omologici, oppure con maggior sforzo attraverso considerazioni "elementari" (nel senso matematico del termine). Qui, ad esempio, è riportata una dimostrazione basata sul Teorema del punto fisso di Brouwer, pubblicata da Riuji Maehara nel 1984.

mercoledì 30 ottobre 2013

A Torino

L'altro giorno, nel corso di un breve visita a Torino, ho avuto la piacevole sorpresa di imbattermi nell'esposizione allestita alla Biblioteca Reale in occasione del bicentenario della morte di Joseph-Louis Lagrange, o Giuseppe Luigi La Grangia (tra l'altro, una delle poche cose visitabili a Torino di lunedì). All'interno dell'impressionante sala di lettura una serie di pannelli permette di ripercorrere la vita di uno dei più importanti e influenti matematici attivi tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo (fu, tra le altre cose, successore di Eulero all'accademia delle scienze a Berlino e professore all'Ecole Normale e all'Ecole Polytechnique a Parigi, giocando un ruolo chiave nella decimalizzazione del sistema metrico). Ovviamente ampio spazio è dedicato ai suoi ingenti contributi alla matematica pura ed applicata, dagli studi giovanili in ambito balistico (fu maestro degli artiglieri) al calcolo delle variazioni, passando per la teoria dei numeri, la meccanica razionale e, addirittura, la matematica assicurativa.
Ho acquistato il catalogo della mostra, ricco di approfondimenti, che leggerò con calma (quando ne avrò il tempo, che al termine di questa settimana di vacanza ricomincerà a scarseggiare...).

domenica 6 ottobre 2013

Bellezza frattale

Ho letto, tutto d'un fiato o quasi (impresa notevole, in un periodo in cui il mio tempo libero si è ridotto quasi a zero) Argento vivo (Sellerio), l'ultima fatica di Marco Malvaldi. Non mi avventurerò in giudizi di carattere estetico, non avendone le competenze (condivido con uno dei protagonisti, forse l'alter ego dello stesso autore, il fatto di essere un lettore compulsivo, ma purtroppo non la sua capacità di analizzare freddamente il testo); dirò soltanto che il libro mi ha dato quello che cercavo, cioè qualche ora di lettura spensierata, con l'aggiunta di un pretesto per qualche approfondimento di carattere matematico.
Il vero protagonista del romanzo è a sua volta un romanzo, opera ancora inedita di un autore un po' appannato il cui furto dà il via alla vicenda. E, da quanto si evince dagli stralci inseriti nella narrazione, il protagonista di tale romanzo è un anziano matematico, musicista mancato e musicologo di talento, alla ricerca di un criterio per quantificare la bellezza di un brano. Criterio che il personaggio in questione identifica nella cosiddetta dimensione frattale del componimento musicale.
L'idea di studiare la complessità della musica attraverso la geometria frattale non è affatto fantascientifica. Ispirata, ovviamente, da Benoît Mandelbrot e dal suo "manifesto" The fractal geometry of nature, essa è stata sfruttata ad esempio da Perrin S. Meyer (vedi qui), che analizzando la forma d'onda di alcuni brani (da Vivaldi ai Grateful Dead, passando per Vangelis) giunge alla conclusione che la sua dimensione frattale (cioè, essenzialmente, l'efficienza con cui essa occupa lo spazio bidimensionale) non si allontana mai molto dal valore di 1.65. La geometria frattale della musica è anche alla base del lavoro degli "zurighesi" Kenneth e Andreas Hsü, che qui applicano il punto di vista Mandelbrot-iano ad alcune composizioni scelte di Wolfgang Amadeus Mozart e Johann Sebastian Bach, ispirando a loro volta Jennifer Shafer (vedi qui), che concentra la sua attenzione sulle invenzioni in due e tre parti del genio di Eisenach.