lunedì 27 settembre 2010

Il test di Turing... a fumetti

In un celeberrimo articolo del 1950 a proposito dell'intelligenza artificiale, Computing Machinery and Intelligence (leggibile qui), Alan Turing cercò di trovare un modo per rispondere alla domanda "una macchina può pensare?". In particolare, escogitò il test che oggi porta il suo nome: una macchina può essere considerata pensante se una conversazione con un giudice ignaro della sua natura non permette di distinguerla da un essere umano.
Dimostrando ancora una volta una certa competenza scientifica l'irascibile Alan Moore, autore "cult" del fumetto angloamericano, fa uso del test di Turing nella sua (per ora) ultima storia dedicata al personaggio di Jack B. Quick (uscita nel 2006 sulle pagine dell'antologico Tomorrow Stories Special), dove una sgangherata creazione del giovane inventore viene sottoposta ad un'altrettanto sgangherata versione del test. Ecco la pagina in questione:

sabato 11 settembre 2010

Cyber-Turing

Incuriosito dall'entusiastica recensione di Alex Kasman, ho letto con parecchio interesse Turing (A Novel about Computation), romanzo d'esordio di Christos H. Papadimitriou, professore di scienze informatiche a Berkeley nonché co-autore (e coprotagonista) del geniale Logicomix. Si tratta di un romanzo dal sapore vagamente cyberpunk, che mette in scena un insolito triangolo amoroso (in bilico tra il virtuale e il  reale) tra due maghi dell'informatica ed un archeologo greco, all'interno del quale si insinua un simulacro virtuale di Alan Turing che contribuirà in modo fondamentale al ricongiungimento di due dei protagonisti. Tale "personaggio", che alla fine del romanzo dimostrerà la sua "intelligenza" per mezzo di una variazione del test che porta il suo nome, assolve un altro scopo: nel corso di un serie di conversazioni virtuali col già citato archeologo egli illustra alcune nozioni di logica, informatica e scienze computazionali donando all'opera di Papadimitriou un interessante valore aggiunto anche dal punto di vista divulgativo (il libro è pubblicato da MIT Press, non certo un editore di romazi rosa). Trovo interessante ed originale anche l'idea di sostituire le note a margine con una scelta di interventi comparsi sul newsgroup dedicato al libro prima della sua uscita in libreria.
Un romanzo gradevole, quindi, che si legge volentieri (anche se come opera fantascientifica risulta un po' traballante), di cui ho apprezzato maggiormente gli aspetti divulgativi rispetto alla narrazione.

mercoledì 1 settembre 2010

Ricerca o plagio?

La ricerca in matematica procede in un modo davvero peculiare. Spesso un lavoro originale consiste nell'applicazione di tecniche note a situazioni leggermente nuove, magari con lo scopo di sbarazzarsi di qualche piccola ipotesi secondaria. Parlo per esperienza, dal momento che l'obiettivo principale del mio dottorato di ricerca è stato di eliminare l'aggettivo commutativo da una serie di risultati ottenuti dal mio mentore (è stata più dura di quanto si possa pensare). D'altronde non conviene andare troppo per il sottile: nel mondo accademico la parola d'ordine sembra essere publish or perish, e spesso la carriera di un ricercatore dipende più dalla quantità che dalla qualità dei lavori prodotti (ma, forse, si tratta solo di un pregiudizio). E in fondo a far avanzare il fronte della ricerca non sono soltanto le menti geniali, ma anche (e soprattutto?) gli onesti lavoratori che ne mettono a frutto le geniali intuizioni.
Il confine tra plagio e originalità appare quindi molto labile. Tom Lehrer ci scherza sopra alla sua maniera, con una canzone (interpretata con un finto accento russo) dedicata a Nikolai Lobachevski:



In realtà, Nikolai Ivanovich Lobachevski (1792-1856) fu tutt'altro che un plagiatore: assieme a Jánosz Bolyai (ma in maniera indipendente) egli concepì l'esistenza delle cosiddette geometrie non euclidee (prive del postulato delle parallele), che qualche decennio dopo sarebbero state parte integrante della teoria Einsteiniana della relatività. Tom Lehrer scelse di utilizzare il suo nome, pare, per ragioni puramente metriche, anche se forse fu influenzato da alcuni storici che, ancora oggi, attribuiscono erroneamente al "principe dei matematici" Carl Friedrich Gauss la paternità delle geometrie non-euclidee.